L’ultimo libro di Valeria Corciolani, ‘La Regina dei Colori’, viene presentato questa sera (giovedì 6 luglio), alle ore 21 presso il Giardino dei Lettori della Società Economica di Chiavari, in via Ravaschieri. L’appuntamento è organizzato da ‘Piazza Levante’ e la scrittrice chiavarese dialogherà con la nostra editrice Sabina Croce. L’ingresso è libero con prenotazione consigliata al numero 347 2502800 oppure su EventBrite a questo link: (https://www.eventbrite.it/e/biglietti-valeria-corciolani-presenta-la-regina-dei-colori-al-giardino-dei-lettori-667476368787?aff=oddtdtcreator). Pubblichiamo di seguito una recensione del libro, a cura della stessa Sabina Croce.
di SABINA CROCE
Il percorso letterario di Valeria Corciolani è stato fino ad oggi un cammino di sicuro successo, caratterizzato da alcuni elementi che ritornano puntuali in ogni nuovo libro: tra questi spiccano l’ambientazione locale, la ‘chiavaresità’ che tanto continua a deliziare noi concittadini; la creazione di piccoli meccanismi narrativi leggeri e perfetti che menano a spasso il lettore fino a che ogni elemento trova il suo posto logico ed esatto come in un congegno di precisione, un orologino svizzero o un carillon di Fabergé; ed infine una scrittura molto peculiare, brillante e spiritosa, quasi ‘smaltata’, tanto da diventare un marchio di fabbrica dell’autrice.
Tutte queste caratteristiche, unite al meccanismo perverso della serialità che, ormai lo sappiamo, induce nel lettore una grave forma di dipendenza, hanno conquistato a Valeria Corciolani un pubblico affezionatissimo che da tempo travalica ampiamente i confini locali, come dimostrato tra l’altro del prestigio delle case editrici che la pubblicano.
Eppure tutto questo successo rischiava (rischia?) di trasformarsi in una gabbia dorata. I meccanismi ad orologeria delle trame si possono forse inventare all’infinito, e forse anche continuare a riscuotere lo stesso consenso: così fece, ad esempio, la grande Agatha Christie, senza per questo perdere un lettore. La ‘chiavaresità’ non rischia di certo di stancare i concittadini, e probabilmente non sarebbe avvertita come ripetitiva da chi chiavarese non è: ma comunque un elemento di ripetitività lo apporta. La scrittura, quella è il punto debole: tanto più è efficace e assolutamente identificativa della penna di Valeria, tanto maggiormente può alla lunga risultare faticosa da mantenere. Difficile guidare col piede costantemente premuto sul pedale del registro spiritoso/brillante: oltre a rischiare di stancare (e di stancarsi) si rischia di perdersi tanti altri registri, della vita e della letteratura, autoconfinandosi in un genere e precludendosi tutti gli altri.
Certo nel mondo tiranno dell’editoria moderna non deve essere facile abbandonare un genere di sicuro successo per inoltrarsi su un terreno sconosciuto. Eppure Valeria lo ha fatto, coraggiosamente, senza tuttavia tradire se stessa.
E così è arrivata la ‘Regina dei Colori’. Personaggio affilato, minaccioso, per larga parte del libro quasi bidimensionale, tanto che a un certo punto viene paragonata ad una forbice, Clotilde Podestà è per tutti un tipo da maneggiare con cautela.
Lasciata in giovane età la sonnolenta cittadina natía, lasciato senza esitazioni il palazzo dove sorelle, figlie e nipoti sono rimasti a vivere a distanza di pianerottolo dopo la morte dei genitori, lasciatasi in sintesi alle spalle tutto il nucleo familiare con la sua compattezza e le sue angustie, si è costruita all’estero una sfolgorante carriera nel mondo della moda, del design e delle copertine patinate, diventandone, appunto, una inappellabile ed indiscussa regina, una sorta di Anna Wintour, o Miranda Priestley se vogliamo rifarci alla prima versione cineletteraria del personaggio. Il punto di forza su cui Clotilde ha costruito la sua carriera è una sensibilità assoluta ai colori, un genio dei cromatismi, un occhio infallibile negli accostamenti.
Tutto questo, fino a quando il destino non tronca di colpo la sua parabola trionfante con un incidente che la lascia in vita ma col crudele contrappasso di una cecità selettiva ai colori. Punita nel suo punto di forza, Clotilde dà un nuovo taglio netto col passato e torna a Chiavari, nel palazzo dove ancora vivono le sue sorelle con figlie, nipoti ed altri personaggi che a buon diritto entrano a far parte della storia.
Cosa Clotilde rappresenterà per ciascuno di loro non lo diciamo, così come non diciamo quale significato avrà per lei il ritorno a casa. Diciamo solo che per tutti vi sarà l’occasione di un punto di svolta, e che a un certo punto anche il personaggio di Clotilde si fa tridimensionale.
E qui davvero anche Valeria abbandona la sua maniera abituale che potremmo definire miniaturistica per affrontare la dimensione di più ampio respiro del romanzo e l’approfondimento del carattere dei suoi personaggi, alcuni dei quali particolarmente riusciti. Ciascuno avrà agio di prediligere questo o quello, il mio preferito è una bimba triste dotata di una Straordinaria Proprietà di Linguaggio. L’ambientazione chiavarese rimane, ma è giustamente sfumata e ridotta al rango di sfondo. La scrittura di Valeria conserva l’abituale piacevolezza e precisione formale ed il solito brio, ma con una maggiore sobrietà e più spazio per registri diversi.
Brava Valeria, una strada è tracciata.
