di LORENZO CASELLI *
L’emergenza che stiamo vivendo e che non sappiamo quando finirà richiede, per essere affrontata e gestita, dosi massicce di collaborazione, di coordinamento e di solidarietà. Questo è il senso della mia recente intervista all’edizione genovese di ‘Repubblica’.
C’è bisogno di collaborazione innanzi tutto a livello politico istituzionale. In questa ottica si dia vita, in Regione, nell’Area metropolitana, nei principali Comuni, a ambiti strutturati e trasparenti, ove maggioranze e opposizioni, al di là della normale dialettica che spesso e volentieri degenera in mera contrapposizione, si impegnano ad operare per il bene della comunità in questi momenti drammatici.
La collaborazione per essere efficace richiede coordinamento, integrazione tra pubblico, privato, privato sociale. In particolare, al tavolo politico istituzionale si affianchi in sinergia il tavolo del volontariato, delle organizzazioni di terzo settore. Fanno già tantissimo a Genova, in regione e per quel che ci riguarda, nel Tigullio. Possono fare molto di più unendo e integrando gli sforzi, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili.
La solidarietà è il motore di tutto. La pandemia, la crisi economica e sociale non colpiscono allo stesso modo. Una parte non certo minimale della popolazione ligure, del mondo produttivo e dei servizi, delle professioni non vede le sue entrate e i suoi fatturati intaccati dal Covid. Sorge qui – io credo – un dovere di solidarietà straordinaria nei confronti di chi sta pagando il prezzo di questa emergenza.
E per molti il prezzo è davvero pesante. Pensiamo alle crescenti difficoltà di vaste aree di lavoro autonomo, allo spettro della cassa integrazione (fino a quando potrà durare?), della disoccupazione. Pensiamo alla scomparsa di tante forme di lavoro occasionale, precario, atipico e anche in nero, indispensabili per far quadrare i bilanci famigliari e arrivare a fine mese.
I dati sulla situazione sono preoccupanti. Un semplice flash. Nell’area del Nord Ovest le organizzazioni di volontariato stanno attualmente registrando un incremento del 40 per cento delle richieste di aiuto. La Coldiretti lombarda stima in oltre 300 mila le persone che per Natale riusciranno a mangiare grazie alla distribuzione di pacchi alimentari o ricorrendo alle mense dei poveri. Per quanto riguarda la nostra regione, utilizzando gli stessi parametri di calcolo, la cifra potrebbe attestarsi sulle 30-40.000 unità. Aggiungo che secondo i dati di Eurostat il 23% della popolazione ligure è a rischio povertà ed esclusione sociale. Purtroppo questa percentuale, se non si interviene tempestivamente, è destinata ad aumentare.
Nasce qui la mia proposta (l’ho chiamata provocazione) di creare un fondo di solidarietà, alimentato dall’apporto dei cittadini e delle imprese che si impegnano a contribuire (ad esempio con l’1% del proprio reddito o fatturato). Si tratterebbe di un fondo straordinario, della durata di un anno – poi si vedrà – da usare a sostegno di chi sta sopportando il peso il peso più alto di questa crisi, intervenendo sia direttamente sia integrando e potenziando, sulla base di un programma, l’azione delle organizzazioni di volontariato.
Si tratta di una idea semplice e concreta, suscettibile di molteplici declinazioni a partire dagli interventi immediati sulle difficoltà primarie (alimentazione, sanità, sussidi scolastici, rate di mutuo, assistenza e supporto per gli anziani a livello di quartiere, ecc.) per arrivare in prospettiva alla creazione di condizioni per la ripresa e il rilancio di piccole iniziative, specie giovanili, ricorrendo ad esempio a forme di micro credito in collaborazione con le istituzioni finanziarie presenti sul territorio.
Sorge spontanea a questo punto una domanda. Chi può e vuole dare vita a questo fondo? Non sono ovviamente in grado di rispondere. Osservo soltanto che nel nostro territorio abbiamo, seppure da poco, un’esperienza oltremodo significativa: il fondo di prossimità creato dalla Caritas diocesana. Si può partire da qui guadagnando in tempo ed efficacia.
(* professore emerito di etica economica e responsabilità sociale delle imprese, è stato Preside della Facoltà di Economia dell’Università di Genova dal 1990 al 2002)