di DANILO SANGUINETI
La Pizza a Borzo, un’idea che è pazza, che non finirà a pezzi e che è profonda quanto un pozzo. Dopo aver fatto baciare le rime c’è da applaudire ad una proposta appena concretizzata che appare fresca quanto i prodotti, confezionati nel locale di via Angelo Grilli 18, a Borzonasca, in maniera rigorosamente artigianale. Da poco più di un mese nel cuore della Valle Sturla uno dei cardini della nostra cucina – puristi e storici del mestolo pensino pure quel che vogliono – è tornato ad allietare palati di ogni caratura e pretesa.
La ventata di aria nuova non è passata senza lasciare tracce: che venga a colmare una evidente lacuna lo testimonia l’immediato e indiscusso successo di pubblico. Oltre alla bontà delle proposte c’è la simpatia con la quale è stato accolto il progetto, per niente scontato, che c’è dietro,
L’apertura rappresenta anche una scossa per l’intero comprensorio. La zona ha estremo bisogno di sollecitazioni di questo tipo, la vallata ha il suo daffare tra economia che ristagna e socialità che boccheggia: qualsiasi azione che inverta la tendenza è di per sé benvenuta. La Pizza a Borzo però ha qualche cosa in più. Sarebbe stato semplice limitarsi allo scontato: tornare alla pizzeria classica, un ristorante dal menù quasi monotipo, ma con lista di bevande, di contorni e dolci estesa, tavoli, sedie coperti, sistemati in locali con filodiffusione e camerieri sparsi. Invece in via Grilli si è sì tornati ad ammannire i rotondi (non sempre) piatti che tutto il mondo ci invidia ma scegliendo la via del takeaway, dell’asporto, del mordi e fuggi aderendo alle esigenze dei consumatori locali e allo stesso tempo tenendo il passo con il marketing più contemporaneo.
C’erano un pizzaiolo, un grossista, un ristoratore. Accantonate l’idea che sia l’inizio di una barzelletta. È il racconto di come a Borzonasca, quieta capitale di una valle quietissima, Marcello Perona, imprenditore, di Mezzanego come il partner Massimo, titolare della Trattoria dei Pescatori di Borgonovo di Mezzanego, si sia rivolto a Daniele, cuoco specializzato in pizze e focacce (l’unico indigeno): i tre hanno unito le forze per affittare i locali della centralissima pizzeria, chiusa da oltre cinque anni, e riaprire i battenti con una proposta differente.
Marcello oltretutto poteva fornire la materia prima per le pizze: lavora in tutta la Liguria con il suo “Segreto della Pizza”, ossia un centro per lo stoccaggio e lo smercio della mozzarella, ingrediente base della italianissima cibaria. “Con Daniele e Massimo abbiamo discusso a lungo su cosa proporre. L’idea di partenza era venuta al sottoscritto che girando il mondo con la famiglia si è accorto che il tipo di pizzeria a noi tanto caro sta andando ovunque in disuso. Soprattutto in America ho visto con chiarezza che a nessuno interessa più sedersi, aspettare, fare insomma come se si fosse in un ristorante vero”. Giusto o sbagliato che sia questa è l’era del rapido, diretto, semplice. “Chi sceglie la pizza quasi sempre intende gustarsi qualcosa di buono in una giornata dove intende fare altro. Il che non significa che sia disposto a trangugiare qualsiasi cosa venga loro proposto. Una pizza però la si mangia a caso, da soli, in compagnia, o per strada sempre in singolo o in multiplo. E noi veniamo incontro a queste esigenze, che sono moltiplicate dal fatto che ci troviamo al centro di un territorio dalle caratteristiche demografiche e sociali uniche”.
Come dargli torto. Dalla pizza per tutte le stagioni alla pizza da asporto. “Ma c’è anche la 4 stagioni naturalmente… La Pizza a Borzo è essenzialmente un bancone con forno che sforna (per forza…N.d.r.) a getto continuo – dalle 18 al 22, venerdì, sabato e domenica, orario più ridotto lunedì, martedì e giovedì, mercoledì giorno di chiusura- ciò che i clienti scelgono dai menù che possono trovare all’interno del locale. Pagano e se ne vanno, oppure si siedono sulle panche e ai tavoli liberi nell’interno posti perché possano consumare al riparo e con un po’ più di calma. Nessun servizio, tutto self-service anche le bevande per chi desidera”.
Una produzione ininterrotta perché sono possibili anche le ordinazioni via telefono o en passant, ma sempre a patto che poi si venga a ritirare di persona. “In questo modo bastano il pizzaiolo, una ragazza che fa cassiera e io o Massimo che ci diamo il cambio alla sera dietro il bancone per gestire ‘le comande’. Abbiamo deciso di non dotarci di un fattorino per la consegna a domicilio perché il territorio che intendiamo servire sarebbe stato troppo esteso. Il rider sarebbe stato costretto a veri ‘raid’ su e giù per l’Appennino”.
La Pizzeria 2.0 ha il fulcro nel forgiatore di croccanti prelibatezze pasta, pomodoro, mozzarella, origano e cento altri ingredienti, a giudicare dal ricco menù del locale. “Non c’è alcun dubbio che senza Daniele l’intera faccenda non sarebbe partita. Si è fatto le ossa in decine di locali un po’ ovunque. Il nostro socio pizzaiolo è il cuore pulsante dell’attività. E non solo perché banalmente una pizzeria senza il pizzaiolo non avrebbe ragione di esistere. È uno di poche parole ma validissimo e noi vogliamo dargli la giusta valorizzazione. Io e Massimo potevamo avere tutte le idee del mondo, potevamo avere tutti i buoni propositi, studiarci, provare a replicare quanto abbiamo appreso all’estero ma è lui l’elemento principale, il cuore pulsante dell’avventura. E si sa puoi avere tutto il cervello che vuoi ma senza cuore non si può andare da nessuna parte”.
Marcello, Massimo, Daniele non lo dicono esplicitamente ma sono orgogliosi di avere fatto qualcosa per il rilancio del territorio.
Non è una cosa non da poco e forse non è una faccenda che riguardi Borzonasca e dintorni. Che in Vallesturla abbiano trovato la ricetta? La Pizza a Borzo potrebbe essere la soluzione: al posto della decrescita felice qui c’è la decostruzione gioiosa, si parcellizza l’offerta e si semplifica la filiera. Il dilemma su come compenetrare due esigenze incompatibili è l’argomento che terrà banco da qui a parecchi anni. Dare lavoro e produrre ricchezza versus il rispettare le imprescindibili richieste di meno inquinamento e minor consumo delle risorse naturali. Coordinamento di competenze e fusione di materiali, tagliare senza togliere. L’essenziale per una volta è visibile agli occhi e agli altri sensi. Semplice a mostrarsi, impervio a dimostrarsi. “L’ultimo teorema di Fermat” in salsa rossa.