di ANDREA MURATORE *
Prosegue il nostro rapporto di collaborazione con la piattaforma ‘Jefferson – Lettere sull’America’, fondata e guidata dal giornalista Matteo Muzio. In questa puntata ospitiamo un articolo sulla corsa allo spazio degli Stati Uniti. Il portale di ‘Jefferson’, con tutti i suoi articoli e le varie sezioni, è visitabile all’indirizzo https://www.letteretj.it, da dove ci si può anche iscrivere alla newsletter.
Washington punta le stelle, di nuovo e con precisione. Lo fa con tenacia e con obiettivi strategici che trascendono il semplice prestigio o la volontà di portare avanti le frontiere della scienza. La corsa allo spazio del XXI secolo che vede gli americani impegnati in prima persona è una grande partita geopolitica in cui gli apparati federali vogliono giocare tutte le loro carte.
L’uso dello spazio, oggigiorno, è trasversale a più campi e discipline. C’è il lato dell’osservazione della Terra, funzionale a diverse discipline che vanno dall’ordinaria meteorologia alla Difesa; c’è il tema delle telecomunicazioni e della rivoluzione dell’Internet via satellite. C’è il tema, di prospettiva, dell’uso economico dei corpi celesti a cui l’esplorazione della Luna, di Marte e degli asteroidi in via di strutturazione (con o senza equipaggi umani che sia) è ampiamente connesso. E poi ci sono le tecnologie di frontiera per le guerre spaziali di domani, in un contesto in cui anche il rapporto ‘Army of 2030’ dell’Esercito Usa, che vuole analizzare l’evoluzione dei corpi militari per le guerre del futuro, parla dello spazio come un dominio irrinunciabile per la sovranità strategica sui rivali.
Washington percepisce da lontano la rimonta degli attori rivali per la supremazia geopolitica globale – a partire da Cina e Russia – e vuole strutturare una sua via allo spazio per il XXI secolo volta a promuovere una leadership occidentale anche nella nuova corsa alle orbite. Almeno tre i capisaldi di questo progetto. In primo luogo, viene meno il paradigma cooperativo su cui si fondava la tradizionale politica di esplorazione dello spazio. Come Italia lo abbiamo visto in prima persona, chiamati con l’Agenzia Spaziale Italiana a rinunciare ad ambiziosi programmi italo-cinesi per poter essere arruolati nell’ampia e strutturata missione Artemis per il ritorno umano sulla Luna lanciato dalla Nasa. “Come in terra, così in cielo”: le alleanze spaziali saranno l’esatto riflesso di quelle terrestri.
In secondo luogo, gli Usa stanno puntando fortemente sulla strutturazione di un sistema di conquista dello spazio che implementi al massimo le capacità del partenariato pubblico-privato. La partecipazione di magnati del calibro di Elon Musk e Jeff Bezos alla partita spaziale in sinergia con la Nasa e le altre agenzie ricalca alla perfezione il sistema duale del mondo del big tech. Ove le priorità del grande business e quelle del sistema-Paese Usa convergono nell’assicurare le linee guida della supremazia strategica alla potenza a stelle e strisce.
Il terzo punto è quello della graduale militarizzazione delle orbite e della gestione strategica dei punti di accesso privilegiati allo spazio. Gli Stati Uniti ‘colonizzano’ con le reti Starlink lo spazio suborbitale per la trasmissione internet, possono godere del ruolo duale della costellazione Gps e mirano a occupare le principali orbite geostazionarie ritenute strategiche per posizionare satelliti a impatto civile e militare, mettendoli al riparo dalle interdizioni nemiche.
Un articolo del Modern War Institute dell’Accademia di West Point segnala, a tal proposito, come nella corsa spaziale del XXI secolo l’elemento competitivo prevalga sulle spinte scientifiche o di prestigio che animarono quella sovietico-americana della Guerra Fredda: “Ogni volta che gli esseri umani si sono avventurati fuori terra, prima in mare e poi in aria, abbiamo portato il conflitto con noi e sfruttato quei domini per raggiungere la vittoria. La guerra si estende a tutti i settori in cui gli esseri umani operano, perché la guerra è una gara di volontà per raggiungere obiettivi politici con la forza quando i metodi pacifici non sono più considerati un mezzo ragionevole per un fine politico. Lo spazio non fa eccezione”.
L’obiettivo Usa è consolidare una supremazia netta nell’accesso e nel controllo delle orbite, prevenendo l’ascesa di potenze rivali, e usare sulla Terra, nei potenziali conflitti di domani, i vantaggi strategici che usare lo spazio per l’osservazione dei campi di battaglia, il controllo dei device e comunicazioni sicure può abilitare. Il report ‘State of the Space Industrial Base – Winning the New Space Race for Sustainability, Prosperity and the Planet’ del Defence Innovation Unity del Pentagono parla di una Cina capace di sorpassare Washington su questo fronte entro il 2045 se non si amplificherà il ritmo degli investimenti e della preparazione delle forze armate e del mondo industriale Usa allo spazio. Ma ad oggi il numero uno nelle orbite sembra essere ancora Washington. Potenza che ha le idee chiare sull’uso che vuole fare dello spazio e sa gestire I mezzi per conseguire I suoi obiettivi.
(* analista geopolitico ed economico)
Andrea Muratore, bresciano classe 1994, si è formato studiando alla Facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali della Statale di Milano. Dopo la laurea triennale in Economia e Management nel 2017 ha conseguito la laurea magistrale in Economics and Political Science nel 2019. Attualmente è analista geopolitico ed economico per ‘Inside Over’ e svolge attività di ricerca presso il CISINT – Centro Italia di Strategia ed Intelligence e il centro studi Osservatorio Globalizzazione.