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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

La notte perfetta di Donald Trump: una vittoria netta contro Kamala Harris

Il miliardario newyorkese torna alla Casa Bianca dopo quattro anni. Un racconto a caldo del suo trionfo e del fallimento del Partito Democratico
Donald Trump è il presidente numero 47 nella storia americana
Donald Trump è il presidente numero 47 nella storia americana
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di PIETRO CARIGNANI *

Alla vigilia di queste elezioni presidenziali americane, in molti temevano che la notte del 5 novembre non sarebbe bastata a determinare un vincitore. I sondaggi indicavano un testa a testa serrato, e uno scenario simile a quello del 2020 sembrava verosimile: lunghi ritardi nella consegna degli scrutini da parte degli stati, richieste di riconteggi, polemiche. Tutto questo non è successo. Donald Trump ha vinto nettamente la corsa alla Casa Bianca, in una notte che per i Repubblicani è iniziata bene e non ha più smesso di migliorare.

 Le prime sensazioni nette iniziano ad arrivare intorno alle 2.30 italiane. Trump sta performando meglio del previsto in Florida, certificando lo status di roccaforte Repubblicana del Sunshine State, e appare in vantaggio in Georgia. Dal lato dei Democratici inizia a filtrare nervosismo, ma Harris avrebbe a questo punto ancora diverse strade per la vittoria. Mentre i primi stati vengono assegnati, appare però sempre più evidente come il rendimento eccezionale di Trump sia applicabile per tutti gli stati del sud: i Repubblicani ottengono la prima vittoria in uno swing state con la Georgia, presto bissata dalla North Carolina, e anche uno stato destinato ai Democratici come la Virginia tarda a essere annunciato. Mentre in Italia la notte diventa alba, appare chiaro come l’unico modo per Harris di ottenere la Casa Bianca sia quello di vincere tutti gli stati della rust belt, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin, e sperare in un successo almeno in uno tra Nevada e Arizona. Tuttavia, anche in questi stati i primi dati dagli scrutini continuano a sorridere a Trump: il leader Repubblicano è in testa ovunque, e più il tempo passa più per i Democratici la rimonta diventa difficile. Il momento viene fotografato dal tweet di Elon Musk, ormai membro a tutti gli effetti della campagna elettorale conservatrice: “game, set, match”.

Alle 8.00 italiane i principali media iniziano ad assegnare la Pennsylvania a Trump, certificando di fatto la sua rielezione. Il tycoon newyorkese lascia la sua residenza di Mar-a-Lago e si reca a Palm Beach, in Florida, dove dal palco dell’evento Repubblicano inizia quello che è a tutti gli effetti un discorso della vittoria. “Questa è l’età dell’oro dell’America”, dichiara, “spero che questo aiuti il paese a guarire”, e poi via con i ringraziamenti di rito alla nuova-vecchia First Lady Melania e al Vicepresidente eletto JD Vance.

Gli scrutini della scorsa notte restituiscono un quadro sorprendente, non tanto per il risultato finale quanto per il modo in cui è arrivato. Se una vittoria di Trump poteva essere plausibile alla vigilia, quasi nessuno avrebbe azzardato che avrebbe conquistato ognuno dei sette swing states decisivi, e invece questo scenario diventa sempre più realtà ogni minuto che passa, visto che i Repubblicani sono avanti in Arizona, in Michigan, in Nevada e in Wisconsin. La debacle Democratica è stata totale. Harris ha deluso non solo negli stati chiave, ma in assoluto a livello nazionale, consegnando all’avversario anche il primato nel voto popolare. I Democratici perdono anche la maggioranza al Senato, che mantenevano dal 2020, ed è ancora in bilico l’equilibrio alla Camera, dove devono essere ancora annunciati i risultati dei distretti decisivi. Un’eventuale tripletta Repubblicana consegnerebbe a Trump un’enorme agibilità politica, relegando l’opposizione ai margini almeno per i prossimi due anni.

Comprendere a caldo le cause profonde di un tale risultato risulta complicato; tuttavia, alcuni dati emergono in maniera netta già in queste ore. Un esempio è l’enorme successo ottenuto da Donald Trump tra gli elettori latinoamericani, una tendenza che si era già vista nelle precedenti elezioni, ma che ha raggiunto livelli inaspettati. Gli exit poll certificano infatti come il supporto ispanico ai Democratici sia calato addirittura del 14% rispetto al 2020, numeri impressionanti e imprevisti. Ma la Harris è crollata su tutti i fronti, attraverso tutto lo spettro dell’elettorato. L’impressione generale è che la ripresa nei sondaggi dei Democratici dopo la defezione di Joe Biden sia stata sopravvalutata, o meglio che sia stata sottovalutata la crisi avuta dal partito nella scorsa primavera. In questo senso è difficile addossare troppe responsabilità alla candidata californiana, costretta a costruire una campagna elettorale a tempo di record, ma in ogni caso oggi il futuro del Partito Democratico appare nebuloso.

Per Trump invece quello di ieri notte è stato un trionfo su tutta la linea. Ha vinto nettamente la corsa alla Casa Bianca, conquistato la maggioranza al Senato, ed è ancora in corsa per ottenere il controllo della Camera: lo scenario migliore possibile. Diventa quindi il quarantasettesimo Presidente degli Stati Uniti, il primo, dopo Grover Cleveland, a essere eletto per due mandati non consecutivi. In un colpo solo prolunga la sua vita politica, riafferma il suo controllo sul partito e si mette in una posizione estremamente vantaggiosa per difendersi dai suoi numerosi contenziosi legali. Comunque si svilupperanno i prossimi mesi, è verosimile pensare che gli Stati Uniti del prossimo futuro saranno quelli forgiati e immaginati da Donald Trump.

(* Laureato magistrale in International Studies all’Università degli Studi di Roma Tre, scrive di Stati Uniti su Jefferson e si occupa di storia e politica americana)

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