La tremenda mareggiata della notte di lunedì 29 ottobre lascia, oltre alle conseguenze di distruzione e desolazione a Zoagli, Rapallo e Santa Margherita, anche una profonda angoscia e drammatici interrogativi per il futuro della nostra costa.
Tutti i marinai del Tigullio sanno perfettamente che nel nostro golfo la traversia (cioè la pesante mareggiata invernale) è sempre stata di libeccio, vento che soffia da sud-ovest, e la dominanza (cioè il vento che spira con prevalenza, ma non fa disastri) è di scirocco, il vento che soffia da sud-est.
La difesa a mare e le altre opere sul waterfront, compresi i porti turistici che spesso e storicamente hanno rappresentato, almeno a Chiavari e Lavagna, la migliore protezione dell’abitato contro le mareggiate, sono state costruite secondo questo schema che ha fondamentalmente retto negli ultimi 50 anni.
Ciò che è avvenuto la settimana scorsa sconvolge i fondamentali di questo schema almeno sotto due punti di vista.
Il primo è che abbiamo assistito ad una tempesta che per velocità del vento ed altezza delle onde a memoria d’uomo non si era mai vista dalle nostre parti.
Il secondo è che la direzione del vento e della tempesta non era quella della comune, sia pure forte, libecciata invernale, ma completamente un’altra, provenendo il fortunale da est-sud/est.
Ciò spiega le distruzioni di Zoagli, Rapallo e Santa Margherita, normalmente protetti (‘a-ridossati’, dicono i nostri marinai) dalla libecciata dal promontorio di Portofino e invece completamente indifesi da venti provenienti dai quadranti di sud/est che mai avevano raggiunto questa forza.
I meteorologi hanno spiegato l’eccezionalità dell’accaduto con il caldo eccessivo delle ultime settimane di ottobre, che ha gonfiato le nubi al largo, già cupe e piene di pioggia. Nubi che poi venti africani da sud di anomala potenza hanno trasformato, da quelli che sarebbero stati normali temporali autunnali, in una tempesta perfetta.
Le conseguenze del cambiamento climatico sembrano quindi provocare nella nostra martoriata Liguria non solo le ‘bombe d’acqua’ che hanno causato gravissimi danni ed alluvioni a Genova e dintorni, a Chiavari e nelle Cinque Terre, ma anche tempeste marine finora sconosciute per forza e direzione.
Le oltre 200 imbarcazioni affondate o gravemente danneggiate nel porto turistico di Rapallo, in parte distrutto, sono i segni più evidenti di quanto può succedere in futuro in una zona della Liguria che ha fatto del mare e della nautica una delle sue attrattive turistiche principali.
Tutto ciò impone un profondo ripensamento su molte cose.
- Come vanno difesi le nostre coste e i nostri porti turistici dalle nuove minacce e quale è la dimensione degli investimenti di protezione che andranno fatti?
- Come vanno concepite e ripensate le attività degli stabilimenti balneari e più in generale di tutte le attività turistiche ricettive del fronte mare (bar, ristoranti, dancing) gravemente danneggiate dalle tempeste? La distruzione del Covo di Nord Est rappresenta anche in questo caso un tragico simbolo.
- Vogliamo continuare a pensare a depuratori a fil di costa? Il dibattito sulla localizzazione a Chiavari del depuratore comprensoriale verte su due scelte fondamentalmente simili nel profilo di rischio marino (area Lido e Colmata a mare): anche qui i gravi danni inflitti dalla mareggiata ai depuratori di Rapallo e Santa Margherita sono un monito a non commettere altri errori.
Fino a qualche tempo fa vi era qualche buontempone (leggi: autorevoli esponenti del Pd) che pretendeva di mettere il depuratore di tutto il Tigullio nell’area di colmata di Chiavari facendolo raggiungere da un tubo fognario marino lungo oltre 10 km che da Sestri, dopo aver costeggiato le rocche di S. Anna (dove la tempesta ha picchiato durissima) passava davanti a tutti gli stabilimenti balneari di Cavi e di Lavagna.
Immaginate il danno ambientale di una simile scelta nel caso, non improbabile, di rottura in più punti di un tubo pieno di liquami a causa di una tempesta come quella di lunedì scorso.
Quell’ipotesi fu definita da qualcuno ‘una porcata’. E l’ex sindaco di Genova e metropolitano Doria si offese perché questa scelta, sostenuta da lui e da Iren, fu anche definita “da dementi”.
Fortunatamente, e coraggiosamente, il sindaco di Sestri Levante Valentina Ghio, che continuiamo a ritenere uno dei migliori amministratori del Tigullio, non stette a sentire i suggerimenti demenziali di qualche esponente del suo partito. Comprese che l’ipotesi del tubo era veramente sbagliata ed inattuabile (anche per la forte opposizione di Chiavari e di Lavagna) ed optò per una scelta di localizzazione del depuratore di Sestri Levante e della Val Petronio in un’area interna di proprietà del Comune. Scelta che oggi appare saggia e lungimirante, e che non ha impedito alla Ghio di vincere le elezioni per il secondo mandato di sindaco.
Ieri l’area metropolitana è tornata a discutere del problema del depuratore di Chiavari. La scelta dell’area Lido proposta a suo tempo dall’amministrazione Levaggi e adottata all’unanimità è stata rimessa in discussione dall’attuale amministrazione Di Capua. E’ stato deciso dal voto dei sindaci in Città Metropolitana di spostare il depuratore nell’area di colmata a mare.
Alla luce dei fatti accaduti e dei gravi danni subiti dai depuratori di Rapallo e Santa Margherita, costruiti in prossimità del mare, una pausa di riflessione ed un’attenta analisi costi/benefici, che oggi va tanto di moda, sarebbero state quanto mai opportune. Peccato.
È vero che i costi di costruzione e manutenzione dei depuratori li pagano i cittadini con la bolletta dell’acqua, ma anche da parte di Iren, l’azienda che li realizza e li gestisce, una riflessione seria andrebbe fatta. C’è sempre tempo. Pena il rischio di trovarsi tra qualche tempo dinanzi a nuovi disastri, con l’aggravante del danno ambientale e lasciando i cittadini del Tigullio in un mare… di merda.