Brutto mestiere quello del centravanti, condannato a essere il primo bersaglio quando le cose non girano per il verso giusto. Chiedete a Andrea La Mantia, che un fisico ‘esuberante’ rende visibile anche quando sarebbe consigliabile mimetizzarsi. Dall’alto dei suoi 190 cm, il ragazzo de ‘Li Castelli’ (nato a Marino il 6 maggio 1991) calamita gli sguardi. Corre, salta, si lancia, sgomita; un lavoro oscuro, a tratti sporco che è apprezzato soprattutto da chi ‘ne capisce’.
Mai avuta la strada spianata. Alla Virtus Entella è approdato dopo una una lenta, tenace, decennale risalita dai meandri delle serie dilettantistiche con giravolte nel professionismo di seconda fascia: Frosinone, Barletta, Cosenza, Andria; finalmente una chance in serie B, con la Pro Vercelli nella scorsa stagione. Dieci reti in 28 presenze, non male per un rookie, quanto basta per guadagnarsi l’attenzione dei dirigenti biancocelesti.
Preso come complemento, lo si immagina sempre spalla se non rimpiazzo di qualcun altro, prima Caputo, poi De Luca, infine Luppi. Il caso decide altrimenti, uno se ne va, l’altro si infortuna, il terzo mostra di non poter reggere da solo il peso dell’attacco. Il buon Andrea si trova catapultato in prima linea. E ci mette oltre che la faccia, il suo fisico da granatiere che gli dà qualche grattacapo.
Stringe i denti, accumula 30 presenze in 31 giornate, mette il piedone o la capa in maniera vincente per 11 volte, straccia il suo best score e guadagna due mesi a disposizione per incrementare il bottino. I mormorii dei sin troppo raffinati spettatori del Comunale si tramutano in applausi convinti. Altro che ariete dalla limitata mobilità, La Mantia è una punta centrale che ha assimilato alla perfezione i dettami del calcio contemporaneo, dove nessuno, neppure l’attaccante principale può esimersi dal muoversi con e per il resto della squadra.
E, cosa che gli allenatori apprezzano, è anche uno che raramente perde le staffe, sa mantenere le giuste distanze dentro e fuori il rettangolo verde: “Credo di dovere molto a mia madre che ha preteso che non puntassi tutti i gettoni sulla carriera calcistica. Ho avuto dei genitori che si sono divisi equamente i compiti: il padre che si comporta come il capo del mio fan club, la mamma che tiene la barra dritta. Grazie a lei mi sono diplomato e ho pure iniziato l’università, non è detto che non prenda anche quel pezzetto di carta”.
Sa di essere in un momento cruciale della sua carriera: “Non ho bruciato le tappe, anzi. Ci ho messo troppo a capire che devi affrontare ogni palla, ogni gara come se fosse un esame, che il mestiere viene prima del divertimento. Io ho iniziato per passione, e pensavo che fosse tutto un gioco”.
A Cosenza ha conosciuto Silvia, da allora sono inseparabili. “Essenziale per dare ordine alla mia vita, mi piace stare tranquillo dopo gli allenamenti e le partite, Chiavari per tipi come me è l’ideale”. Sa di essere nel momento cruciale della stagione, per lui e per l’Entella. “E’ essenziale continuare la striscia positiva innescata dalla vittoria sul Parma. Abbiamo reagito a risultati negativi e disavventure di vario genere. Ha contato molto il fare quadrato, essere affiatati come gruppo e avere un rapporto ottimale con lo staff tecnico e con i dirigenti. La salvezza è un po’ meno lontana, il che non significa che i problemi sono spariti, Ci saranno altri momenti difficili. Li supereremo, se sarà grazie ai miei gol tanto meglio”.
Perché anche i centravanti ‘di fatica’ hanno un sogno nel cassetto. “La serie B ho dimostrato di poterla fare e di non essere di peso, vorrei progredire ancora”. E qui Andrea si ferma, allontana con un gesto quel nome e quella lettera, che accostati danno la stura ai sogni. Il bomber che arriva dalla gavetta sa che con l’alta cucina bisogna andarci cauti.
(d.s.)