di FABRIZIO DE LONGIS
Alessandro Santi, presidente di Federagenti, è approdato in Liguria per la Genoa Shipping Week, la settimana che con cadenza biennale viene organizzata da Assoagenti fra Genova e Napoli. Una rassegna oramai attesa con grande attenzione dagli operatori del settore e dedicata all’affrontare i temi più importanti dell’economia marittima italiana e globale.
Tavole rotonde, dibattiti, incontri e tanto networking che dal 9 al 14 ottobre rendono Genova il centro della portualità italiana e non solo.
Santi, avete intitolato questa settimana di incontri e dibattiti, ‘Mediterraneo: rotta fra gli scogli’. Sembra quasi un manifesto?
“È stato un modo per spiegare quante sfide oggi si trovi ad affrontare il mondo dello shipping. Basti pensare che il 90% delle merci che compriamo e consumiamo viaggiano almeno in parte su nave. Ciò avviene in un momento in cui la criticità principale è quella di garantire che queste merci possano arrivare nei modi e tempi giusti. Le filiere sono al centro di numerose sfide”.
Quali sono le principali fra queste sfide?
“La prima è quella geopolitica. Quello che sta succedendo in Israele ne è un esempio chiaro. Stiamo vivendo una fase di cambiamento geopolitico complesso. Da questo cambiamento deriva, infatti, anche la seconda sfida: ossia il fatto che il sistema economico è forzatamente meno globalizzato rispetto a qualche anno fa e tuttavia vive interconnessioni con fattori di scala globale importanti che diventano molto sfidanti”.
Ad esempio?
“L’Italia ne è un esempio. Siamo la terza economia del continente europeo, la seconda manifatturiera e la seconda per export. Di base siamo un paese trasformatore. Essere al centro di un cambiamento su scala globale delle filiere di approvvigionamento è un fattore che va affrontato in maniera strutturale”.
All’appello manca ancora una sfida.
“Direi la più importante, ossia la decarbonizzazione. Lo shipping è un settore sotto grande pressione, soprattutto in Europa. Con il 2024 entrerà in vigore la normativa riguardante l’Emission Trading System. Ossia una tassazione che colpirà le navi alimentate da fonti fossili che attraccheranno nei proti italiani per via del loro contributo alle emissioni di CO2”.
Una scadenza che è forse eufemistico definire a breve termine.
“Vedremo cosa accadrà. Come Federagenti abbiamo fatto delle richieste precise all’Unione europea, agendo insieme agli armatori. Ci auguriamo che vengano recepite perché la voglia di precorrere i tempi che l’Unione sta dimostrando, rischia di danneggiare seriamente l’industria marittima Italiana”.
Il settore dello shipping genera così tante emissioni?
“In realtà no. È questo l’assento più importante. Lo shipping contribuisce ben poco a confronto con molti settori. Basta considerare che a livello mondiale misura il 2,7% della produzione di CO2”.
Un’inezia rispetto al valore strategico ed economico.
“Esattamente. Ci sono esempi chiari che rendono alcune norme e scelte fatte in Europa, direi paradossali”.
Ne faccia uno.
“Credo che sia eclatante. Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) Apple ha dichiarato di voler abbattere del 95% le emissioni derivanti delle sue catene di approvvigionamento. Quindi dalla propria logistica. E sa come a scelto di farlo?”.
No, come?
“Trasportando le merci via nave, perché attualmente lo fa prevalentemente via aerea. Così, mentre in Europa il settore dello shipping rischia importanti ripercussioni per la voglia di precorrere i tempi, nel mondo rappresenta un’alternativa a basse emissioni. Basterebbe considerare questi aspetti per rivalutare quanto scelto”.
Questa fase di cambiamento viene affrontata in egual modo da tutti i paesi?
“Assolutamente no. Ci sono nazioni che non pongono questa transizione al centro della loro attenzione. Ciò sta creando una disparità difficile da sostenere. Basti pensare cosa significherà attraccare una nave in un porto italiano, dove subirà una tassazione basata sulle emissioni, o in un porto della sponda sud del Mediterraneo, dove ciò non avverrà”.
Come si può affrontare un insieme così sfidante?
“Con una politica industriale dedicata al mare e che sappia creare un sistema paese. A nostro giudizio è molto importante che questo governo abbia dedicato un ministero proprio al mare e che abbia scelto di affrontare chiaramente le scelte europee, per provare ad apportare dei cambiamenti”.
Si augura, tanto per rimanere in tema, un cambio di rotta.
“Assolutamente sì. E sono confidente che dai segnali datici dal governo, ciò sia possibile a livello europeo”.
Nella settimana in cui il mondo dello shipping si sta aprendo alla città di Genova, con tanto di incontri con il pubblico e studenti. A fronte di sfide così cruciali come quelle che ci ha descritto. Perché ritiene che un settore così cruciale per la vita di tutti noi, sia così poco noto al grande pubblico?
“Perché ci siamo dimenticati del mare. Credo sia un fattore culturale. E anche in questo vi è stata una logica sbagliata a livello europeo. Negli ultimi decenni si è voluto far credere che la ricchezza, la produttività derivassero solo dall’entroterra dell’Europa. Così facendo, in maniera miope, abbiamo voltato le spalle al mare. Ora dobbiamo recuperare”.