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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

La dottoressa Bonfiglio: “Ecco il lato ‘buono’ della cannabis”

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di ALBERTO BRUZZONE

Oltre la droga, oltre gli effetti stupefacenti, oltre l’illegalità c’è molto, ma molto di più. Per decenni la fogliolina lunga e stretta di cannabis è stata demonizzata, strumentalizzata, usata ad arte dai politici di uno schieramento e dell’altro.
Oggi, sempre più persone stanno scoprendo che dietro agli spinelli c’è tutto un mondo nel quale la cannabis può fare anche del bene. Alleviare il dolore, contribuire a migliorare il quadro clinico dei malati. E’ l’altra faccia della medaglia, quella buona, di questa piantina: il suo utilizzo a scopo terapeutico.
Nell’Asl 4 Chiavarese, il ricorso a determinate terapie a base di cannabis è una pratica ormai consolidata. Naturalmente dietro rigide regole e strettissimi controlli. Alla base, c’è il decreto ministeriale del 9 novembre 2015 (integrato in Liguria dalla determina regionale del marzo 2016), che prevede l’impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; per l’effetto ipotensivo nel glaucoma; per la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette.

Monica Bonfiglio, direttrice del Centro di Medicina del Dolore dell’Asl 4 Chiavarese, oltre che responsabile della struttura semplice di Terapia Intensiva e Rianimazione, spiega il suo lavoro e gli effetti della cannabis a fini terapeutici. Oltre ad aver studiato profondamente la materia, la applica nel quotidiano con professionalità e competenza. Unite a una dose di umanità che le viene universalmente riconosciuta da tutti, colleghi e parenti dei ricoverati.

L’utilizzo della cannabis, anche a scopi terapeutici, ha sempre suscitato un notevole dibattito. Come sono cambiate le cose dopo la determina regionale del marzo 2016?
“Fa seguito a due leggi regionali, la numero 26 di agosto 2012 e sue modifiche in agosto 2013 e a un decreto ministeriale emanato il 9 novembre 2015. La determina regionale ha lo scopo di assicurare una valutazione quanto più possibile completa dei benefici e degli effetti avversi di questa terapia e di garantire una più corretta integrazione della dimensione organizzativa, gestionale ed economica della terapia con preparati galenici a carico del Servizio Sanitario Regionale”.

C’è sempre un clima di ‘sospetto’ intorno a questo tipo di cure? Che cosa ne pensano i parenti dei pazienti? Quanto è difficile spiegare di cosa si tratta?
“Se si parte dal principio che una droga in farmacologia èogni prodotto naturale contenente uno o più principi biologicamente attivi, allora anche il preparato galenico a base di cannabis lo è. I parenti che si rendono conto della sofferenza del proprio caro non ostacolano e anzi supportano tale terapia auspicandone i benefici. Forse la confusione è a livello mediatico quando si parla di ‘legalizzazione’ della cannabis, confondendo lo scopo ludico con quello terapeutico, ignorando che a seconda della concentrazione dei suoi principi attivi ne esistono varietà diverse con proprietà terapeutiche diverse. Faccio sempre questo esempio: quando parlo di cane, potrei intendere un molosso o un barboncino”.

L’approvvigionamento della cannabis a fini terapeutici risulta essere molto complesso: che tipo di percorso occorre fare? Il paradosso è che è molto più semplice acquistarla per altri fini…
“L’approvvigionamento è difficile perché la materia prima deve essere garantita dalla coltivazione che rispetta le buone pratiche agricole, che non sia contaminata da batteri o minerali e che rispetti degli standard ben precisi sulle concentrazioni dei principi attivi nel prodotto grezzo. Il nostro Ministero ha fatto delle previsioni di fabbisogno sottostimando le necessità, e così ci ritroviamo con un approvvigionamento a singhiozzo che va di mese in mese, con il rischio di lasciare senza terapia i nostri pazienti” (nel 2016 l’Italia ha avviato una produzione nazionale di cannabis per uso medico presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM), grazie alla collaborazione tra il Ministero della salute e il Ministero della difesa, in modo da garantire l’accesso a tali terapie a costi adeguati e in modo sicuro. Si tratta del prodotto Cannabis FM-2, prodotta in conformità alle direttive europee in materia di medicinali, su processo produttivo depositato e controllato, in una officina farmaceutica autorizzata dall’AIFA e la cui distribuzione è autorizzata dall’Organismo statale per la cannabis presso il Ministero della salute).

Com’è cambiato il suo lavoro da quando utilizza la cannabis?
“Ho una risposta in più da dare ai miei pazienti, ma sicuramente un impegno mensile (la prescrizione ha validità un mese) che per quanto riguarda la parte burocratica appesantisce parecchio”.

I farmaci contenenti cannabis possono essere utilizzati anche a casa oppure occorre sempre un controllo medico?
“Noi utilizziamo esclusivamente preparati galenici e sono tutte terapie croniche sotto forma di estratti in olio da assumere per via orale”.

Le principali patologie per cui sono indicati farmaci contenenti cannabis?
“Nausea, vomito e dolore, in corso di chemio e radioterapia; riduzione dell’appetito e del peso corporeo nei pazienti affetti da HIV e AIDS; dolore muscolare da spasticità nei pazienti mielolesi, con patologie neurologiche o con fibromialgia; la fatigue (termine inglese che significa astenia, stanchezza), e il peggioramento dell’umore nel paziente oncologico ed ‘end-stage’ (all’ultimo stadio); dolore cronico già trattato con analgesici in commercio al fine di ridurne il dosaggio e contenerne gli effetti collaterali, per esempio gli oppioidi; dolore cronico moderato-severo refrattario a terapie farmacologiche in commercio”.

Ci sono pericoli a utilizzare la cannabis a scopi terapeutici? Può creare dipendenza?
“Come tutte le sostanze terapeutiche, dà dipendenza fisica, ma il rischio di dipendenza psichica è più basso dell’alcool e del fumo di sigaretta. Va ricordato che è sotto prescrizione medica, con un monitoraggio continuo a cadenza mensile”.

Quante persone in Asl 4 sono sottoposte a questo tipo di cura, mediamente durante l’anno? Queste cure sono efficaci contro il dolore oppure la cannabis ha anche altri effetti positivi?
“Abbiamo cominciato quattro anni fa e le persone attualmente in cura sono un centinaio. Altri effetti positivi che stiamo apprezzando sono quello miorilassante e antinfiammatorio, ma soprattutto una notevole riduzione delle terapie con oppioidi”.

Che differenza c’è tra i vari tipi di cannabis? E tra i vari modi in cui viene somministrata?
“C’è molta differenza e questo fa sì che cambino anche le indicazioni e le posologie. Va chiarito che il fumo è bandito perché potenzierebbe gli effetti cancerogeni dei metaboliti tossici della combustione, associando l’effetto vasodilatante che ne aumenta l’assorbimento attraverso la mucosa brocoalveolare. L’assunzione per bocca ha un tempo d’insorgenza dell’effetto terapeutico più lento, ma anche più duraturo. L’assunzione per vaporizzazione è più veloce, ma richiede più somministrazioni perché meno durevole. Bisogna poi considerare l’obiettivo della terapia, che può richiedere maggior effetto psicotropo o antinfiammatorio o miorilassante eccetera”.

Quanto è importante per lei tenersi sempre aggiornata su questi argomenti? A livello medico ma anche legislativo?
“Fondamentale, perché si sta progredendo velocemente e anche se questa terapia ha fatto il percorso inverso – cioè dalla popolazione agli studi – adesso abbiamo la possibilità di capire di più delle sue potenzialità terapeutiche e definirne meglio i prodotti da prescrivere. Le leggi ci aiutano a seguire un percorso di tracciabilità e trasparenza”.

Perché, secondo lei, stanno proliferando i negozi che vendono semi di cannabis? A che scopo si compra in questi negozi? Quella dei semi ‘per collezione’ è solo una scusa?
“Su questo argomento ritengo di non essere sufficientemente qualificata per esprimere un mio parere”.

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