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di ANTONIO JUNIOR LUCHINI *
Restaurare l’immagine della diplomazia americana nel mondo. È questo il proposito con cui la Presidenza Biden si è affacciata al complesso tema delle nomine diplomatiche, promettendo una drastica inversione di marcia rispetto alla condotta della precedente amministrazione: Trump aveva spesso concesso l’ambito titolo di ambasciatore a figure lontane dal mondo istituzionale, ma legate al finanziamento della sua campagna elettorale, un do ut des per i ricchi donatori che avevano riposto fiducia nella campagna outsider del magnate.
Le nomine di Biden tornano quindi nel solco della tradizione diplomatica statunitense: figure politiche, che si sono distinte per impegno istituzionale e nel settore privato, esperte nel policy making e già avvezze allo scenario internazionale. È il caso di Jack Markell, nuovo ambasciatore a Roma, confermato dal Senato lo scorso luglio e arrivato nella capitale nell’ultima settimana di agosto.
Classe 1960, laureato alla prestigiosa Booth School of Business di Chicago, Markell inizia la sua carriera nel settore bancario prima di virare alle telecomunicazioni nel 1989, diventando infine Vicepresidente del futuro colosso del settore Nextel. Nel 1998 Markell si affaccia alla politica del Delaware, suo stato natale, battendo la Repubblicana Janet Rzwenicki alle elezioni per la Tesoreria di Stato. In veste di tesoriere, Markell si distingue subito per l’impegno nel digitalizzare l’amministrazione dello stato e alleggerire la burocrazia. Appassionato di educazione finanziaria, promuove anche programmi di financial literacy nelle scuole e nelle università locali.
È il 2009 quando Markell, forte dell’esperienza istituzionale maturata nello scorso decennio, si candida al ruolo di Governatore dello stato, battendo decisamente lo sfidante Repubblicano William Swain Lee. Non è una posizione facile: la crisi economica mondiale dell’anno precedente aveva esposto il grave deficit dell’amministrazione pubblica del Delaware, che a sua volta contribuiva alla crescita economica anemica del piccolo stato del nordest. Il neogovernatore Markell dà dunque il via a una spending review radicale, eliminando gli sprechi e razionalizzando l’apparato pubblico da un lato, abbassando le tasse sulla piccola-media impresa da un altro. Markell riesce nei suoi intenti nonostante l’ostruzionismo dell’assemblea legislativa statale a guida repubblicana, convincendo abbastanza esponenti del GOP ad appoggiare la sua agenda fiscalmente responsabile e business friendly.
Markell ‘va in pensione’ nel 2017, dopo aver completato con successo un secondo mandato governatoriale, caratterizzato da una politica fiscale più espansiva in risposta al miglioramento della situazione economica locale e nazionale, volta a promuovere investimenti infrastrutturali e nell’istruzione pubblica. Un operato che non sfugge agli occhi interessati di Joe Biden, cresciuto nel medesimo stato: nel 2021, Jack Markell viene scelto dalla nuova presidenza per diventare Ambasciatore degli Stati Uniti presso l’OCSE, un altro tassello importante del tentativo Bideniano di riaffermare la presenza statunitense nelle grandi istituzioni economiche e politiche globali dopo i ritiri plateali dettati dalla filosofia America First della precedente amministrazione.
La scelta di spostare Markell in Italia non sorprende: le profonde conoscenze in materia di policymaking economico del nuovo ambasciatore ben si adducono ai dossier più scottanti della partnership tra gli Usa e il nostro Paese. Sono ancora aperti i negoziati tra governo italiano e Intel, volti a realizzare un impianto di packaging del colosso americano in Veneto, così come è probabile la ventura fuoriuscita dell’Italia dal controverso memorandum stipulato dal governo Conte I con la Cina, tematica su cui il governo Meloni e gli interessi Usa convergono particolarmente. Infine, la scelta di una figura di alto profilo quale Markell conferma l’importanza strategica della partnership Italia-Usa, in via di rinvigorimento sin dal premierato di Mario Draghi.
(* ricercatore in relazioni internazionali presso l’Università di Tartu e collaboratore del blog Jefferson – Lettere sull’America)