La tesi sostenuta in questo articolo è che Salvini e Di Maio siano molto più concentrati sulla propaganda che sul governo, ossessionati come sono dall’esito delle elezioni europee di maggio. A fronte di una situazione economica sempre più difficile, riteniamo che anziché occuparsi delle questioni fondamentali del Paese, i due vicepremier del governo stelloleghista raccontino balle e gettino fumo negli occhi degli italiani per coprire la loro incompetenza e la loro incapacità a governare in una situazione molto difficile e complessa.
Come sempre, tutto nasce dell’economia.
Infatti la congiuntura mondiale, dopo anni di discreta crescita (forte negli USA, non male in Cina), sta dando segnali di rallentamento, in molti casi anche marcato.
Gli esperti ci ricordano che tale tendenza declinante è dovuta all’esistenza del ciclo economico; in altre parole, ad una fase espansiva dell’economia mondiale fa sempre seguito una fase di declino, e talvolta di recessione.
È così anche questa volta, ma nella vicenda attuale si intrecciano e pesano anche questioni specifiche, economiche e politiche, che hanno avuto e certamente avranno un effetto negativo sull’andamento dell’economia mondiale.
In particolare nell’Occidente sviluppato (USA ed Europa) un sempre più diffuso scetticismo e una contrarietà popolare alla globalizzazione ed ai suoi effetti minacciosi nei confronti di vasti strati della popolazione (disoccupazione, impoverimento ed immigrazione) hanno generato reazioni politiche e misure che penalizzano il commercio internazionale e quindi accentuano il rallentamento dell’economia.
I dazi di Trump, la Brexit, i gilets jaunes francesi, l’esplosione, in Europa e non solo, di partiti populisti e sovranisti, testimoniano come sul normale rallentamento del ciclo economico si siano innestati fattori ulteriori che creano un grande senso di incertezza per il futuro e inducono sfiducia e preoccupazione negli operatori economici, provocando il rinvio delle scelte di investimento e consumo.
La recessione economica che abbiamo davanti metterà ancor più a dura prova i bilanci pubblici, che saranno colpiti dalla crisi sia sul lato delle entrate (meno crescita, meno reddito, meno entrate fiscali) che sul lato delle uscite (sussidi di disoccupazione e in generale spese crescenti per il sostegno di fasce di popolazione in difficoltà).
I mercati finanziari avvertono e avvertiranno sempre di più la nuova situazione con caduta di valori borsistici ed innalzamento dei tassi di interesse per remunerare i rischi crescenti.
È chiaro che in un quadro di questo genere la situazione dell’Italia è destinata a diventare particolarmente critica: debito pubblico ‘monstre’ e spread crescente sui titoli pubblici, conseguenti crisi bancarie, disoccupazione più alta che nel resto d’Europa, crisi aziendali dovute anche ad una possibile contrazione delle esportazioni che in questi anni hanno largamente sostenuto l’industria italiana.
In una situazione del genere, ci sarebbe bisogno di grande competenza e della massima concentrazione sull’azione di governo per prepararsi alla bufera e per decidere sulle reali possibilità del Paese.
Il cosiddetto governo del popolo, dopo mesi di proclami senza senso che hanno avuto come sola conseguenza un forte innalzamento dello spread, ha varato una finanziaria ridimensionata e fortemente recessiva. Si pensi che l’UE per dare un provvisorio assenso alla manovra ha imposto clausole di salvaguardia sull’IVA per 23 miliardi nel 2020 e per 28 miliardi nel 2021.
Non solo. Il governo del popolo ha anche raccontato balle sulla crescita: i proclami durati mesi sulla crescita all’1.5% si sono ridimensionati all’1% nella legge di bilancio, ma la realtà è che non supereremo lo 0.5/0.6%.
È evidente che Lega e M5S hanno una comune convenienza politica, che è quella di arrivare alle elezioni europee, magari accentuando i loro conflitti ma senza far cadere il governo.
Le tensioni interne al governo sono destinate ad aumentare di qui a maggio perché i due partiti si preparano alle elezioni facendo una propaganda forsennata. Cercano di guadagnare, strappandoseli a vicenda, pezzi di elettorato, e a questo scopo giocano a chi la spara più grossa (in tempo de guera, ciù musse che tera…), usando argomenti e tematiche varie come armi di ‘distrazione di massa’: scontro sui migranti, scontro sulla TAV, sulla legittima difesa, sul decreto sicurezza e altro ancora.
Non che questi non siano temi importanti, ma usati in questi mesi altro non sono che fumo mediatico per non far capire ai cittadini che reddito di cittadinanza e quota 100 alla fine saranno ben poca cosa (lo stanziamento totale è di 9 miliardi contro i 17 di partenza) e che l’Italia sta entrando in una dura e pericolosa fase di recessione.
Il campione delle balle ancora una volta è stato Giggino.
Nello stesso momento in cui tutti gli osservatori e i centri di ricerca nazionali ed internazionali segnalavano la brusca frenata dell’economia europea ed in particolare la caduta verticale della produzione industriale (uno dei più importanti, se non il più importante, degli indicatori di ciclo), l’ineffabile vicepremier Luigino Di Maio annunciava l’avvento in Italia di un boom economico pari soltanto a quello degli anni ‘60 (“allora si costruivano autostrade , oggi si costruiscono le autostrade digitali”).
Incurante della situazione reale, o forse incapace di capirla, disinteressato ai problemi dell’industria italiana, la grande assente del famoso contratto di governo, punita sia con il ‘decreto dignità’ che con i forti tagli al piano di digitalizzazione 4.0 del governo precedente, il Ministro dell’Antisviluppo se ne è uscito con questa fesseria, pari solo a quella sulla nazionalizzazione della Carige: “Finalmente avremo una banca capace di aiutare i meno abbienti, le persone in difficoltà, le imprese in crisi” .
Povera Italia! Viva l’Italia!