di SABINA CROCE
Lunedì 19 aprile, primo giorno utile per la mia fascia d’età, ho ricevuto la prima dose di AstraZeneca presso le caserme di Caperana.
Avevo prenotato il giovedì precedente, appena aperto lo ‘slot’ 65/70 sul portale della Regione Liguria. La procedura di prenotazione è stata di facilissima esecuzione, ed in pochi minuti sono stata in grado di scegliermi la data dell’appuntamento e l’orario a me più favorevole.
A Caperana sono andata a piedi dal centro di Chiavari, perché, sbagliando, temevo problemi di posteggio e di traffico. All’ingresso della caserma un militare gentilissimo mi ha indirizzata verso la struttura dedicata alle vaccinazioni: ampi spazi, arieggiati e puliti, un percorso ordinato, un meccanismo che fila liscio come l’olio. Una tappa dal medico che aiuta a compilare il foglio anamnestico e a sciogliere eventuali dubbi che ognuno inevitabilmente porta con sé, la firma del consenso, e subito si passa alla somministrazione del vaccino, seguita dal quarto d’ora di attesa in un ambiente ampio e spazioso del tutto adeguato.
In mezz’ora era tutto fatto: veloce, tranquillo, ordinato, in un’atmosfera di cortesia e professionalità.
C’erano poche persone, e le conoscevo tutte. Compagni di scuola, amici d’infanzia, concittadini coetanei. Ci siamo salutati con un senso di riconoscimento e di appartenenza ad una comunità.
Sono uscita piena di un sentimento molto simile a quello che ancor oggi, dopo tanti anni e nonostante tante delusioni , provo ogni volta che vado a votare: la sensazione di aver esercitato un diritto ed anche di aver compiuto il mio dovere nei confronti dei miei concittadini.
Sì, perché vaccinarsi in maniera tempestiva e sicura contro il Covid oggi non è soltanto un nostro diritto di cittadini: è anche un dovere al quale non ci possiamo sottrarre, per proteggere la comunità.
Dobbiamo raggiungere al più presto la più ampia quota possibile di vaccinati per contrastare la circolazione del virus, che è la condizione che permette l’insorgenza di varianti. E l’insorgenza di nuove varianti è ciò che rischia di vanificare l’enorme sforzo vaccinale fatto fino ad oggi. Per tutti.
Non è questo il momento di pretendere di scegliere il vaccino che a nostro giudizio (o secondo quello che hanno diffuso i media con una quota di irresponsabilità davvero esecrabile) è meglio di un altro. Dobbiamo prendere quello che c’è, perché tutti sono stati giudicati validi dalle autorità competenti, e collaborare allo sforzo della campagna con senso civico e disciplina. Come hanno fatto gli inglesi, che oggi possono dirsi fuori dalle curve più strette.
Chi non si vaccina quando è il suo turno, chi aspetta tempi migliori, chi aspetta il vaccino che gli piace di più, o che gli fa meno paura, in base a ciò che ha letto sui giornali o visto in tv, fa danno a se stesso e a tutti gli altri: a chi non ha ancora potuto vaccinarsi, anche se magari lo avrebbe voluto, e anche a chi si è già vaccinato, che rischia di vedere inficiato il suo vaccino dalle varianti che incalzano, grazie alla perdita di tempo che tutte queste esitazioni accumulate determinano.
I rischi, si dirà. Io ho fatto il vaccino oggi considerato il meno appetibile, l’ho preso consapevolmente, sapendo dei rischi, che ho deciso scientemente di assumermi, perché so che i rischi che corro ammalandomi di Covid sono comunque largamente superiori a quelli che corro vaccinandomi. Lo sarebbero anche se avessi trent’anni, e tanto più lo sono alla mia età.
La vita è fatta di scelte, e l’eliminazione totale del rischio, nella vita, non è un nostro diritto, a maggior ragione nel mezzo di una pandemia.
La campagna vaccinale è già stata condizionata per settimane dal mancato arrivo della materia prima. Adesso che abbiamo il vaccino AstraZeneca è paradossale che non ce ne serviamo, rischiando di mandare all’aria l’efficacia di tutta l’immunizzazione.
Per scegliere il vaccino preferito ci sarà tempo nei prossimi anni, perché è certo che di questo problema non ci libereremo tanto facilmente.