di ALBERTO BRUZZONE
“Nessun ospedale del Levante chiuderà. La Asl 4 non chiuderà né verrà ridimensionata. Ma bisogna lavorare moltissimo su una riorganizzazione complessiva, che non può non tener conto di un necessario potenziamento della medicina territoriale”.
Lo afferma Claudio Muzio, consigliere regionale di Forza Italia e, da pochi giorni, presidente della Commissione Sanità della Regione Liguria, ovvero l’organismo istituzionale dal quale passano tutte le decisioni di politica sanitaria della nostra regione.
‘Piazza Levante’ ha intervistato Muzio, in occasione della sua elezione a presidente (con tutti i voti della maggioranza e pure con uno della minoranza), nell’ambito del ciclo ‘Il Tigullio post Covid’: perché è chiaro come un post pandemia passi anche e soprattutto da cosa ha lasciato questa esperienza dal punto di vista medico e dell’assistenza, ed è altrettanto chiaro come bisogna avere le idee assai chiare in ottica futura.
“Sestri Levante si è comportata in maniera eccellente, durante l’emergenza. Sono stati presi provvedimenti eccezionali, ma ora si spera a poco a poco di tornare alla normalità e di portare pienamente a compimento il piano di riorganizzazione sanitaria che la Regione Liguria ha approvato nel 2017”.
Da pochi giorni presiede il principale organismo di politica sanitaria della Regione. Un onore ma anche una grossa responsabilità.
“È così come ha detto: un grande onore ma soprattutto una grande responsabilità ricoprire questo ruolo per il tempo che ci separa dalle prossime elezioni regionali. Ringrazio il presidente Toti per avermi indicato alla coalizione per questa carica e i colleghi di maggioranza e tutti i consiglieri che mi hanno votato per la fiducia accordatami. Mi metterò da subito al lavoro, perché in una fase delicata come questa occorre una Commissione Sanità che lavori nel pieno della sua composizione e delle sue funzioni. Sono davvero tante, infatti, le sfide che attendono la sanità nell’epoca del Covid-19”.
Che cosa ha in mente in particolare?
“In questi cinque anni, i temi sociosanitari sono stati al centro della mia azione, anche in ragione degli ampi poteri che su questa materia sono in capo alla Regione. La sanità rappresenta la voce più cospicua del bilancio regionale ed incide in via diretta sulla vita dei cittadini. È un mondo complesso che va governato avendo sempre come stella polare l’eccellenza delle cure, in modo da poter garantire alle persone, soprattutto a quelle più deboli ed economicamente svantaggiate, la possibilità di usufruire di una buona sanità. In questi mesi sarò sul territorio per incontrare gli operatori delle realtà sociosanitarie e cercherò così di avere un quadro il più possibile preciso della situazione. Uno dei temi su cui concentrerò la mia attenzione è quello, segnalato di recente anche dalla Corte dei Conti, della necessità di rafforzare la medicina territoriale, che rappresenta uno dei due pilastri su cui si regge il sistema. L’obiettivo è quello, previsto peraltro dal Piano sociosanitario di cui sono stato relatore di maggioranza in Consiglio a novembre 2017, di una sempre maggiore integrazione virtuosa con la rete ospedaliera”.
È un aspetto che è mancato molto, in piena emergenza sanitaria.
“Infatti è da lì che vanno fatte delle analisi. Perché mentre hanno funzionato bene gli ospedali, e quelli completamente rivoluzionati per il Covid ne sono stati la dimostrazione, a partire appunto da Sestri Levante, è venuta a mancare la rete dell’assistenza territoriale, che è invece un anello importantissimo. Lì bisogna lavorare molto e con le idee chiare: io ho intenzione di confrontarmi con tutti gli addetti ai lavori, ascoltando le loro esperienze anche personali e le loro valutazioni di merito”.
Il Coronavirus ha esaltato delle criticità antiche e annose.
“Sì, ed è da questo che occorre partire. Il mio obiettivo è formulare un documento dove si fa il punto della situazione e dove si prospettano delle soluzioni. Potrà esser utile in caso di un secondo mandato da parte dell’attuale presidenza della Regione, ma anche per eventuali altri successori. Partirò dall’ospedale ‘Gallino’ di Pontedecimo, per poi arrivare anche in Asl 4”.
La Asl del nostro territorio è tra quelle più interessate dai cambiamenti.
“La prima finalità, lo ripeto, è quella del rafforzamento della medicina territoriale. Anche perché viviamo in un territorio molto complesso, dal punto di vista orografico. Non si possono avere ospedali da tutte le parti, non è che ogni comune possa avere il suo ospedale. Ma ogni comune può e deve avere una rete di medici che funzioni. Abbiamo visto in piena emergenza sanitaria quanto sia fondamentale agire in maniera rapida e di prossimità rispetto ai pazienti. La lezione del Coronavirus non può passare come se niente fosse. Su questo punto sono convintissimo: bisogna sgravare sempre più il pronto soccorso di Lavagna da quelle che non sono reali urgenze. Occorre investire risorse nella medicina territoriale, e le risorse ci sono per questo obiettivo. L’integrazione tra ospedali e territorio è anche, dal mio punto di vista, un importante investimento sul piano economico. È peraltro uno degli argomenti centrali contenuti del piano di riforma del 2017 varato dalla Regione”.
Lei parla di risorse e di investimenti, ma i conti della sanità ligure non stanno molto bene.
“Siamo partiti con un disavanzo di 98 milioni di euro su tutta la Regione. È stato portato a poco più della metà, intorno ai 50 milioni di euro. Bisogna fare attenzione perché nel 2022 andrà raggiunto a ogni modo il pareggio di bilancio, pena il commissariamento di tutta la sanità ligure”.
Allora la prospettiva dei tagli non è così remota.
“Nessuno ha parlato di tagli. Parliamo di riorganizzazione e di razionalizzazione dei servizi. Occorre puntare sulle eccellenze e dare il meglio ai pazienti liguri. È la grande sfida della sanità pubblica. Migliorare i servizi senza gravare ulteriormente sui conti. È possibile farlo, la strada è stata indicata. La Asl 4, in questo senso, è una delle aziende sanitarie che stanno meglio. Non abbiamo chiuso e non verrà chiuso alcun ospedale. Non verrà accorpata l’Asl con nessun’altra. Dobbiamo valorizzare l’esistente, ovvero Lavagna, Sestri Levante e Rapallo”.
Partiamo da Lavagna.
“È il fulcro dell’attività e così deve rimanere, come Dea di primo livello, come previsto dal Decreto Balduzzi. Ha il reparto di rianimazione e ospita tutti i reparti a esso collegati. Non potrà mai diventare un Dea di secondo livello, per un fatto di popolazione specifica. Ma Lavagna è in grado di affrontare quasi tutte le emergenze, a parte i casi di maggiore complessità, per i quali è necessario andare a Genova”.
Eppure, il Cam – Comitato Assistenza Malati del Tigullio – ha posto nei giorni scorsi il tema dell’elisoccorso: “L’elicottero va certamente bene – ha detto il presidente Giancarlo Mordini – ma per condurre gli ammalati al pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna, sede di DEA di primo livello”. Viene chiesto, insomma, di costruire una stazione di atterraggio nei pressi dell’ospedale di Lavagna.
“Sono molto contento del fatto che il servizio di elisoccorso sia stato mantenuto, anche perché è assolutamente prezioso, specie in questo periodo di forte intasamento della rete autostradale ligure su tutti i fronti. Nelle nostre zone poi, proprio per la presenza di moltissimi territori montani, poter arrivare in elicottero è ancora più importante e può essere decisivo in caso di emergenze e casi di elevata gravità. Sulla proposta da parte del Cam Tigullio, invece, preferisco non entrare nel merito, in quanto ritengo che esuli dalle competenze che deve avere un comitato”.
Ma che rapporto c’è con il Cam Tigullio?
“È un comitato di persone molto generose, che raccoglie moltissimi fondi e fornisce un importante aiuto in questo senso. È questa la finalità del loro statuto e dovrebbe essere questa soltanto”.
Quindi non considera il Comitato un interlocutore in ambito di politica sanitaria?
“Direi di no. C’è una Conferenza dei Sindaci, che comunque ha un parere solo consultivo, anche se rappresenta i comuni del territorio. Le decisioni di politica sanitaria spettano alla Regione Liguria. Io mi posso confrontare, e lo faccio molto volentieri, con chi opera sul campo. Ed è appunto quello che ho intenzione di fare. Poi, giustamente, ogni iniziativa che s’intende prendere va discussa con i sindaci: questo è un momento di confronto prezioso e non accantonabile, specie quando i problemi riguardano l’entroterra”.
A proposito di entroterra e di assistenza territoriale, c’è il tema dell’“ospedaletto” di Cicagna.
“Ho intenzione di andare a visitare pure quello. Infatti, la ritengo una struttura fondamentale, proprio per il discorso che si faceva in premessa della sanità a livello territoriale. L’ospedaletto di Cicagna è un presidio importante di collegamento tra le vallate e la costa. Una struttura che va sfruttata al cento per cento. L’obiettivo è di migliorarla”.
L’ospedale di Rapallo: verrà privatizzato alla fine?
“Rispetto a Lavagna, sia Rapallo che Sestri Levante hanno vocazioni differenti. Mentre Sestri rappresenta un’eccellenza per l’Oncologia e la Riabilitazione, Rapallo è un polo imprescindibile per la Chirurgia a bassa e media complessità, che non necessiti della presenza di una Rianimazione. È il motivo per cui il reparto di Urologia è stato spostato da Sestri a Lavagna. Su Rapallo, occorre fare chiarezza: tutto quello che è pubblico, rimarrà pubblico e continueranno a essere erogati gli stessi identici servizi. Ma bisogna affrontare, contestualmente, anche il problema dei 4500 metri quadrati che sono rimasti liberi e che, comunque, rappresentano un costo di gestione enorme, anche essendo vuoti. E qui le scelte sono di due tipi: o aprire dei nuovi servizi pubblici, ma con ulteriori costi, oppure valutare se esiste la possibilità di trovare delle collaborazioni con alcuni poli d’eccellenza privati, comunque raggiungendo delle convenzioni con l’Asl 4. Un altro degli obiettivi, infatti, è quello di contenere sempre più le cosiddette ‘fughe passive’, ovvero i pazienti che vanno a curarsi in altre regioni: un sistema che ci costa una perdita di cinquanta milioni di euro all’anno. Non possiamo far finta di niente: dobbiamo essere in grado di dare l’eccellenza, sia in campo pubblico che in eventuale campo privato. Possiamo difenderci solamente così”.
Sestri Levante: chiude o non chiude?
“È dal 2015, ovvero da quando ci siamo insediati come amministrazione, che si sente dire che l’ospedale di Sestri Levante chiude. Un po’ lo dice la sindaco, un po’ il consigliere regionale Garibaldi. Sono voci che non fanno bene a nessuno. Soprattutto, non sono vere. Sono attualmente in corso i lavori per trasformare il sesto piano in polo riabilitativo e neuromotorio all’avanguardia. Purtroppo, il Coronavirus ha rallentato tutto e ci ha costretto a fare altre scelte. Peraltro, sull’emergenza in senso stretto, l’ospedale di Sestri ha risposto benissimo. Anche il reparto Udi, ovvero quello di gestione infermieristica, cioè il ‘cuscinetto’ tra le dimissioni di un paziente e la sua successiva gestione da parte della famiglia, stava funzionando molto bene. Ma, pure qui, l’attività è stata interrotta per colpa del virus. Ripartirà senz’altro, anche perché i risultati che sta portando all’Ospedale Galliera di Genova sono di tutto rispetto. Torneranno anche gli ambulatori e il polo oncologico sarà di nuovo pienamente operativo”.
È un impegno che si sente di prendere, in vista delle elezioni?
“Assolutamente sì”.
Si ricandiderà?
“Sì. E sempre per Forza Italia. Saranno gli elettori a giudicare se ho fatto bene oppure ho fatto male. Io sono a disposizione per continuare a rappresentare il nostro territorio, e a farlo con lo stesso impegno che ho cercato sempre di metterci in questi cinque anni”.