di ALBERTO BRUZZONE
Come sarà la nostra vita post pandemia? Quali nostre abitudini risulteranno cambiate per sempre? Che cosa ci porteremo dietro da questa drammatica esperienza? Riusciremo a salvare qualche aspetto positivo? Ci saranno anche occasioni di crescita e di sviluppo, oppure soltanto una crisi generalizzata? Come ci potranno venire incontro la tecnologia e le competenze smart? Come potranno essere applicati o proseguiti concetti come il dislocamento, il lavoro da remoto, la casa-ufficio, la vita multitasking?
Mentre si è ormai in Fase 2 e, se tutto andrà bene, ci si metterà prima o poi alle spalle questa emergenza sanitaria, sembra giusto iniziare a interrogarsi su queste e su numerose altre questioni: sia per non restare indietro sia per guardare, in particolare al nostro territorio, in termini propositivi e non necessariamente incentrati sul mugugno e sulle polemiche, elementi che malvolentieri ospitiamo sulle nostre pagine.
Per tutti questi motivi, e cercando di tener fede alla nostra filosofia e ai nostri valori fondativi, da questo numero, sulle pagine di ‘Piazza Levante’, troverete una serie di articoli riuniti sotto il comune denominatore: ‘Il Tigullio post-Covid’. Analizzeremo temi, svilupperemo questioni, approfondiremo e indagheremo, com’è nostra natura. Sulla parte tecnologica, ci avvarremo del supporto dell’incubatore Wylab, con il quale da sempre siamo legati e del quale parliamo anche in un’altra parte di questo numero, a proposito di come le startup sono riuscite ad affrontare questi mesi difficili e a trovare soluzioni per la ripartenza.
Seconde case come uffici: l’opportunità
Ma il primo argomento a cui ci vogliamo dedicare, in questo articolo, è relativo alle seconde case. La riflessione parte da uno scritto del nostro editore Antonio Gozzi di qualche settimana fa. L’editoriale intitolato ‘Il futuro del Tigullio nel dopo Covid 19’ (clicca qui): in quella sede, Gozzi osservava come “il tema della qualità della vita, della qualità dei luoghi della nostra esistenza, della qualità dell’aria che respiriamo e dell’acqua che beviamo, della bellezza di ciò che è davanti ai nostri occhi sarà in futuro sempre più importante e ricercato. Da questo punto di vista il Tigullio ha enormi carte da giocare e – come sostengo da tantissimo tempo – il legame con la Lombardia e in particolare con Milano, storicamente importante, lo diventerà ancora di più e ci aprirà prospettive di grandissimo interesse. Moltissimi ‘milanesi’ (termine con il quale nel linguaggio della costa si è abituati a identificare i padani in genere) sono già proprietari di abitazioni nella nostra terra. Prevedo che anche grazie alla diffusione dello smart-working (altra conseguenza del Covid 19 probabilmente irreversibile) moltissimi ‘milanesi’ decideranno e saranno in grado di rioccupare le loro seconde case liguri, molte delle quali non utilizzate da tempo, non solo per fugaci weekend ma anche per periodi più lunghi: perché non vivere tre o addirittura quattro giorni alla settimana nel Tigullio e tre o quattro a Milano? Completato il collegamento ferroviario del terzo valico, l’accessibilità da nord alla nostra regione, e quindi anche al Tigullio, migliorerà di molto, e spostarsi in Liguria non sarà più l’imprevedibile avventura automobilistica (inquinamento, code, incidenti che spesso caratterizzano i viaggi in autostrada) vissuta fino ad oggi”.
Nasce l’Airbnb dello smart working
Le seconde case come luogo di lavoro privilegiato, il contesto ambientale, la possibilità di restare comunque interconnessi ma lavorando in luoghi dove la qualità della vita è decisamente migliore: sono tematiche che da sempre vengono toccate nel Tigullio e sulle quali è partita, nel 2016, anche l’avventura dell’incubatore Wylab, nato anche nella precisa direzione di far tornare ‘a casa’ i nostri talenti, andati a fare esperienza all’estero o in importanti realtà italiane.
Bello notare come poi tutti questi discorsi siano stati ripresi dal ‘Sole 24 Ore’ che, in un articolo pubblicato qualche settimana fa, ha proprio parlato del business delle seconde case a ‘uso ufficio’.
È nato infatti un Airbnb parallelo, rispetto a quello turistico: ed è l’Airbnb per il lavoro da remoto. Per il momento è partito tra Roma e Milano, ma sono già moltissime le realtà della Riviera di Levante che si stanno muovendo in questa direzione.
Roberta D’Onofrio, romana di 44 anni, è tra le prime ad averci creduto: “Da casa vacanza a smart office, il passo è breve. Per i proprietari si tratta di fare un piccolo investimento per adattare gli appartamenti, in modo da assicurare il distanziamento e le precauzioni sanitarie. Per i clienti, singoli oppure aziende che hanno interesse a trovare dei luoghi in cui i propri dipendenti possano lavorare con serenità e concentrazione, una possibilità in più. Penso che i numeri ci siano e che ci siano i margini per pensare allo sviluppo di quest’iniziativa, che è un’idea piccolissima, ma può ora aiutare a sostenere i proprietari in questa fase di emergenza e in futuro andare a convivere con l’offerta tradizionale aggiungendo un nuovo target, differente”.
La soluzione degli incubatori e degli spazi di coworking
Telelavoro, incubatori e seconde case, insomma, nel caso del Tigullio possono formare una splendida sinergia. Su tutti questi temi, sia come ‘Piazza Levante’ ma soprattutto grazie al team di Wylab, ci proponiamo di diventare una sorta di pensatoio, volto a valorizzare il meglio che abbiamo dalle nostre parti e il meglio che possiamo offrire. Ecco perché l’emergenza sanitaria può produrre pure qualche aspetto positivo e legato allo sviluppo.
I team di lavoro, nelle ultime settimane, hanno percorso nuove modalità e sinergie e i dipendenti hanno acquisito un nuovo senso di libertà, spesso con un conseguente aumento della produttività: anche per questo, la prospettiva di tornare a una giornata lavorativa in un ufficio vecchio stile sembra quasi impossibile.
I dati che sostengono i vantaggi del lavoro smart sono in circolazione da anni: nove mesi fa, uno studio di Stanford concludeva che chi lavora da remoto è il 13% più produttivo rispetto a chi lavora in ufficio. Ma niente è paragonabile all’attuale emergenza globale, che ha costretto gran parte della popolazione mondiale nel più grande esperimento di smart working di sempre. In questa circostanza, imprenditori e manager hanno dovuto abbandonare qualsiasi resistenza verso il lavoro da remoto.
E mentre questa pandemia ha spinto imprenditori e aziende a rivedere le proprie strategie di business e i propri costi, alcune soluzioni come il telelavoro sembrano essere diventate un cambiamento a lungo termine di cui non potremo più fare a meno. Un sondaggio di Gartner, condotto a marzo di quest’anno, ha rivelato che il 74% dei CFO intende spostare almeno il 5% dei dipendenti in posizioni permanentemente da remoto una volta conclusa l’emergenza del Covid 19.
Una risposta molto semplice, per garantire ai propri team un’area di lavoro sicura che rispetti tutte le misure di sicurezza necessarie per affrontare il mondo post Covid è il coworking.
Smart working, infatti, significa trovare un equilibrio che si traduce in un team ad alte prestazioni, guidato da efficienza e produttività. Un risultato che si può ottenere solo bilanciando le esigenze aziendali e quelle dei propri dipendenti in un ambiente di lavoro flessibile, e il coworking è progettato appositamente per questo.
Al momento tutti i coworking, e quindi anche Wylab, stanno riorganizzando i propri spazi per rispondere alle normative governative e di sicurezza, ridisegnando le planimetrie, le aree comuni e il modo in cui le persone interagiranno. Spazi di coworking tengono infatti alla propria community tanto quanto le aziende tengono ai propri dipendenti, e hanno come obiettivo quello di creare luoghi di lavoro alternativi che mettono al primo posto la salute, la produttività e le esigenze delle persone. Il coworking da sempre offre enormi vantaggi alle aziende e ai propri dipendenti (flessibilità, networking, attività complementari come eventi e formazione), ma oggi fornisce anche soluzioni per affrontare la nuova normalità lavorativa che ci attende.
Seconde case e rilancio della Liguria: l’incontro con Stefano Boeri
Quanto poi alle seconde case, il tema incrocia non solo i paesi della costa, ma anche quelli dell’entroterra. In un altro articolo di questo numero, parliamo di come il turismo di prossimità sia una grandissima occasione, nell’estate ormai alle porte, per le nostre vallate. Ma lo stesso discorso vale se applicato al lavoro.
E qui ci si aggancia alla recente intervista che il celebre architetto Stefano Boeri, l’ideatore del ‘Bosco Verticale’ di Milano, ha rilasciato al quotidiano ‘la Repubblica’, in particolare laddove ha sostenuto che i vecchi borghi italiani (e in Liguria sono moltissimi) possono trovare un’occasione di ripopolamento e di seconda vita proprio in questa fase post Covid.
Anche per questo, abbiamo invitato l’architetto Boeri a parlarne con noi. Lo farà sabato pomeriggio, alle ore 18,30, sul canale YouTube di ‘Piazza Levante’, nell’ambito di una conversazione a quattro che avrà per protagonisti anche il nostro editore Antonio Gozzi, l’architetto Enrico Pinna, presidente dell’associazione culturale AMS, Architettura Modernità Scienze e il sindaco di Borzonasca, Giuseppino Maschio.
Il tutto per dare il nostro contributo in termini di partecipazione e di idee.