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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

Il runner Giordano a Wylab e alla Mezza Maratona di Chiavari

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di DANILO SANGUINETI

Correre sull’Alta Via usando una via alta. Roberto Giordano è un esteta della sofferenza, la cerca, la insegue su percorsi che di base sarebbero riservati alle mandrie, alle capre, e tra queste le più atletiche. Sommare alla maratona – o ultramaratona che è bestiale fatica anche a intraprenderla su un tapis roulant – l’andare su e giù per gli scoscesi contrafforti appenninici è mestiere per amanti del cilicio.

Ci saranno anche i paesaggi mozzafiato, sospesi tra cielo e mare, tuttavia per ammirarli bisogna pagare pegno ed è un pegno impregnato di sudore, palpitazioni ed ansimi. Conquistarsi il diritto di poter godere di simili spettacoli della natura non è per tutti, può esserlo per molti a patto che si diffonda la cultura del well running, ossia del correre ‘informati’.
L’uomo giusto per avvicinarsi a una esperienza simile è il 52enne runner professionista, autore televisivo e ambasciatore delle eccellenze liguri nel mondo Roberto Giordano. Dell’Alta Via dei Monti Liguri conosce ogni metro. Si tratta di un percorso escursionistico di crinale, suggestivo e panoramico, che si snoda seguendo lo spartiacque dei monti liguri, da Ventimiglia sino a Ceparana, proprio al confine con la Toscana. Un viaggio tra costa ed entroterra, dai contrafforti delle Alpi Marittime a quelle Apuane, lungo il tratto ligure degli Appennini, tra mare e cielo, complessivamente 440 chilometri, suddivisi in quarantatré tappe e con un’altitudine media che oscilla intorno ai mille metri. La gestione è curata dall’Associazione Alta Via dei Monti Liguri, della quale fanno parte gli stessi soggetti che ne hanno promosso la costituzione e la tutela: Club Alpino Italiano, Federazione Italiana Escursionismo, Unione delle Camere di Commercio Liguri. L’intero sito è tutelato da un’apposita legge regionale promulgata il 25 gennaio 1993.

Non solo running, non tutto quanto, si possono affrontare anche uno o più tratti facendo trekking, usando le mountain bike. È chiaro che la sfida vera è correre: a quell’altezza, magari con condizioni meteo non ideali, bisogna essere allenati, nella testa ancor prima che nel corpo. E qui entriamo nel campo di gioco di un professionista della corsa ‘al limite’ e pure oltre.
Roberto Giordano ne parlerà domani pomeriggio (venerdì 21 giugno, ingresso libero), alle ore 18 a Wylab, nell’ambito della terza edizione dell’Aperitivo Sportivo. Saranno presenti anche Fabio Pagliara, segretario generale della Fidal (Federazione Italiana di Atletica Leggera) e Roberta Schiaffino e Daniela Tummolini, rispettivamente presidente e vice presidente della A.S.D. Chiavari e vere anime della Mezza Maratona che si corre in città da ormai cinque edizioni e che è in programma per dopodomani, sabato 22 giugno.

Giordano ha mostrato con il fortunato programma televisivo ‘Correndo per il Mondo’ che niente è impossibile a nessuna età, che ci sono incredibili opportunità nel nostro paese come in giro per il globo di unire sport, esplorazione, esperienza intellettuale.
Non a caso gli amministratori liguri hanno puntato su di lui per valorizzare l’Alta Via e non solo. Il sindaco di Genova Marco Bucci lo ha nominato ‘Ambasciatore della Superba nel Mondo’. Lui ha ricambiato portando la Lanterna ai quattro angoli del Pianeta. Senza trascurare l’opera di propaganda instancabile a favore dell’attività fisica di base. “Correre è bello” è il suo proclama, seguito da un monito: “Possono farlo tutti, ma gradatamente e sempre usando un metro infallibile, quello di ‘ascoltare’ che cosa gli dice il corpo e regolarsi di conseguenza”.

Se lo dice uno che ha corso quasi 50 maratone, svariati ‘ultratrail’, ossia gare su distanze superiori ai fatidici 42,195 km, competizioni a tappe su terreni impossibili, c’è da crederci. Giordano se la ridacchia: “Beh sono arrivato anche a disputare 3 maratone in neppure tre mesi. In un anno ne ho messe in fila dieci. Ho superato test tremendi come le gare nei deserti del Sahara, del Wadi Rum in Giordania e del Negev in Israele. Eppure io sino a 20 anni facevo il calciatore. Poi dovetti smettere e per tenermi in forma decisi di partecipare a qualche corsa campestre. Sembrerà strano ma molti di quelli del mio ambiente, degli ‘ultrapodisti’, non arrivano dalla corsa su pista, molti moltissimi vengono proprio da sport di squadra, il calcio segnatamente”.

Quindi c’è una chance per chiunque. “Procedere per gradi è la prima cosa, provare, e riprovare, non disarmare alle prime inevitabili asperità, non dico del terreno, dico nella resa, nella tenuta. La retribuzione è immensa. Non parlo di soldi, parlo della soddisfazione personale, della pace dell’anima. Penso proprio all’Alta Via, districarsi tra boschi e prati, avendo da un lato le vette delle montagne e dall’altra la distesa del mare. Che sia una giornata di estate o di primavera, ma anche di autunno o inverno, per i più coraggiosi, ci sarà sempre uno scorcio che vale il prezzo della fatica”.
Si avverte una passione senza limiti, quella che lo ha portato a diffondere il verbo del podista anche tra i tubi catodici. “La trasmissione ‘Correndo per il Mondo’ sulle reti Mediaset ebbe un successo inaspettato. Ne sono contento ma non mi ha fatto deviare dal mio scopo ultimo: continuare a correre, continuare a sfidare avversari, soprattutto a sfidarmi”.

Per esempio adesso sta lavorando sodo per arrivare pronto a fine estate al test definitivo. “Intendo partecipare alla corsa a tappe nel deserto Dash’e’ Lut dell’Iran. Una delle aree, il Gondon Beryan, è il punto del pianeta Terra dove è stata registrata la temperatura più alta di sempre. Qualche anno fa un satellite della NASA registrò la temperatura di 70,7 gradi centigradi”.
Non si può neppure definirla un’ultramaratona, è una gara di pura sopravvivenza. “Vero, perché partiremo con un solo zaino pieno di cibo, e dovremo farcelo bastare per un’intera settimana”. Acqua a volontà ma il cibo sarà quindi razionato: “Sto studiando con alcuni amici nutrizionisti come alimentarmi, quali cibi portarmi. Ci saranno giorni dove bisognerà fare oltre 50 km di corsa”. Roba fuori dalla portata per i comuni bipedi corridori. Che però non debbono sottovalutare i rischi. E premunirsi. “La norma ferrea per chi vuole lanciarsi in una corsa, breve o lunga che sia, è quella di avere sempre con sé una bottiglia d’acqua per quando fa caldo e una copertura termica per quando fa freddo. Andare troppo sotto o troppo sopra la temperaruta abituale è una minaccia serissima”.
Il fondista da competizione si fa serio: “Io c’ero tanti anni fa alla gara in provincia di Savona che costò la vita a un concorrente, l’ex giocatore di calcio Paolo Ponzo. Era una giornata di primavera ma incappammo in una tempesta e un gelo assolutamente anomali. Ad certo punto capii che andare oltre sarebbe stato assurdo e mi fermai. Il povero Paolo non fece in tempo a comprendere cosa accadeva”.
Perché essere un agonista va bene ma c’è sempre da rispettare la regola d’oro del podista. “Non andare mai ‘fuori giri’. Campioni come il compianto Niki Lauda ci hanno insegnato a distinguere tra coraggio e follia”.

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