di RENATA ALLEGRI *
Questo contributo al dibattito in corso sul recupero della rete sentieristica locale nasce in seguito alla recente discussione della tesi di Laurea di Gabriele Ghisleni ‘Le antiche vie dell’ardesia verso il mare’, del corso di Laurea Magistrale in Valorizzazione dei Territori e Turismi Sostenibili (LM80, DISFOR, Università di Genova).
Esattamente un anno fa, durante l’improvviso lockdown, svolgevo l’insegnamento per il Laboratorio ‘Esempi ed esperienze di sostenibilità turistica’, rivolto agli studenti del secondo anno della LM80 dell’Università di Genova. A causa dell’emergenza, ho modificato il programma, in quel frangente inattuabile, per adattarlo al momento di chiusura e ho proposto ai corsisti di esplorare i sentieri che si trovavano nei pressi delle loro residenze, per poi svolgere insieme un progetto di fruizione sicura dei percorsi in tempi di distanziamento forzato. Durante gli incontri propedeutici svolti su piattaforma, gli studenti hanno compreso con una certa sorpresa che i sentieri si trovano ovunque in Liguria (anche se in città si chiamano creuze) e che rappresentano traccia e testimonianza del passato, indicando cammini e itinerari di grande interesse. Come modello di lettura geografica-turistica-sostenibile, ho presentato i sentieri che fanno parte del mio territorio di residenza, la collina di Santa Giulia, noti perché utilizzati per il trasporto (soprattutto di manodopera femminile) delle ardesie dalle cave del monte San Giacomo fino al mare, dove venivano caricate sui leudi. Grande impressione ha suscitato in tutti la conoscenza delle azioni dell’associazione volontaria ‘Pietre Parlanti’, concreta nel recupero dei percorsi abbandonati all’incuria, alla vegetazione e dimenticati dalla memoria collettiva.
Occorre qui una piccola precisazione su quel gruppo di studenti, che per la scelta dei loro studi erano fortemente indirizzati e consapevoli che la valorizzazione di un territorio può passare solo attraverso la sua sopravvivenza e la sua conoscenza. È così che si possono salvare dall’oblio i luoghi e la loro memoria storica, collocandoli nella loro giusta finalità. Inoltre, sia l’indirizzo del corso di laurea, sia quello del laboratorio, insistono sul termine ‘sostenibile‘ (1) che, riferito al turismo, rappresenta il più recente orientamento culturale e comporta benefici all’ambiente oltre che all’economia, grazie a comportamenti e scelte consapevoli. Le importanti questioni, oggi molto dibattute, sono centrate sulla complessità di un turismo interdisciplinare, fondato su un sistema formato da altri sottoinsiemi (ovvero il turista, il territorio e le imprese turistiche) e da un trade off con le tre dimensioni della sostenibilità, dove ambiente, economia e società sono interdipendenti e devono rimanere in costante equilibrio: con l’aumentare di una di queste dimensioni, avviene l’immediata riduzione delle altre due. Il turismo sostenibile è quindi alla ricerca di una misura estremamente difficile da individuare, che si può tuttavia raggiungere grazie a governance capaci, strutturate e consapevoli.
A seguito di quel primo laboratorio, Gabriele Ghisleni, uno studente di Rapallo, impossibilitato ormai a svolgere il suo campo di lavoro nei Parco dei Vosgi, mi ha chiesto di seguirlo nello svolgimento di una tesi di laurea sulla rete sentieristica di Santa Giulia, anche con lo scopo di aiutare ‘Pietre Parlanti’ nel loro operato. Con la sua grazia e il suo entusiasmo, Oenone Lloyd, la fondatrice dell’associazione presso la quale lo avevo accompagnato per un’intervista, aveva fatto centro nell’immaginario di Gabriele.
Ma le fortune vanno raccolte e a quel punto ho proposto allo studente la costruzione di una carta interattiva che permettesse al geoturista di avere a disposizione uno strumento specifico di lettura del territorio, conducendolo a un utilizzo più consapevole della rete sentieristica.
Così Gabriele ha seguito le indicazioni e ha ricostruito la bibliografia, ha consultato la cartografia storica, ha interrogato e ascoltato il prof. Brandolini, esperto nello studio dell’ardesia e con me relatore alla tesi, ha descritto gli aspetti geomorfologici del territorio, la vegetazione, il clima, il profilo turistico dell’area, la storia, gli aspetti antropologici, ha analizzato la domanda e l’offerta turistica, ha creato un survey, ha messo tutto in relazione con un turismo sostenibile, ma soprattutto ha… camminato. E camminando ha rilevato e ha esplorato, principalmente da solo, dopo un avvio con me e molto cammino con Guido, attivo e prezioso collaboratore di ‘Pietre Parlanti’.
Durante e dopo l’approccio diretto sul campo, si è sistemato davanti al pc e ha costruito la carta multimediale, cuore del progetto.
Nelle escursioni effettuate sono state rilevate le coordinate geografiche GPS e le condizioni strutturali dei sentieri, lo stato di abbandono di alcune aree e il potenziale recupero di reperti architettonico/archeologici come le cave di ardesia abbandonate o le cappelle votive. Tutte queste rilevazioni sono annotate nella carta interattiva, con la descrizione di singoli sentieri che per ora si fermano a sette. Gli elementi della storia del luogo che sono stati presi in esame, come quelli relativi alla coltivazione dell’ardesia e a tutti quei personaggi che contribuivano alla sua estrazione, alla lavorazione e al trasporto, possiedono un passato ricco di eventi e particolarità e se narrati nel rispetto della verità e adattati a un contesto contemporaneo (il cosiddetto storytelling), possono suscitare interesse e un riscontro positivo da parte delle popolazioni residenti e dei turisti fruitori. Stiamo parlando dunque delle memorie sui cavatori e sulle portatrici, sulla destinazione dell’ardesia, sulla costruzione dei manufatti, sulle colture particolari. Il materiale storico è documentato da numerose pubblicazioni e immagini, ma esiste ancora oggi un ricordo popolare che fornisce preziosi dettagli.
Per ogni sentiero analizzato e inserito nella carta interattiva, oltre alle informazioni generali quali durata, dislivello, lunghezza e difficoltà, sono stati selezionati conseguentemente i principali punti di interesse, tramite pin point, con spiegazione e immagini digitali. A corredo finale, ogni sentiero è rappresentato in un poster illustrativo. Da un punto di vista tecnico, è stata posta attenzione sull’esperienza mobile, perché gran parte degli utenti potranno accedere all’applicazione dal proprio smarphone (o da un dispositivo mobile con uno schermo comunque ridotto) durante un’escursione. Tramite l’uso del GPS integrato del dispositivo dell’utente, l’applicazione fornisce la possibilità di rilevare la posizione e mostrarla all’interno della carta interattiva. Inoltre, questa applicazione è interamente client-side, garantendo la privacy del fruitore, continuando a funzionare anche in assenza di segnale dati (3G, 4G, ecc). Quest’ultima caratteristica si rivela utile perché nei sentieri la ricezione non è sempre ottimale, a volte addirittura assente, e avere a disposizione l’itinerario può essere un grande aiuto nel caso in cui qualcuno si perdesse durante un percorso.
La carta interattiva realizzata, pensata come strumento di attrazione turistica, è anche interamente fruibile in italiano e in inglese, perché Gabriele ha provveduto alla traduzione di tutto lo scritto e il sito sceglie automaticamente la lingua in base a quella del dispositivo che vi accede. Infine, è inserita la trasparenza dei dati tecnici, con il codice open source nella repository del portale Github, perché il progetto diventi un’occasione per iniziative simili e per implementare la cartografia interattiva ligure. Si tratta dunque di un ‘prototipo’ di strumento perfettibile, ma che getta le basi per un’indagine ancor più approfondita che utilizzi altri strumenti, per avvalersi di tutti i dati che è possibile reperire per aumentare il patrimonio (culturale e scientifico) di informazioni legate al territorio, ai suoi valori e alle sue criticità.
Si può di conseguenza affermare che le opportunità fornite dagli strumenti digitali (il cui utilizzo interdisciplinare è uno degli obiettivi di questo corso di Laurea magistrale) e la facilità con cui possono essere messi a sistema con la carta interattiva che è stata impostata con questa tesi di laurea potrebbero diventare uno strumento di conoscenza e indagine a tutto campo. A tal proposito, durante le fasi progettuali, è più volte emersa la necessità di ingrandire l’area d’azione all’intero Tigullio e, verosimilmente, alla Liguria, con una cartografia digitale attiva utile al turismo, ma non solo, che intrecci la dimensione locale con una regionale o globale. Le carte turistiche esistenti (quando presenti) differiscono fortemente fra loro in termini di legenda, simbologia e indicazioni coerenti nella continuità coi Comuni confinanti.
Un’unificazione della rete sentieristica del Tigullio in una carta turistica digitalizzata potrebbe rappresentare il primo passo di un percorso verso la creazione di una Destination Management Organisation (2) a impronta eco-sostenibile che tenga sempre presente nella sua visuale il territorio dell’entroterra e che punti alla diversificazione, come l’offerta in stagionalità diverse dall’estate. Il territorio dove l’ardesia è stata protagonista dell’economia recupererebbe la sua storia e una sua funzione contemporanea, in continuità con i ricordi del passato, perché tutta la memoria storica e scientifica (che è comunque supportata da ingente bibliografia) che riguarda l’ardesia e l’indotto che si è creato intorno ad essa, rappresenta un patrimonio di conoscenza e interesse. Il turista può entrare a conoscenza di un mondo lontano e difficile attraverso la scoperta dei percorsi dell’ardesia, che si distingue come protagonista e modellatrice non solo di un paesaggio, ma di una cultura antropologica precisa.
In conclusione, vorrei sottolineare quanto già in molti sanno: un processo di valorizzazione territoriale deve avere come obiettivo finale quello della preservazione, ma anche dell’utilizzo di risorse che perdurino nel tempo, conservando il paesaggio storico costruito, mantenendo la memoria nella popolazione residente e proponendo una corretta lettura ai turisti.
E al fine di valorizzare in modo sostenibile i nostri sentieri, unici nella loro costruzione, nella presenza di manufatti di pregio come le cappelle, le caselle, i casoni, i ponti, gli ingressi delle cave, il terrazzamento con la canalizzazione per l’arginamento dei rii, nella dimensione delle grandi e pesanti ciappe che ancora sostengono i nostri passi, nella fine tessitura dei muri di contenimento e di confine costruiti grazie al materiale di scarto delle cave di ardesia (provate a fare il confronto con i muri terrazzati delle isole Baleari, delle isole greche o delle stesse Cinque Terre, costruiti con pietre grandi e rozzamente irregolari), mi chiedo se questa unicità non potrebbe inserire questi stessi percorsi in un nuovo Paesaggio Culturale Unesco (3), partendo proprio dalle vie dell’ardesia. Mi riferisco ad un progetto che comprenda l’intera rete di sentieri del Tigullio, che collega il territorio dalle preziose Portofino a Sestri Levante, insieme all’omogeneità paesaggistica della collina costiera. E qui si potrebbe aprire un altro dibattito sulla sopravvivenza del terrazzamento, sul paesaggio costruito e su quello percepito, sulle emergenze ambientali, sul recupero della regimazione antica delle acque, sull’utilizzo stesso della risorsa acqua dolce, sulle prospettive sociali e su quelle economiche.
Perché un percorso, o un sentiero, porta sempre a molte destinazioni.
(*geografa, docente)
NOTE:
(1) “Lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri”, dal Rapporto Brundtland, 1987, p.173.
(2) Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, la Destination Management Organization (DMO) è la gestione coordinata di tutti gli elementi che compongono una destinazione (attrazioni, accesso, marketing, risorse umane, immagine e prezzi) e adotta un approccio strategico per collegare tra loro entità molto diverse per una migliore gestione della destinazione.
(3) I Cultural landscapes sono aree geografiche o proprietà distinte che in modo peculiare e che “…rappresentano l’opera combinata della natura e dell’uomo“. Questo concetto è stato adattato e sviluppato nell’ambito dei forum internazionali sui Patrimoni dell’umanità (UNESCO) come parte di uno sforzo internazionale per riconciliare “…uno dei più pervasivi dualismi del pensiero occidentale – quello di natura e cultura” (PANNELL S., Reconciling Nature and Culture in a Global Context: Lessons form the World Heritage List,2006). In Italia ne sono riconosciuti fino ad ora otto e capofila è stato quello di ‘Portovenere, Cinque Terre, Isole’ nel 1997.