di MATTEO GERBONI
Il cellulare è perennemente occupato per ore. Quando è libero, risponde al primo squillo.
Professor Matteo Bassetti (direttore della Clinica di Malattie infettive del San Martino), la cosa peggiore in tempo di emergenza è che prevalga una logica di emergenza, cioè che l’emergenza si impossessi delle menti, oltre che dei corpi.
“Sono contro l’allarmismo perché questo genera soltanto panico, e quando si genera il panico il sistema sanitario rischia di andare in tilt. Generare il panico non è lo strumento giusto per governare questa emergenza. E lo ripeterò sino quando avrò voce per farlo”.
Diecimila contagiati in tutta Italia.
“Posso dire che questo dato rappresenta soltanto la punta dell’iceberg. Nel nostro reparto continuiamo a ricevere tamponi positivi di persone che hanno avuto semplicemente tosse e raffreddore o sono stati addirittura asintomatici. Significa che in tutto il nostro Paese il contagio è stato dieci volte superiore. Ossia migliaia di persone in più hanno già contratto il virus e la maggior parte non se n’è neppure accorta. Ha accusato soltanto i sintomi di una banale influenza”.
Questo indicherebbe che la letalità è molto bassa.
“Fin dall’inizio ho detto sempre una sola cosa: che i numeri di questa infezione alla fine diranno che è più simile alla pandemica del 2009 che non alla SARS”.
Quando sarà possibile capire quali soggetti hanno sviluppato gli anticorpi per il Covid 19?
“Superata l’emergenza questo dovrà essere lo step successivo. Penso che già da giugno o luglio si potrà ad esempio monitorare i donatori di sangue o rendere obbligatorio questo screening negli esami per iniziare ad avere una fotografia più nitida e reale di quanti hanno contratto la malattia”.
Professore, lei è stato il primo ad annunciare l’apertura di un canale di rifornimento con gli Stati Uniti per un farmaco che potrebbe essere un ottimo alleato nella battaglia contro il virus.
“È vero, abbiamo ordinato dagli Usa, perché da noi non è in commercio, un farmaco chiamato Remdesivir. Inizialmente nato per curare l’Ebola, ha dimostrato di avere una buona reattività sia per il coronavirus Sars che per il Mers-Cov. Ora nel nostro ospedale lo stiamo usando per i pazienti in terapia intensiva e per quelli che manifestano una polmonite interstiziale importante. Le cose sembrano andare bene, l’impressione è che funzioni. È ovvio che però al momento si naviga a vista, stiamo affrontando un virus che ha tre mesi di vita, del quale sappiamo veramente poco”.
Per un possibile vaccino, i tempi sono lunghi?
“All’inizio si parlava di almeno 9-12 mesi per scoprirlo così da poter iniziare la produzione. Ora arrivano notizie da Israele, dove si sarebbe vicini alla sperimentazione di un vaccino sull’uomo. Come avvenuto in Cina stiamo anche usando un farmaco biologico, il Tocilizumab, che sembra essere utile per rallentare la cascata virale. In questi giorni ho chiesto uno studio sugli effetti della Vitamina C per aumentare le difese, ma le risultanze sono negative”.
Nella regione di Hubei, il primo focolaio del Coronavirus, non sarebbe stato registrato alcun nuovo caso.
“Penso sia il frutto delle misure draconiane adottate. Mi auguro che l’innalzamento delle misure anche da noi e la presa di coscienza di tutti, possano dare i frutti sperati: però dobbiamo remare tutti nella stessa direzione”.
Quando arriverà il picco dei contagi in Italia?
“Pur non avendo la sfera di cristallo, si può dire che qualche beneficio, date anche le ultime misure del governo, potremmo iniziare a vederlo nelle prossime due o tre settimane. Ma poi occorrerà ancora fare tanto, dobbiamo mantenere alto il livello di attenzione: penso che queste misure faranno parte della nostra vita anche per il futuro…”.
Che succederà con l’arrivo dell’estate e delle alte temperature?
“Difficile prevederlo, anche se una cosa possiamo dirla. Se guardiamo al passato, la Sars con l’estate è sparita. Se le misure contenitive funzionano, può darsi che ci siano buoni risultati anche nel lungo periodo. Il Coronavirus potrebbe anche tornare dopo l’estate ma ci auguriamo che nel frattempo ci sia un vaccino e che magari chi è venuto in contatto col virus ne abbia sviluppato gli anticorpi, ne sia sensibilizzato. Ma oggi possiamo solo sostenere le misure in campo, senza mollare di un centimetro e fare ognuno la propria parte: noi medici dobbiamo restare uniti, lontani dalle polemiche e la gente però deve fare il proprio sforzo”.
Sembra che il messaggio lentamente stia arrivando a destinazione. Basta scuse, né alibi. Dobbiamo rinunciare tutti a un pezzettino di presente, per avere un futuro.
“All’inizio sono mancati i comportamenti di buona educazione civica che gli italiani dovevano avere. Stare a casa con la tosse, il raffreddore o la febbre, non bisognava andare nei pronto soccorso soprattutto se non si era gravi. Questo era il primo messaggio, perché se tutti avessimo fatto così fin dal principio non saremmo qui. È verosimile, infatti, che qualcuno che non stava bene andasse in giro, perché questa è la ragione per cui oggi abbiamo così tanti casi. Oggi le persone devono uscire solo per lavorare o per motivi di salute. Evitiamo totalmente i contatti con soggetti anziani e fragili oltre a non andare in luoghi dove ci sono tante persone insieme o in luoghi piccoli e stretti. Lavarsi le mani tantissime volte al giorno, il più possibile, e disinfettare le superfici tra cui anche il cellulare”.
Un accorgimento che spesso viene dimenticato.
“Da uno studio recente, emerge che il novanta percento dei giovani tra gli undici e i diciotto anni non pulisce mai il cellulare. Quando si arriva a casa, poi, ci laviamo le mani ma non puliamo il cellulare, che è stato tutto il giorno nelle nostre mani sporche e con lo stesso cellulare in mano cuciniamo, mangiamo, andiamo a dormire. Per pulirlo, è sufficiente utilizzare un liquido per vetri (classico vetril) spruzzato su un panno umido (non direttamente sul cellulare); spegnere lo schermo e strofinare il panno umido sulle superfici anteriore e posteriore; successivamente ripassare un panno asciutto per togliere gli aloni. L’alcol rosa (denaturato) non è un disinfettante bensì un batteriostatico con buon potere pulente ma non uccide i germi, li essica temporaneamente. Se si vuole disinfettare il cellulare si può anche usare l’alcol etilico al 70%, che, essendo meno concentrato, uccide il germe mediante lo scioglimento della parete batterica”.
Il suo reparto sta diventando un modello di riferimento a livello nazionale.
“Sono orgoglioso di tutti coloro che lavorano con me. E mi ha fatto male ricevere una serie di attacchi personali ignobili e vergognosi che ledono non solo la professionalità mia, ma quella di tutte le persone che operano nella rete infettivologica. Le mie posizioni? Le confermo. Nessuno ha mai voluto banalizzare, si è semplicemente detto che i numeri alla fine daranno ragione a chi dice che questa è molto simile a un’influenza pandemica, che non vuol dire influenza stagionale. Ma parleremo alla fine di chi ha ragione. Ora lasciamo da parte tutte le polemiche. E comunque sono tantissime le donazioni da istituti bancari, aziende e privati nei confronti del nostro reparto. Sono arrivati bonifici da centomila euro, ma anche piccole somme. E tanti messaggi di solidarietà e di stimolo ad andare avanti, a non mollare. Devo dire che Genova e la Liguria nei momenti di difficoltà dimostrano sempre di saper fare squadra e tendere la mano a chi si trova in difficoltà. Posso aggiungere una cosa?”.
Prego.
“Il nostro reparto curerà nel modo migliore anche chi oggi ci sputa in faccia. E lo dico senza fare polemica, ma semplicemente per stemperare i toni. Il mio gruppo di lavoro è straordinario, dal primo all’ultimo”.
Professore, quante ore dorme a notte?
“Tre ore e sempre con il cellulare acceso, ma quando un paziente guarito lascia il reparto, la stanchezza non la sento più per tutto il giorno”.
Il messaggio è forte e chiaro: uniti, insieme, si vincerà anche questa sfida epocale. Con coraggio. Senza paura.