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Giovedì, 8 giugno 2023 - Numero 273

Il “professionista” dei videogame: la storia di Mattia Guarracino, campione di Fifa su Ps4

Sampdoria | eSports | Alimi-Guarracino - Ritratti Mattia Guarracino (videogiocatore Sampdoria)
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di ALBERTO BRUZZONE

Ma tu che lavoro fai? L’eSporter. Cioè? Cioè il giocatore competitivo di videogame. Nel novero delle nuove professioni, quella di chi affronta sfide a livello mondiale nel campo dei videogiochi è certamente una delle più curiose e da scoprire.

Il gioco, o meglio il videogioco, diventa lavoro quando, oltre a essere un fenomeno con il joypad in mano, si crea intorno a ogni singolo giocatore ‘professionista’ un movimento che include sponsor, marketing, opportunità di sviluppo e che trascina intorno a sé milioni di spettatori in tutto il mondo. È un mercato parallelo, ma assolutamente di primissimo livello, rispetto a quello dello sport tradizionale.

Si chiama eSport, laddove il prefisso ‘e’ sta per sport elettronico, ovvero il videogame, che viene giocato in maniera competitiva dai migliori ragazzi di tutto il mondo. Come nello sport vero e proprio ha le sue regole, i suoi atleti, i suoi allenatori, le fasi di preparazione, i tornei, gli stadi, il movimento di pubblico che genera indotti milionari. Negli Stati Uniti, in Giappone e Corea del Sud il boom è ormai acclarato da anni, in Europa stanno andando forte Germania e Inghilterra e, a poco a poco, il livello, la qualità e i flussi d’interesse ed economici degli eSports stanno crescendo sempre più anche in Italia.

Di questi temi si è parlato ieri pomeriggio a Wylab, nell’ambito dell’interessante convegno intitolato ‘eSports: dal sogno al successo. Il mondo degli sport elettronici: opportunità di business e nuove professioni’, promosso dall’incubatore sportech chiavarese insieme all’associazione Tigullio Crea Impresa e a Campus Party Sparks, realtà che ha da tempo al proprio interno un suo team di eSporters, con il patrocinio di Regione Liguria e Assi Manager.

Si è parlato del fenomeno, del suo status in Italia nel 2019, del pubblico e, soprattutto, delle opportunità di lavoro, anche attraverso le esperienze di chi già da tempo opera nel settore e, tra i primi, ne ha intravisto il business. Molto interessante la parte su come le società sportive possono trasformare in asset gli eSport.

Il primo eSporter italiano
Dalla teoria alla pratica, tra le prime nel nostro paese è passata una società ligure: la Sampdoria. Il primo eSporter italiano, per ‘anzianità’ sul campo, per numero di trofei vinti e per influenza in tutto il circuito si chiama Mattia Guarracino, ha ventisette anni ed è originario di Roma. Da qualche anno veste i colori blucerchiati ed è in tutto e per tutto un tesserato della Samp, come i calciatori veri e propri (anche se non con lo stesso ingaggio… o perlomeno non ancora).

È un giocatore professionista e competitivo di Fifa, vale a dire il videogioco del calcio più gettonato di tutto il globo, al quale solamente Pes, ovvero Pro Evolution Soccer, si avvicina. Guarracino, che sulla rete è conosciuto con il nickname di Lonewolf92, è l’apripista di un movimento che, proprio intorno al calcio giocato con il joypad (la piattaforma di riferimento è la PlayStation 4), sta nascendo in Italia.

Dopo la Sampdoria, anche altre squadre hanno ‘assunto’ un loro portacolori (Roma, Cagliari, Parma, Bologna e Torino), mentre la Lega Serie A è ormai prossima a varare il primo campionato di eSerie A della sua storia: il velo sulla manifestazione dovrebbe essere tolto a gennaio. E già si intravede il derby genovese: l’avversario di Lonewolf92 sarà Woski99, al secolo Mattia Mannella, che difende i colori del Genoa.

Il calcio tradizionale cerca nuovi ‘alleati’
Ma perché le società di calcio ingaggiano gli eSporter? Come hanno finito per incrociarsi i due mondi? Le risposte sono molteplici. Quando il movimento ha preso sempre più a crescere, ha portato con sé sponsor, indotto, pubblico, soprattutto giovanile. In parte anche sottraendolo al calcio ‘vero’. Non è raro che, specie tra la Generazione Z, ma anche oltre, ci si avvicini al calcio giocato e ai suoi protagonisti dopo aver approcciato il videogame, con un singolare quanto sorprendente rovesciamento di prospettiva. Quando si pensa a un format ‘eterno’, pur con tutte le sue evoluzioni di sorta, viene in mente subito il calcio.

Eppure, non è affatto così. E per incontrare le nuove generazioni, l’ambiente si è reso conto di aver ‘bisogno’ degli eSport, e che fare la guerra a un nascente colosso sarebbe stato inutile, oltre che improduttivo. Da qui, ecco le ‘costole’ eSport di ogni singolo club, realtà già consolidate nella Liga spagnola, nella Bundesliga tedesca e nella Premier inglese, e ora prontissime pure in Italia.

Il racconto di Mattia Guarracino
In questi giorni, Mattia Guarracino sta disputando le qualifiche del Mondiale per Club, proprio con la maglia della Sampdoria (le immagini di questo articolo sono state fornite da Simone Arveda di Pegaso Newsport). “Siamo – racconta – nella fase a gironi, che è suddivisa tra serie A, serie B e serie C. Bisogna arrivare tra le prime nove e stiamo giocando le ultime partite. Se arriveremo tra le prime nove, ci qualificheremo alla Fifa eClub World Cup”.

Mattia parla al plurale, perché è vero che davanti allo schermo è da solo, ma è al tempo stesso anche ‘team’, nel momento in cui veste dei colori societari. “Al momento, queste fasi sono tutte online, ognuno gioca dalla propria postazione. Le fasi finali, invece, sono sempre dal vivo. L’anno scorso si sono disputate a Londra, di fronte a migliaia di spettatori, mentre altri milioni hanno seguito le partite in streaming”.

Gli eSports, per la cronaca, arrivano a toccare picchi di cento milioni di persone collegate, numeri inferiori soltanto a una finale del SuperBowl americano, tanto per rendere l’idea. “Il Mondiale per Club è giunto alla quarta edizione. Alle ultime tre ho partecipato. Il gioco? È Fifa 2020. Io gioco competitivo sin dal 2006, e il mio primo Fifa, il 1998, me lo regalò mio nonno. Ma la mia passione per i videogame inizia molto prima, già a quattro anni, con il Kick Off della Nintendo. In questo momento Fifa rimane il top, anche se Pes è comunque un prodotto molto buono”.

Sono tantissimi, in giro per il mondo, i tornei di eSports e le manifestazioni competitive di videogiochi, anche non prettamente sportivi. Un esempio su tutti? Il gioco ‘League of Legends’, capace anch’esso di fare numeri enormi. “Ma il calcio è tutta un’altra cosa – ammette Guarracino – perché è infinitamente più popolare”.

Il ragazzo è abile, ma non solo con i videogiochi. Perché è pure estremamente intelligente: “Quando ho capito che potevo trasformare la mia passione in lavoro, ho allargato il discorso a 360 gradi. Oggi ho il contratto con la Sampdoria, partecipo ai tornei competitivi ma ho anche una mia società di eSports dove mi occupo di formazione, consulenza, organizzazione di eventi. Questo mondo è in rapida ascesa e cerco di affrontarlo da tutti i suoi punti di vista, cogliendone tutte le singole opportunità”.

Guarracino racconta il suo percorso personale: “Tutto è iniziato nel 2006, quando avevo 14 anni. L’azienda Euronics organizzava un evento nazionale, con Fifa World Cup. Io giocavo di solito con mio padre, o anche online, ma senza particolari pretese. A Roma andai a fare il mio primo torneo. Non mi sentivo preparato, eppure vinsi per 11-0 la mia prima partita. Poi andai avanti nelle fasi finali che si disputavano a Milano, e mi resi conto di quante persone erano state messe in contatto, grazie al videogioco. Si era creato un circuito vero e proprio. Da lì è iniziata la mia avventura nelle manifestazioni a carattere competitivo”.

Dal 2008 in poi, come racconta lo stesso Mattia sulla sua pagina Facebook (che è arrivata a contare quasi ottomila followers, mentre il canale YouTube ne assomma circa settantamila), “per sei volte ho vinto il titolo italiano. Sono arrivato terzo ai World Cyber Games in Corea del Sud, quando ancora non si parlava di FUT: e i Mondiali erano quelli. Sono arrivato terzo anche in Polonia, agli Europei e sono stato Campione Europeoalle Ems IX. Oggi gioco per me e per la Sampdoria. Ne abbiamo fatte di cose insieme: tanto per dire, con i blucerchiati ho fatto la FICWC a Londra, la Levante UD eSports Cup e la Sampdoria eSports Cup, il primo evento per e-club nel nostro paese. Sono stato il primo videogiocatore in Italia a indossare la maglia di un club di calcio e sono pronto a giocare nel primo campionato di eSerie A, quando si decideranno a farci giocare. Vesto la maglia numero 92, come il mio anno di nascita. E spero tanto di esultare così in uno stadio pieno per un gol. Un giorno o l’altro succederà”.

La giornata tipo dell’eSporter
Guarracino, che si definisce “tifoso della Sampdoria”, racconta la sua giornata ‘tipo’: “Di solito mi alzo al mattino e inizio a studiare il gioco. Rivedo le mie partite, faccio analisi, cerco di capire quali errori sono stati fatti e dove posso migliorare. Poi, mi occupo della mia società. Quindi, inizio a giocare, quasi sempre contro avversari online. Altro tempo lo dedico alla cura dei miei canali social, ai corsi, alla formazione. Bisogna sempre essere ‘sul pezzo’, perché Fifa ogni anno cambia e occorre trovare sempre nuove motivazioni, nuovi stimoli. Noi siamo come i calciatori che scendono in campo, ma al tempo stesso siamo anche allenatori di noi stessi. Come nel calcio vero e proprio, ci sono le tattiche, i moduli di gioco, gli atteggiamenti differenti, il differente modo di scendere in campo e di approcciare le partite. Io, ad esempio, prediligo il gioco sulle fasce, con gli esterni, poi di solito schiero due attaccanti, oppure una prima punta pura e un rifinitore. L’allenamento è importante, ma altrettanto importante è la partita ‘vera’, lo scontro sia online che nel contesto di un’arena, dove maturi la freddezza giusta che ti serve per vincere la partita, dove raggiungi il livello di competizione adeguato, dove sai che puoi ottenere i risultati”.

Quasi mai questi campioni giocano contro il computer, perché ormai è diventato troppo ‘scarso’ per loro, “ma soprattutto perché è prevedibile, ha sempre lo stesso stile di gioco, non contempla le variazioni che possono invece esser date da un giocatore in carne e ossa. Stufarmi? Come nello sport in generale, ci sono i momenti in cui rendi di più e quelli in cui rendi di meno. Ma sono anche fiero che la mia grande passione sia diventata un lavoro e in questo sento anche la responsabilità di andare avanti”.

Secondo Mattia, “per conoscere alla perfezione il gioco, devi conoscere assolutamente il calcio, quello vero. Difatti io, come molti altri miei colleghi, siamo degli ex calciatori. Perché solo se hai giocato sul campo, puoi maturare una certa sensibilità. Quindi non sarei così negativo, rispetto al mondo del calcio tradizionale. Senza quella base, non potrebbe esistere neppure il videogioco”.

A chi demonizza i videogame, Lonewolf92 risponde: “Come tutte le cose, vanno usati con criterio. Chi sta chiuso in casa venti ore davanti a un video ha chiaramente dei problemi, ma sono poi gli stessi di chi sta chiuso in una birreria, o anche di chi nuota per venti ore. Io posso dire che, per mia fortuna e anche grazie al mio atteggiamento mentale, dai videogiochi sono riuscito a ricavare solamente positività. Se non fosse stato per i videogiochi, oggi non farei questo lavoro, non avrei visto posti come Londra, Las Vegas, New York, il Giappone, la Corea. Non avrei così tanti amici in tutto il mondo. Non avrei migliorato così tanto il mio inglese. Non sarei mai stato Lonewolf92”.

Poi è anche vero che, proprio come nel calcio vero, ‘uno su mille ce la fa’, come diceva una vecchia canzone. Ma questa è decisamente un’altra storia.

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