di MATTEO MUZIO
Dopo una breve luna di miele con l’elettorato durata circa sei mesi, Joe Biden è diventato uno dei presidenti più impopolari della storia americana, a esclusione del suo immediato predecessore Donald Trump. Eppure, date le scarne maggioranze congressuali, ha saputo approvare la quasi totalità dei provvedimenti che aveva programmato, compreso anche il Build Back Better in scala ridotta e con un nome ingannevole, ‘Inflaction Reduction Act’, che accontenta i due senatori centristi.
Quindi, cos’è successo di preciso? Semplicemente Joe Biden è il primo presidente americano dopo la Seconda Guerra Mondiale a non essere riuscito ad attirare i riflettori dei media su di lui. Perché Donald Trump non se n’è mai andato via. Questa è la tesi di fondo del libro ‘Biden: primo tempo’, scritto da Valentina Clemente, giornalista, ex fellow del think tank conservatore American Enterprise Institute (qui i dettagli: https://santellionline.it/products/biden-primo-tempo-viaggio-tra-speranze-e-contraddizioni-di-un-paese-chiamato-america). Donald Trump, quindi, ha continuato a dominare la scena come mai prima, scomparendo soltanto durante i giorni del secondo impeachment a inizio 2021, per poi tornare prepotentemente sulla scena.
Scrive Clemente che quella di Trump è una vera presidenza ombra, con tanto di ufficio e staff da leader esiliato ingiustamente da una “elezione rubata”, come ripete ossessivamente. Effettivamente anche le elezioni di metà mandato dello scorso novembre si sono caratterizzate come un referendum a doppia domanda: “Apprezzate la presidenza di Joe Biden? In caso contrario, vorreste un ritorno al potere di Donald Trump?”.
Gli elettori hanno risposto di no a entrambe le domande. Eppure, l’alternativa non si è manifestata. Se a sostenere Donald Trump c’è un cerchio magico composto in parte da donne, a cominciare dalla stratega Kellyanne Conway, che lo hanno aiutato a costruire una sorta di presidenza in esilio nell’immensa tenuta di Mar-a-Lago, in Florida, con tanto di ufficio e di scrivania, come a corroborare le fantasie dei cospirazionisti più scalmanati, secondo cui la presidenza di Donald Trump non sarebbe mai finita, ma attende il momento propizio per tornare di dominio pubblico.
Anche Joe Biden ha avuto nel primo biennio due donne come principali sostegni: Nancy Pelosi come speaker della Camera dei Rappresentanti e Kamala Harris come vice con il suo prezioso potere di spezzare i “tie” al Senato, quei pareggi che, essendo l’assemblea spaccata a metà con 50 senatori per schieramento, sono stati un avvenimento piuttosto consueto.
Il problema è che Harris ha dimostrato la sua inadeguatezza come leader e successore non soltanto durante la catastrofica campagna elettorale del 2020, dove la sua principale preoccupazione era quella di seguire i trend sui social. Anche i dossier che avrebbe dovuto seguire, primo fra tutti quello sulla sicurezza del confine con il Messico, la indicano come una candidata alla successione debole e divisiva. Nancy Pelosi, al contrario, ha sempre mostrato una certa efficienza nella gestione degli affari al Congresso, essendo una veterana della politica, ma ormai appartiene al passato, avendo ceduto la leadership al cinquantenne newyorchese Hakeem Jeffries.
Lo scorso novembre è arrivato un primo giudizio sulle possibili candidature per il 2024 di Trump e Biden. L’ex presidente Trump non ha potuto fregiarsi della striminzita vittoria nonostante una possibile incriminazione in arrivo dal dipartimento di giustizia sul suo possibile coinvolgimento nell’insurrezione del 6 gennaio 2021 che vide l’assalto a Capitol Hill (nel libro di Valentina Clemente c’è un utilissimo capitolo che descrive gli eventi minuto per minuto) durante la certificazione del voto. C’è già chi ha previsto per lui una corsa elettorale che si svolgerebbe interamente dietro le sbarre (lo fece nel 1920 il candidato socialista Eugene Debs, incarcerato per il suo sabotaggio dello sforzo bellico americano durante la Prima Guerra Mondiale) ma più probabilmente la campagna elettorale incrocerà gli eventi di vari processi durante i quali l’ex presidente ribadirà più volte di essere un “perseguitato politico”. Dall’altra c’è Joe Biden, sempre più affaticato, che ha comunque deciso di ricandidarsi nonostante le gaffe verbali e le fragilità fisiche. Solo che, come abbiamo detto, la sua vice è molto debole come candidata. E quindi avanti con il presidente in carica, perché l’ipotesi di primarie aperte drenerebbero preziose energie che invece servono per combattere un Trump risorgente. Questo inedito dualismo, che già ha segnato il “primo tempo” della presidenza di Joe Biden, probabilmente arriverà fino alle prossime elezioni.
