di DANILO SANGUINETI
Cosa si può immaginare di più distante, per concezione ed utilizzo, tra quanto viene modellato dal tornio e quanto viene plasmato da un mattarello? Dall’implacabilmente liscio e algido tondello al fragrante e deliziosamente contorto pansoto c’è un abisso. Un inatteso ponte è stato gettato trentotto anni or sono a Lavagna.
Per trovare il nesso devi chiamarti Dasso. Un cognome che ha acquisito una patina Dop quasi più splendente di quella che accompagna i prodotti del suo pastificio. Una azienda a conduzione totalmente familiare, non fondata ma forgiata con un passaggio apparentemente ardito dalla fucina al forno, un balzo in avanti pensato e realizzato senza starci troppo a rimuginare – la quintessenza del vero imprenditore – dal patriarca Gianni.
Per cosa è rinomato un pastificio? Per la pasta fresca, direbbe Lapalisse. Mettiamo l’accento sull’aggettivo perché la sensazione di purezza, originalità, naturalezza, freschezza diventa convinzione non appena si mette piede all’interno del negozio in via Roma 128 a Lavagna. Il nuovo modernissimo design colloca il banco vendita di sbieco rispetto all’entrata, il cliente ha di fronte invece la vetrata dalla quale si intravedono, in una teoria diagonalmente propositiva, i tavoli e i macchinari dove si confezionano i prodotti che immediatamente dopo vengono sistemati negli espositori da presentare al pubblico. Trasparenza ma anche reminiscenza della catena di montaggio: dai materiali di base al manufatto, tutto avviene sotto lo stesso tetto.
Artigianato di livello alto, che ha nozione delle tecniche industriali avanzate, una ricetta da sempre vincente dalle nostre parti, povere di materie prime e ricche di ingegno. Il Pastificio Dasso ha questi fondamentali ‘asset’ e sa come farli fruttare, la controprova che l’industria alimentare potrebbe essere il nostro petrolio. Lo aveva capito esattamente 38 anni fa, nel febbraio 1986 il dipendente della Fincantieri Gianni Dasso. Partono qui, al civico 130 di via Roma e sono in tre: lui, la moglie Alina e Gianna, che arriva dall’esperienza in un pastificio di Sestri. Il signor Dasso era tornitore alla Fit: in quegli anni la principale fabbrica del Tigullio va in crisi – seguendo l’onda nera della stagnazione dell’intero ‘Primo Mondo’ – e viene messo in cassa integrazione come gran parte dei suoi colleghi. Ha come hobby quello di aiutare la sorella Olga che con il marito Mario ha un pastificio a Rapallo: decide che è arrivato il momento di osare. Il pastificio più antico di Lavagna, ‘Carmen’ aperto negli anni Sessanta è in vendita.

Racconta Gianni Dasso. “Seppure con grande timore e titubanza, e con alcuni che cercavano di dissuadermi, presi l’occasione al volo, confortato da mia moglie, nonostante ci fosse la preoccupazione di fare un grande passo, anche economico – i soldi erano quelli che erano – con la mia liquidazione e quella anticipata di mia moglie, comprammo l’attività, avviandola a conduzione familiare”.
Oltre a Olga anche le altre sorelle di Gianni, Rica e Graziella, lo supportano. Alina, che arriva dal mondo della moda, sceglie la carta mille-righe in diagonale, ‘stilosa’ quando il termine neppure era stato inventato, ed i sacchetti trasparenti che portano dappertutto il nome del pastificio Dasso. Sempre la signora Alina sovrintende al restyling del negozio, pensando come motivo conduttore alla tradizione che per lei significa ?prodotto, immagine, pulizia, rigore e sobrietà”. Aiutano anche lo zio Piero, la nonna e la figlia maggiore dei Dasso, Roberta, che inizia a Pasqua dello stesso anno, all’età di tredici anni, poi partecipa saltuariamente, soprattutto durante i fine settimana, mentre prosegue gli studi. Lo stesso farà in seguito la figlia più piccola, Rossella. Nei mesi il successo commerciale diventa travolgente, arrivano altre storiche collaboratrici, Maurizia e poi Silvana.
Inizialmente i prodotti per la vendita erano pochi: ravioli alla genovese e di magro, pansoti piegati a mano e tortellini. I raviolini venivano serviti solo il sabato e la domenica. Non mancavano i classici gnocchi, le trofie bianche e i vari formati di pasta all’uovo: lasagne, fettuccine e taglierini realizzati con semola di grano duro, una farina speciale che allora nessuno usava, apprezzata da subito.
Il negozio prospera, si sposta di un paio di numeri (132), sempre in via Roma ma c’è da aggiungere un magazzino per lo stoccaggio della farina.
Nel 1995 nuovi macchinari, frigoriferi più ampi e una valanga di prodotti: sugo di funghi, di porri, i pansoti quadrati grandi, i tortelli di zucca e di carciofo, le trofie verdi e di castagna, la pasta corta, ed i corzetti. Quest’ultimi, riscoperti negli anni Novanta, sono stati personalizzati dal pastificio Dasso attraverso l’utilizzo di una macchina artigianale, che stampa sul corzetto il nome del pastificio e lo stemma della Torre del Borgo. Nel 2003, ultimati gli studi universitari, si aggiungono stabilmente anche le figlie Roberta e Rossella. Maurizia e Katia stanno per diventare mamme, Lisa ed Anna, arrivate per sostituirle in quel periodo, sono ancora oggi in negozio.
Nel luglio 2008 ultimo mini trasloco: si passa al civico attuale, n. 128, progettato da Andrea Giorgi, marito di Roberta. Le sue figlie entrano in squadra e suggeriscono come rendere il packaging più allettante e come abbinarlo a gadget utilissimi: il vasetto di pesto in confezione regalo, il ricettario che accompagna i prodotti con istruzioni e consigli sugli abbinamenti pasta e salse.
Roberta è oggi il primo ufficiale di una nave che naviga con il vento in poppa. “Tutto quello che vendiamo è artigianale e preparato ogni giorno, ha quindi tempi di cottura e modalità di conservazione diverse da qualunque altro prodotto di pasta fresca”.
Nel 2018 l’edificio barcolla. La prematura scomparsa di Alina fa venire meno uno dei capisaldi del pastificio. “Solo con il passare del tempo e attraverso gli insegnamenti che ci aveva trasmesso, siamo riusciti a trovare il coraggio per ripartire, nel nostro percorso lavorativo”.
Nello stesso anno si sviluppano numerosi progetti. Inizia un intenso e costante rapporto con ‘Eataly alti cibi’nella sede di Genova al Porto Antico: una vetrina importante. “Ogni mattina partiamo da Lavagna per portare a Genova i nostri prodotti appena fatti”, la missione è affidata a Rossella. Organizza e segue personalmente numerosi corsi per la preparazione dei primi piatti di pasta fresca.

Rossella è piena di energie e fortemente motivata: raggiunge con farina e mattarello anche le sedi di Eataly diTorino e di Monaco di Baviera. Gli impulsi che partono da via Roma raggiungono e impressionano mezza Europa. E coinvolgono le eccellenze del territorio. L’utilizzo di farine speciali come quella ricavata dalle Nocciole Misto Chiavari consente di prendere parte al Presidio Slow Food.
Le orate di Aqua, l’acquacoltura al largo di Lavagna, sono pescate, sfilettate e cotte nella cucina del pastificio nel giro di poche ore. E i ravioli di orata fresca conditi con il sugo di vongole sono apprezzatissimi. L’alba degli anni Venti trova il Pastificio al massimo del suo fulgore, niente sembra poter oscurare il cielo sopra via Roma ed invece…
Roberta sospira: “Le prime settimane furono uno choc. Poi come tutti gli altri ci rimboccammo le maniche. E il 3 aprile riaprimmo”.
Dalle prove più dure ed inattese solo i più bravi riescono a uscirne ancora migliori. Ed infatti. “Eravamo tempestati di richieste dei nostri prodotti, da Milano era una telefonata continua. Allora pensammo a come rispondere. Il nostro è un prodotto fragile, delicato non ce la sentivamo di affidarlo ad un corriere. Va consumato entro 24 ore dalla sua preparazione e sempre mantenuto fresco. Così pensammo di prepararlo e consegnarlo noi personalmente, il giorno stesso a Milano! Grazie a Fabio Locatelli, carissimo amico, lavagnese di adozione e gestore di un ristorante nel centro, abbiamo la possibilità di appoggiarci alla sua struttura. Cosa che accade ancora oggi. Anche se non è più il ristorante ma ‘Le Zitelle’ che è la vineria di Susanna, la compagna di Fabio Locatelli e si trova in via Coni Zugna. E i nostri amatissimi clienti continuano ad aspettare le loro ordinazioni anche lì, una volta al mese!”.
Ripristinati i legami con le varie diramazioni. Roberta elenca: “Il servizio su Genova prosegue ogni mattina non solo per Eataly. Portiamo le nostre specialità anche presso la gastronomia Maragliano in via Innocenzo Frugoni nei pressi di via XX Settembre, e a diversi ristoranti della Superba. Permettetemi di rivelarvi che le famose trofie del ristorante Rosmarino in piazza de Ferrari, entrato quest’anno nella guida Michelin, sono fornite ogni giorno dal Pastificio Dasso”. Sarebbe già tanto e c’è pure di più: “Genova, Milano ma anche Sestri Levante, Riva Trigoso e Casarza sono le mete di ogni mattina. È mio papà, Gianni Dasso in persona (da patron a garzonetto!) a consegnare alle botteghe di Levante”.
Per soddisfare la domanda tra laboratorio e vendita, in questi anni si sono aggiunti alla squadra Filippo, Thomas, Margherita ed Anna, ed in cucina per tutte quelle verdure da pulire anche Daniela che affianca Lisa e Renata. Esperti e novizi, si sente aria delle antiche botteghe dove maestri e apprendisti dividevano il pane, letteralmente.
“Oggi siamo tre di famiglia e una dozzina di collaboratori. Numeri alti per una bottega di paese ma siamo artigiani e ‘facciamo tutto noi’ nulla di pronto entra nella nostra bottega se non la materia prima e questo per noi è un dogma e un orgoglio soprattutto in questo momento storico, per cui il cibo deve essere pronto e veloce. Procediamo con tenacia e passione pieni di entusiasmo, come se avessimo aperto ieri – incredibile, vero? – e abbiamo idee e progetti in abbondanza che ci legano sempre di più al nostro territorio, alla nostra città e alle nostre tradizioni”.
Ora il segreto del loro successo è palese. Il collante è la convinzione in quanto si realizza sommato ad una collaborazione e comprensione così salde da rendere la squadra di lavoro una vera famiglia allargata.
Il calore che si respira nei negozi con marchio Dasso non è solo quello generato dai macchinari. L’orgoglio in quanto si realizza è assai simile a quello provato da “Lulù” Massa nel film da Oscar di Elio Petri. Nessun bisogno di fare la rivoluzione. Con il signor Gianni e le sue eredi Roberta e Raffaella la classe operaia è andata in paradiso usando la rotella tagliapasta, non il martello.