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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Il pasticcio dell’impeachment di Mayorkas: che brutta figura per i Repubblicani

Il GOP non raggiunge i voti per metterlo sotto accusa. Un fallimento che ha fatto molto discutere riguardo le potenzialità del partito. Il fulcro del processo era l’immigrazione, tanto cara a Trump per vincere le elezioni di novembre
La prima votazione sull’impeachment di Alejandro Mayorkas ha dato esito negativo: 216 no e 214 sì
La prima votazione sull’impeachment di Alejandro Mayorkas ha dato esito negativo: 216 no e 214 sì
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di DAVIDE CUCCHI *

La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti è stata teatro di un fallito impeachment. I repubblicani, protagonisti promotori dell’accusa, hanno messo in scena una brutta esibizione. Nonostante il GOP possa contare sulla maggioranza dei deputati (219 contro 213), la prima votazione sull’impeachment di Alejandro Mayorkas ha dato esito negativo: 216 no e 214 sì.

Come mai Mayorkas, attuale Segretario della Sicurezza Interna, è finito in questa situazione? Il motivo risiede nel dibattito sull’immigrazione. La deputata Marjorie Taylor Greene, colei che ha scritto la risoluzione di impeachment, accusa Mayorkas di non aver “prevenuto l’invasione” e l’ingresso di migranti irregolari dalla frontiera. I repubblicani, insomma, parlano dell’intenzione di favorire questi flussi migratori, critica che arriva in modo particolare da quelli più radicali e avversi all’immigrazione. Ormai da tempo, in un’ala del Partito Repubblicano, si è fatta strada l’idea della “teoria della sostituzione”, secondo la quale i democratici favoriscono l’immigrazione per rimodellare la società e la politica statunitense [Time].

Il GOP, dunque, si è presentato alla Camera martedì scorso con l’intenzione di far cadere Mayorkas dalla sua posizione. La mozione, però, non è stata approvata grazie al voto di quattro repubblicani che si sono espressi con un no. Si tratta di Ken Buck (Colorado), Mike Gallagher (Wisconsin), Tom McClintock (California) e Blake Moore (Utah). Sarebbe stato un impeachment per certi versi “storico”, siccome l’ultimo atto di accusa di un funzionario del Governo risale al lontano 1876.

Mayorkas, da parte sua, si è difeso in una lunga lettera dove definisce le accuse “false” e “imprecise”. Anche alcuni esperti costituzionali repubblicani hanno mosso dei dubbi nei confronti di questo impeachment, affermando che non doveva arrivare neanche a questo punto perché non possiede i requisiti.

Se all’esterno il Partito Repubblicano ha fatto una pessima figura dimostrando debolezza e scarsa unità, all’interno la situazione non è migliore. Il GOP può contare sì sulla maggioranza dei seggi, ma con numeri risicati e senza Steve Scalise (assente per una serie di cure) poteva permettersi soltanto due voti contrari tra le proprie fila. Chi si è espresso contrariamente non sarà molto tranquillo, anche se Gallagher, uno dei quattro contrari, si è subito difeso dicendo che l’impeachment non soddisfaceva i requisiti costituzionali. Buck e McClintock si erano già espressi pubblicamente prima dell’inizio della votazione, sostenendo che Mayorkas non avesse commesso nulla per meritare questo livello di accuse. McClintock ha affermato: “Il segretario Mayorkas è colpevole di cattiva amministrazione delle nostre leggi sull’immigrazione su scala cosmica”, aggiungendo, poi, che la Costituzione non prevede che l’impeachment venga utilizzato come arma nelle “controversie politiche” (VoiceOfAmerica). Questo fallimento ha portato a galla una questione molto più importante e attesa per i repubblicani, ovvero l’impeachment del presidente Joe Biden. La settimana dopo però i repubblicani sono riusciti a metterlo in stato di accusa grazie al ritorno del deputato Steve Scalise che negli scorsi giorni si stava curando da un cancro. La situazione però non cambia affatto. Difficilmente al Senato a maggioranza dem condannerà un fedele collaboratore del presidente Biden, specie per la debolezza delle accuse. La situazione politica però non cambia molto.

Le discussioni sul confine meridionale, che collega Stati Uniti e Messico, continueranno per tutto il 2024. L’anno scorso si sono registrati ben due milioni di immigrati su quel fronte, ma una legge scritta per agire con decisione è stata bocciata al Senato. Biden ha dichiarato senza mezze parole che il motivo è Donald Trump, perché “Trump pensa che sia un male per lui politicamente”. Il tycoon ha costruito parte della sua campagna elettorale con cui ha conquistato la Casa Bianca nel 2016 sul tema dell’immigrazione e sulla necessità di maggior fermezza. In vista delle elezioni del 5 novembre 2024, Trump sfrutterà ancora di più questo tema tanto caro agli americani, e in particolare ai repubblicani. Insomma, sembra che l’ex presidente e probabile candidato repubblicano, controlli senza problemi il GOP al Congresso, o almeno una grande fetta di deputati e senatori. Le primarie repubblicane tenute in Iowa e New Hampshire hanno confermato queste aspettative. Nello Stato di Des Moines per il 34% degli elettori del GOP l’immigrazione è la questione più importante da dover affrontare, dietro di poco solo all’economia. Nel Granite State si è verificata la stessa situazione: l’economia è il tema che più spinge a votare, ma subito dietro c’è l’immigrazione. Analizzando i dati si vede come chi ha votato per Donald Trump ritenga di gran lunga l’immigrazione come il maggior problema da affrontare: 64% in Iowa e 79% nel New Hampshire. È chiaro che gli elettori repubblicani chiedono azioni diverse da quelle di Biden su questo tema e vedono in Donald Trump l’uomo giusto per metterle in atto.

(* Laureato in storia, collaboratore di Jefferson)

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