Glocal… no social
Settimanale di attualità, economia e sport

Ultima edizione

Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Il palazzo del Municipio di Chiavari: una bella storia legata all’Ottocento cittadino

Nei primi anni dell’Ottocento viene affrontato a Chiavari, con due diverse redazioni, 1826 e 1827, il futuro urbanistico dell’intera città
Palazzo Bianco in un'immagine dell'epoca. Ancora adesso è sede del Comune di Chiavari
Palazzo Bianco in un'immagine dell'epoca. Ancora adesso è sede del Comune di Chiavari
Condividi su

Dopo la doverosa parentesi dedicata alla storia dello spazio antistante la ex chiesa di San Francesco, provocata dall’improvvida rimozione della cancellata del ferraio Cassinelli, riprende la serie di articoli di ‘Getto’ Viarengo dedicati ad illustrare la Chiavari dell’Ottocento e i tanti modi ed aspetti per i quali questo può a buon diritto essere riconosciuto come ‘il secolo d’oro’ della nostra città.

di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

Il nostro cammino di esplorazione dell’Ottocento chiavarese prosegue qui con una tappa molto importante, che intercetta la nascita del concetto di municipio, l’edificio destinato alla vita pubblica e amministrativa della città.

In uno degli scorsi articoli abbiamo analizzato lo sviluppo del governo del territorio con l’avvio di nuove istituzioni per il funzionamento dell’intera società. Nei primi anni dell’Ottocento viene affrontato a Chiavari, con due diverse redazioni, 1826 e 1827, il futuro urbanistico dell’intera città. Il documento definitivo fu deliberato il 4 ottobre del 1827, e consisteva in un piano di 52 articoli per il riordino e l’abbellimento di Chiavari. 

Questo documento merita una riflessione generale a parte, e l’approfondiremo nel prosieguo dell’indagine; oggi ci soffermiamo sull’articolo 33: “La Città per i suoi archivi ed uffici ha bisogno di un palazzo. La sua costruzione servirà a regolarizzare ed abbellire la piazza di N.S. dell’Orto. Sarà bene che il progetto venga fatto per via di concorso dietro un programma, a fine di riunire la convenienza, la semplicità della distribuzione, l’economia e la solidità del lavoro, delle quali cose tutte benintese e maneggiate ne dovrà risultare una decorazione semplice, severa e perciò conveniente”.

L’articolo venne approvato dopo un serrato dibattito, diversi consiglieri fecero notare come, visto che Chiavari era provincia, questa dovesse “contribuire alle spese occorrenti”.

L’articolo successivo, il 34, era fortemente legato alle indicazioni riportate in quello precedente, perché riguardava la Cittadella, il suo utilizzo e la sua futura destinazione. Al momento delle deliberazioni il quattrocentesco edificio della Cittadella era occupato da tutti gli uffici della pubblica amministrazione, provincia e comune, e dai servizi della giustizia. Nonostante l’approvazione dell’articolo sopra riportato, il confronto rimaneva acceso intorno ad un interrogativo: realizzare un nuovo municipio o restaurare la secolare Cittadella? 

L’architetto Felice Orsolini redasse due proposte progettuali secondo la sua visione architettonica di uomo formatosi all’Accademia Ligustica di Genova, sotto il maestro Carlo Barabino, un intellettuale di riferimento nella visione dei rinnovati sviluppi urbani, degli spazi e dei palazzi pubblici. Al consiglio comunale del 13 marzo 1844, lo stesso Orsolini illustrò il progetto di sviluppo dell’intero paraggio, che comprendeva la sistemazione del pronao di N.S. dell’Orto, la piazza attigua, le due vie intorno alla Cittadella e la piazza antistante.

Il taglio progettuale, venne ribadito con precisione, avrebbe adottato la visione “dell’architettura italiana”, con un ampliamento dei volumi verso la piazza Carlo Alberto. 

In Società Economica è conservato un manoscritto che ci permette di rileggere le “osservazioni sopra il progetto d’ingrandire il Palazzo Pubblico”, in calce la firma del consigliere Gio Cristoforo Gandolfi. Sono appunti preziosi per comprendere quanta attenzione e passione venissero poste nel dibattito riguardante la cosa pubblica. In un passaggio il Gandolfi precisava: “Il palazzo pubblico non deve servire solo per la generazione presente, ma bensì anco per la futura, vuole anzi venir collocato in guisa ma corrispondere ai desideri dei secoli avvenire”.

Sosteneva qui il Gandolfi con abbondanza di argomenti che l’ingrandimento della Cittadella non convinceva, e tornava a richiedere l’applicazione di quanto deciso precedentemente. Nel consiglio comunale dell’8 agosto 1845 si deliberava infine all’unanimità di realizzare il nuovo municipio verso piazza dell’Orto, a sud della torre civica.

Un rinnovato e definitivo impulso a questa soluzione era giunto anche dall’autorità giudiziaria, la quale chiedeva di poter disporre di maggiori spazi nella Cittadella. Ricordiamo qui che il pensiero napoleonico indicava una netta divisione tra l’amministrazione pubblica e quella della giustizia. 

Nel consiglio comunale del 13 novembre 1850 si deliberò di realizzare quanto richiesto dal presidente del Tribunale, e nel consiglio successivo, siamo al 22 novembre, si approvava per acclamazione il progetto “dell’edificazione di una casa comunale” come già disposto. Nelle carte dei verbali si precisò l’impegno di “ordinare un progetto artistico nel più breve termine possibile, e di riconvocare straordinariamente il consiglio generale”. 

A questo punto si ritornava a coinvolgere l’architetto Felice Orsolini, che nel gennaio del 1851 trasmetteva il nuovo progetto, il capitolato e un prospetto di previsione di spesa per lire 70.000. Nei giorni a seguire fu depositata la delibera di consiglio per autorizzare il debito, e successivamente l’autorizzazione del ministro dei lavori pubblici per avviare la costruzione.

Ma ancora il dibattito cittadino non conosceva  tregua: l’autorevole ingegnere Costa Zenoglio inviava alcune osservazioni al sindaco, che le girava prontamente all’Orsolini. Finalmente, nel consiglio del 15 luglio del 1851, si poté nuovamente deliberare il progetto definitivo, e di conseguenza affidare l’appalto all’impresario Giuseppe Lanata. Nel successivo mese di novembre giunse la richiesta di una nuova revisione del progetto; vi si sosteneva lo spostamento più a sud dell’intero edificio; la proposta fu respinta, ma ne venne inoltrata formale segnalazione all’Intendenza, che respinse definitivamente l’istanza. I lavori ripresero speditamente, ma nel dicembre del 1853 morì l’architetto Felice Orsolini, che non poté quindi vedere gli ultimi lavori necessari a terminare l’opera. Negli anni successivi furono effettuati ancora diversi interventi: le decorazioni dei soffitti dell’aula del consiglio con i richiami all’unità d’Italia, le diverse lapidi e la definizione degli spazi destinati ad uffici. Si dovevano ancora attendere la definizione dell’antica Cittadella col progetto del Partini del 1882 e l’apertura del Palazzo di Giustizia.

Il Palazzo Bianco, il nostro municipio, nelle cronache della sua vicenda fondativa racconta ancora una volta l’Ottocento chiavarese, la vivacità del dibattito pubblico cittadino, il senso della storia dei suoi protagonisti. Tutte caratteristiche di una piccola capitale che oggi fatichiamo a ritrovare nel nostro presente, ma che dovremmo assolutamente recuperare, come diceva il consigliere Gandolfo, ‘anche per le generazioni future’.

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

Ultimi video

Intervista a Simone Franceschi, vicesindaco della Città Metropolitana: “Nessun fermo ai lavori sull’argine dell’Entella"
"Ancora nessuna ufficialità sulle alternative al depuratore in colmata. Se Chiavari dispone di elementi utili, ce li comunichi”
Chiavari, la variante al Puc divide: opposizione all’attacco, depuratore ancora al centro del dibattito. Silvia Garibaldi abbandona l’aula
“Provvedimento 'illegittimo e irricevibile', errori marchiani che rendono fragile la posizione contraria alla costruzione del depuratore in colmata"

Altri articoli

Tunnel della Val Fontanabuona, entro fine mese Autostrade replicherà al Ministero. Conferenza dei servizi in autunno

Giancarlo Durante, presidente di Confindustria Tigullio: “Noi siamo fiduciosi ma restiamo vigili. Il Tunnel della Val Fontanabuona è un progetto finanziato e il suo iter sta andando avanti"

Tra fede, tradizione e partecipazione Recco celebra la sua patrona, al via la Sagra del Fuoco

È la festa identitaria della città. I Sette Quartieri lanciano un’iniziativa solidale per Gaza con i mascoli in miniatura