di DANILO SANGUINETI
Andare a fondo potrebbe essere un attimo. E non in senso figurato, perché che le piscine escano devastate dal tornado coronavirus è una ipotesi non campata in aria, semmai affondata nell’acqua del dissesto generale che rischia di rendere stagnante e non più navigabile il parco di strutture e di società che ha permesso al nuoto, tuffi, sincro e alla pallanuoto italiana di essere prima che un serbatoio primario di medaglie singole e di squadra (vogliamo parlare di Pellegrini, Rosolino, Cagnotto, le farfalle del sincro, gli ori del Setterosa e le medaglie del Settebello?) la fucina dove hanno imparato non a galleggiare ma a tenere la testa ben sopra il pelo dell’acqua almeno le ultime tre generazioni di italiani.
Siamo passati in mezzo secolo da un popolo a costante rischio di annegamento a una nazionale se non di delfini diciamo di tonni, che sanno come destreggiarsi tra secche e maglie di rete. Quanto raggiunto investendo con una certa oculatezza, edificando centri natatori in ogni dove – la Liguria che pur tra qualche esitazione e battuta a vuoto faceva la sua parte – è ora sull’orlo di una caduta verticale, non si dice senza carpiatura per attenuare l’impatto in acqua, probabilmente senza neppure un filo di liquido…
Oltre un mese di chiusura significa per le società che gestiscono gli impianti un danno economico incalcolabile. Una vasca non puoi svuotarla e coprirla con un telone come fai con un campo da tennis, un campo dal calcio, meno che mai una palestra. Che sia o no con copertura mobile e fissa, una piscina deve sempre avere l’acqua in movimento, con un ricircolo e le macchine in funzione. Acqua, gas, luce, già ma pagate da chi. Oltre agli agonisti, se ne stanno a casa anche i clienti, gli occasionali e gli abbonati che con i loro ingressi e i loro abbonamenti fornivano alle società gli incassi necessari a far funzionare l’intero complesso.
Lo stesso presidente della Fina, Paolo Barelli, lo zar delle piscine italiche, che da 20 anni amministra con innegabile avvedutezza le sorti degli sport acquatici tricolori, manifesta una preoccupazione che chi lo conosce da una vita non gli aveva mai sentito esprimere: “Dopo oltre un mese di chiusura, le società sportive del nuoto sono all’ultimo respiro. Le piscine sono strutture costosissime da mantenere, ma gli utenti le troveranno ancora aperte quando il virus sparirà? O le società sportive spariranno con le piscine perché fallite non reggendo il colpo mortale del blocco?”.
Il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli, che è stato anche senatore, e sa come vanno le cose nella politica, con che tempi e con che filosofia si ragiona nelle segrete stanze del potere, va dritto alla radice del problema e alla sua possibile soluzione: “Da subito si deve operare per scongiurare la crisi del settore. Chiedo a nome della mia Federazione, una dei pilastri fondanti del nostro sistema sportivo nazionale, un sostegno economico concreto in favore delle società sportive, perché sono una risorsa insostituibile”.
L’ex campione di nuoto e dirigente stimato rispettato di Len e Fin mondiale mette il dito direttamente nella piaga. Se non ragionate in termini di medaglie e prestigio sportivo (che pure valgono euro sonanti in una economia come la nostra), pensate al danno culturale-sanitario alle porte.
“Le società di nuoto hanno insegnato a nuotare a generazioni di italiani permettendo, oltre all’attività motoria, la diminuzione drastica dei morti per annegamento – sottolinea – Hanno svolto nel silenzio un ruolo di grande importanza sociale: insegnare a nuotare e creare tanti campioni; ma, ben più importante, insegnare a salvare la propria vita in acqua e quella degli altri. Quindi, non va calcolato solo il danno sportivo in termini di campioni che sarà difficile mantenere e in futuro formare. Il danno sociale per la morte del nuoto in Italia più grave sarà il venir meno delle attività volte alla salvaguardia della vita umana in acqua”.
Il gran capo ha messo le carte in tavola, sul territorio il suo messaggio è stato raccolto e amplificato. Pochi giorni fa la Asd Lavagna 90 ha postato su Facebook un manifesto che è una lancinante dimostrazione di amore per il proprio club, per la propria piscina (gestisce quella del Parco Lavagna) e per i propri soci e sostenitori.
“A tutti i frequentatori della piscina. Una profonda crisi sta investendo tutti i comparti dell’economia nazionale, gli operatori dello sport e in particolar modo le Associazioni e Società sportive dilettantistiche (ASD e SSD), ne sono ugualmente e drammaticamente vittime. A causa della pandemia Covid-19 moltissimi operatori sportivi rischiano il default e l’inevitabile chiusura. Dopo l’intervento televisivo serale del presidente del Consiglio Giuseppe Conte e conseguente DCPM emanato, A.S.D. Lavagna ’90 e Lavagna Sport hanno disposto la chiusura della ‘Piscina Comunale di Lavagna’ e di tutte le sue attività a decorrere da martedì 10 marzo 2020 e fino a nuovo aggiornamento. Nonostante questa difficile situazione, siamo nella necessità di pianificare il futuro con la ripresa di tutte le attività, che speriamo sia il più presto possibile. Abbiamo pensato lo spostamento delle scadenze di abbonamenti annuali, semestrali, trimestrali e mensili. Relativamente ai titolari di corsi nuoto e fitness a scadenza, abbiamo pensato a posticipare la scadenza di tutti gli abbonamenti. Relativamente agli agonisti abbiamo pensato di posticipare la scadenza di tutti gli allenamenti. Vi ringraziamo per la comprensione e la pazienza e vi chiediamo di sostenere tutti insieme lo sforzo per riavviare l’attività”.
Coalizzarsi, fare squadra è da sempre una delle virtù riconosciute ai forzati delle piscine: “Dirigenti, allenatori, istruttori, addetti di segreteria e atleti, ce la metteremo davvero tutta. Ringraziamo sin da ora tutti. I genitori degli atleti, esortandoli a capire l’importanza fondamentale del loro ruolo e a partecipare in modo collaborativo alle vicende quotidiane, con interessamento anche critico purché costruttivo; i tecnici, che dimostrano di saper diffondere la pratica sportiva unita a quella più essenziale della lealtà e del rispetto delle regole nei confronti di se stessi e degli altri; gli atleti, dal più piccolo al più grande, perché costituiscono il patrimonio genetico della Lavagna ’90 e con le loro gesta sportive, a qualsiasi livello esse siano, vanno sempre difendendo i colori della bandiera. Tutti tengono in alto il nome della città di Lavagna. E ancora grazie ai clienti e frequentatori tutti, che sono la linfa del sistema piscina”. Una dichiarazione non di impotenza ma di dignità, di modestia ma non di arrendevolezza: la dimostrazione che gli sportivi veri danno il meglio quando hanno le spalle al muro. L’onda tornerà a salire, coraggio Lavagna, coraggio nuotatori, pallanuotisti, sincronette e tuffatori liguri.