di ANTONIO GOZZI
La cosa che più colpisce nella polemica che si è aperta riguardo alla decisione del Governo Meloni di mettere fine al mercato tutelato dell’elettricità e del gas è la totale assenza, da parte dei ‘polemizzanti’, di una seria riflessione sul merito del provvedimento.
Come ho scritto la settimana scorsa l’opposizione di PD e M5S al provvedimento e le titubanze all’interno della stessa maggioranza di governo da parte della Lega sembrano dettate più da esigenze propagandistiche e di consenso in vista delle future elezioni europee che da fondati motivi di preoccupazione per i consumatori. Abbiamo detto e ripetiamo che questa opposizione propagandistica al provvedimento è insensata sia per ragioni politiche che di merito.
L’insensatezza politica sta nel fatto che PD e M5S e anche la Lega erano nel Governo Draghi che, nell’ambito del negoziato per i fondi del PNRR, assunse l’impegno con l’Unione Europea di porre termine al mercato così detto di ‘maggior tutela’ entro la fine del 2023. Se obiezioni erano da sollevare lo si doveva fare allora; ma non si ricordano in merito opposizioni di sorta all’interno di quel governo. Di che si parla allora?
Che le cose stiano così lo si è capito dalle parole secche che il Commissario Europeo all’Economia Gentiloni, autorevole esponente del PD, ha pronunciato nei giorni scorsi. “Quando un accordo è fatto va rispettato, a maggior ragione quando la rata di PNRR legata al rispetto di questo impegno è stata già pagata all’Italia”. A buon intenditor poche parole.
Ma il merito della questione è ancora più evidente e non giustifica la narrazione secondo la quale una gigantesca ‘stangata’ starebbe per abbattersi sui circa 5 milioni di clienti che, a seguito del provvedimento, passeranno al mercato libero.
Facciamo un po’ di chiarezza.
Attualmente sono attivi in Italia circa 33 milioni di collegamenti in bassa tensione, di cui circa 30 milioni di famiglie e 3 milioni di altri usi. Tra le famiglie oltre il 71% a giugno 2023 aveva già scelto un contratto sul libero mercato. Tre anni fa a giugno erano poco più del 50%. Questo significa che la stragrande maggioranza delle famiglie che ha abbandonato la tutela ha trovato sul libero mercato un’offerta più soddisfacente. Ciò è chiaramente dimostrato dal fatto che, a fronte di un tasso di uscita dalla maggiore tutela attorno al 4% annuo ( con un picco del 6,5% del totale del consumatori nel 2022 ) il tasso dei rientri è dell’ordine dell’0,2% annuo.
Inoltre , come ricordato da Carlo Stagnaro sulle pagine del Foglio, i dati pubblicati dall’Arera (l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente responsabile di fissare trimestralmente i prezzi “tutelati”) testimoniano che nel 2022, e cioè nel peggiore anno di crisi energetica, il prezzo medio pagato dai clienti del mercato libero è stato di circa 282 euro al megawattora (MWh), contro i 402 dei clienti tutelati. Ciò significa che nel momento di massima crisi il risparmio per le famiglie italiane che erano sul libero mercato è stato tra i 4 e i 5 miliardi di euro.
I clienti , in poche parole, sul mercato libero ci stanno bene.
Cerchiamo di spiegare perché. Per farlo dobbiamo ricordare alcuni principi basici di economia che ci insegnano che quando il mercato è vero, e cioè concorrenziale, questo va sempre nell’interesse dei consumatori.
Il mercato dell’energia elettrica e del gas nel nostro Paese è un mercato super concorrenziale. Ci sono infatti più di 600 operatori che operano su questo mercato in totale concorrenza gli uni con gli altri.
Ricordiamo quali sono le caratteristiche che, secondo i manuali di economia, identificano mercati di libera concorrenza:
- Pluralità significativa degli operatori per evitare concentrazioni oligopolistiche.
- Assenza di barriere all’entrata regolamentari o finanziarie per l’ingresso sul mercato di nuovi operatori.
- Perfetta trasparenza dei prezzi in modo che i consumatori possono facilmente scegliere le offerte più convenienti.
- Omogeneità del prodotto offerto.
In tale forma di mercato non è possibile per alcun soggetto economico influire sulla determinazione del prezzo, che in questo modo è il risultato della libera contrattazione tra offerenti e acquirenti.
Soprattutto il mercato dell’energia elettrica in Italia è fatto così e, nonostante la presenza di un gigante oligopolistico ( detto all’inglese “incumbent” ) qual è l’Enel, la pluralità enorme degli operatori garantisce perfetta tutela dei consumatori.
Forse bisogna ancora migliorare la trasparenza e l’intelligibilità immediata delle ‘bollette’ della luce, anche se esistono decine di applicazioni digitali che consentono di mettere in comparazione le diverse proposte di mercato aiutando i consumatori a scegliere.
Sempre i manuali di economia ci dicono che in mercati siffatti il Ricavo Marginale tende a essere uguale al Costo Marginale e ciò significa assenza di profitto per gli operatori dell’offerta e totale trasferimento del valore a favore dei consumatori e della domanda.
Ci sembra quindi che il problema del libero mercato dell’energia in Italia, così come si presenta oggi, non sia tanto la tutela dei consumatori che, come visto, esiste ed è piena ma, se del caso, la salvaguardia delle centinaia di imprese dell’offerta che, per assenza di profitti, rischiano di diventare sempre più marginali, di chiudere e quindi di rendere il mercato meno concorrenziale e meno tutelante nei confronti dei clienti.
Vi è poi un’altra caratteristica del libero mercato a favore dei consumatori e ciò si vede bene dal fatto che, come ricordato poc’anzi, nel momento di massima crisi energetica, il 2022, chi era sul mercato libero ha pagato l’energia molto meno di quelli che erano sul mercato della maggior tutela.
Perché è avvenuto questo? Perché molti operatori avevano offerto negli anni precedenti ai propri clienti contratti a prezzo fisso, contratti che nel momento dell’esplosione dei prezzi dovuta alla invasione dell’Ucraina da parte dei russi, hanno protetto almeno in parte questi clienti. I prezzi determinati trimestralmente da Arera per il mercato della maggior tutela non possono essere a prezzo fisso e variano continuamente seguendo il prezzo dell’energia sui mercati internazionali.
Perché gli operatori privati possono fare contratti a prezzo fisso e l’Autorità pubblica dell’energia no? Perché fare un contratto annuale o pluriennale a prezzo fisso significa assumersi dei rischi che il soggetto privato può prendere mentre il soggetto pubblico no.
Offrire un prezzo fisso implica quelle che tecnicamente si chiamano politiche di copertura. Si tratta di fare scommesse sulla prospettiva utilizzando sui mercati secondari strumenti finanziari e assicurativi. Tali scommesse, tali ‘coperture’ possono essere fatte dagli operatori privati ma non dai soggetti pubblici. Come può un funzionario pubblico fare scommesse a rischio? Non può, come è del tutto evidente, dal momento che gestisce denaro che non è suo.
In altre parole gli operatori del mercato dell’energia si fanno carico, attraverso queste pratiche di copertura, di un rischio che, inesorabilmente, rimarrebbe sulla schiena dei consumatori.
Il concetto di rischio-prezzo è insito nel concetto stesso di contratti a medio o lungo termine. Proteggersi dall’estrema volatilità dei prezzi e dai picchi che possono occorrere in momenti di particolare crisi (geopolitica, climatica, inflazionistica per contrazione dell’offerta ecc.) è una prassi di prudenza e diligenza che i consumatori devono imparare ad usare trovando negli operatori privati partner di copertura di questi rischi.
Il consumatore va educato più che tutelato. Va educato ad usare il mercato non per essere sovvenzionato ma per difendersi dall’eccesso di volatilità e dal rischio di esplosione dei prezzi e di speculazione in determinate fasi.
Questo è il vero avanzamento; questo, oltre all’estrema concorrenzialità delle offerte, è il vero vantaggio che il libero mercato può offrire ai consumatori.
Bersani ai tempi delle ‘lenzuolate’ l’aveva capito; i suoi epigoni, apparentemente, molto meno.