La settimana scorsa il Garante per la Privacy ha sanzionato la casa madre del grillismo, la Casaleggio Associati, con una multa da 50mila euro per non aver assicurato ‘adeguata garanzia di riservatezza agli iscritti’, per aver creato un sistema di voto elettronico che ‘non consente di garantire l’integrità, l’autenticità e la segretezza delle espressioni di voto’, per aver costruito una piattaforma incapace di garantire ‘la protezione delle schede elettroniche e l’anonimato dei votanti in tutte le fasi del procedimento elettorale elettronico’, per non aver assicurato ‘l’adeguata protezione dei dati personali relativi alle votazioni online’, per aver condiviso ‘le credenziali dell’autenticazione’ con ‘più incaricati dotati di elevati privilegi per la gestione della piattaforma’ e per aver lasciato ‘esposti i risultati delle votazioni per un’ampia finestra elettorale che si estende dall’istante di apertura delle urne fino alla necessaria certificazione dei risultati, ad accessi ed elaborazioni di vario tipo che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline’.
In pratica il Garante della Privacy ha autorevolmente confermato ciò che molti sostenevano da tempo e cioè che la Piattaforma Rousseau, lungi dall’essere un rivoluzionario strumento di democrazia, è un imbroglio, anche tecnologicamente obsoleto, che consente al suo padrone Davide Casaleggio attraverso la Casaleggio Associati Srl di decidere vita morte e miracoli del M5S.
La cosa grave è che Davide Casaleggio, durante un’ispezione dell’Autorità per la Privacy nel novembre 2018, ha dichiarato una serie di balle volte a difendere la piattaforma.
Non è vero ad esempio che Rousseau ha messo in atto ‘un processo che cancella dal data-base i dati relativi all’espressione della volontà del votante’. Al contrario, il Garante ha rilevato ‘l’esistenza di un’ulteriore tabella di data-base contenente informazioni relative ad operazioni di voto’ nonchè ‘il numero di cellulare e l’ID utente del soggetto votante’ oltre che i dati relativi alla sua espressione di voto. Voto tutt’altro che segreto, quindi.
In altri termini, Rousseau conserva i dati di chi vota eccome, e Casaleggio li può consultare a suo piacimento.
Casaleggio ha dichiarato balle quando, sempre a seguito dell’ispezione del Garante, ha assicurato che ‘abbiamo risolto tutto quanto è stato richiesto dal Garante e siamo andati oltre’.
In realtà, ‘alcune componenti software dei siti web del movimento risultano a giudizio del Garante obsolete e impossibili da aggiornare perché lo stesso produttore ha cessato la distribuzione di aggiornamenti dal 2013’, e a seguito di ciò chi gestisce la piattaforma (Casaleggio e i suoi amici) può ‘accedere alla delicata funzionalità del sistema gestionale del data-base in cui vengono registrati i dati relativi alle espressioni di voto mantenendo una capacità di azione sui dati e sfuggendo alle procedure di auditing’.
E proprio qui sta, a nostro giudizio, la cosa che ci sembra più grave, il vero imbroglio della Piattaforma Rousseau e della sua proclamata democrazia diretta.
Ciò che in pratica emerge dalla relazione finale del Garante è che non vi è alcuna certezza che il voto esercitato sulla piattaforma non sia manipolabile.
Se infatti ‘i risultati delle votazioni’, come scrive il Garante, ‘restano esposti ad accessi ed elaborazioni di vario tipo, che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline’ e lo restano ‘per un’ampia finestra temporale… dall’istante di apertura delle urne fino alla cosiddetta certificazione dei risultati, che può avvenire anche a distanza di diversi giorni dalla chiusura delle operazioni di voto’, in pratica Casaleggio e i suoi hanno di fatto tutta la possibilità di manipolare l’esito delle votazioni prima di consegnare il risultato al notaio che lo deve certificare. Alla faccia della trasparenza!
Vorremmo ricordare che per questa trappola (la Piattaforma Rousseau ) sono passate tutte le decisioni più importanti del M5S, dalle scelte dei candidati alle elezioni politiche e amministrative, alla scelta del capo politico, al contratto di governo, a decisioni importantissime per la durata del governo stesso, come ad esempio quella relativa alla processabilità o meno di Salvini sul caso Diciotti.
Quella votazione fini qualcosa come 59 a 41 per cento, e sottrasse Salvini al processo davanti alla Giustizia ordinaria. Solo il Santo Graal della Piattaforma Rousseau poteva assumersi la responsabilità di sconfessare uno dei principi fondanti il M5S: il rimettere sempre e comunque il giudizio sui politici alla magistratura ordinaria.
Chi garantisce che il voto sulla piattaforma sia andato veramente così? A giudizio del Garante non si possono avere certezze al riguardo.