di ENRICO PINNA *
Il verde in città oggi è uno slogan, ma per lunghi anni del secondo Novecento è stato quasi un ossimoro. O una mera gabella urbanistica per poter realizzare nuovi insediamenti. Ricordo un grande esperto di storia urbana, con il quale discutevamo sulla possibilità di inserire un albero in una piazza del centro storico, rivendicare il carattere distintivo della città di pietra e opporsi ad accogliervi anche un solo brano di verde.
Qualcosa è cambiato da allora: non si ragiona solo in termini di ‘urbs’, ma si guarda alla ‘civitas’ e alla sua giusta esigenza di una maggiore qualità della vita.
La realtà è che il verde nelle aree urbane è così limitato da non poterselo godere. È come una cosa che bisogna andarsi a cercare, un fossile che spunta qua e là. Talvolta in Liguria compare sotto forma di ‘giardinetti’, ovvero di quei luoghi che non hanno nulla del fascino dei giardini perché sono troppo piccoli e sono in buona parte asfaltati, con troppe aiuole, e male interpretano la nostra naturale attrazione verso la natura. È pur vero che la Liguria possiede la natura in forma ridondante lungo il suo orizzonte: il mare.
Ora sarebbe il momento di porsi un obiettivo ambizioso: la rivegetazione della città, ovvero unire queste due realtà – il piccolo e il grande orizzonte – in tutte le forme e dimensioni. Partiamo dalle piccole: i tanti giardini e ‘giardinetti’ che poco impattano sullo ‘star bene’ in città debbono essere aggiornati anche solo tramite il collegamento fra loro.
Il fine è costruire una ghirlanda di verde che porti al mare.
Facciamo un esempio: se vi sono cinque o più giardinetti e un parco, bisogna trasformare lo spazio pubblico che si frappone fra loro in aree di transizione, affinché si realizzi e si componga questa ghirlanda: le strade e i marciapiedi che troviamo sotto casa debbono cambiare per garantire ai più vulnerabili fra noi – bimbi, disabili ed anziani – uno spostamento pedonale sicuro. E poi avanti fino alla prossima occasione di verde, fino ad arrivare al mare, che è il posto che tutti noi vorremmo raggiungere facilmente. Il percorso funziona, secondo una diversa trama narrativa, anche a ritroso, verso quel verde di piante, boschi e prati che stanno in collina. Ovviamente attraverso questi corridoi verdi si arriva anche a casa.
È così che possiamo incoraggiare tragitti a piedi o in bicicletta, con la conseguente riduzione dell’inquinamento.
Avremo semplificato il passaggio dall’interno delle nostre stanze all’aria aperta e al cielo, che non sarà più, come cantava Gino Paoli, ‘in una stanza’, ma poco distante e reale. Per ogni quartiere si può quindi lavorare per offrire almeno un corridoio verde che vada da monte a mare. Questa rete sarà alternativa e, al contempo, complementare al sistema delle vie e delle piazze.
Le tante frazioni di verde che diventano un insieme consentono la più ampia fruizione degli spazi aperti sia per il passeggio, sia per la musica e per il gioco, sia grazie ai dehors per ritrovarsi a un tavolo. I dehors potrebbero essere ampliati, curando il design ai fini della smontabilità quotidiana, laddove diventassero invasivi.
Rinnovare e mettere in sicurezza nuovi passaggi all’interno della città è una grande conquista perché innesca nuove abitudini e si riverbera su migliori rapporti sociali in tutti i contesti. Vi sono città che si sono impegnate in piccole grandi sfide affrontandole proprio a partire dai quartieri.
Oslo ne ha già vinta una nel 2019: zero morti sulle strade (pedoni e ciclisti). A Zurigo i bambini di 4 anni vanno all’asilo da soli (!) facendo 10 minuti a piedi o in bici. A Vienna i bimbi sotto i quattro anni hanno talvolta la possibilità nei fine settimana di giocare tranquillamente in strada.
Non è una chimera. È un impegno ad accogliere questa occasione di cambiamento e di ritrovare il vero carattere dello spazio pubblico.
(* Architetto, docente e presidente dell’Associazione culturale Ams, Architettura, Modernità Scienze)