di ANTONIO GOZZI
Quando qualche mese fa gli amici del CAM ci contattarono per organizzare con ‘Piazza Levante’ un confronto pubblico sulla sanità nel Tigullio e sulle sue prospettive, aderimmo con entusiasmo, perché siamo cresciuti in un’epoca nella quale le grandi questioni costituivano oggetto di approfondimento e confronto con i cittadini e la partecipazione non era uno slogan ma una concreta e continua attività pubblica che coinvolgeva partiti, organizzazioni sindacali, associazioni culturali ed altre espressioni della società civile. Un’attività della società civile, insomma, da cui scaturivano progetti e proposte di cui la mano pubblica non poteva non tener conto.
Oggi invece viviamo un momento in cui troppo spesso, anche su temi di grande rilevanza per la cittadinanza, non c’è alcun confronto né discussione pubblica, e al di là delle invettive e dell’espressione di posizioni pregiudiziali urlate soprattutto sui social non resta nulla.
Anche nelle città del Tigullio l’approfondimento, il confronto e la discussione latitano: si ha l’impressione che i cittadini, che pure spesso si lamentano di disservizi e malfunzionamenti della macchina pubblica, quando poi devono fare lo sforzo di occuparsi di come questa viene gestita si voltino dall’altra parte.
Così come purtroppo avvertiamo la sensazione che da parte di molte Amministrazioni Pubbliche il dialogo e confronto con i cittadini venga vissuto come un fastidio inutile.
‘Piazza Levante’ è nata per cercare, nei suoi limiti, di provare a colmare questo gap e a promuovere comunque e sempre con spirito libero e rispettoso delle opinioni di tutti il confronto sulle grandi questioni del Levante ligure.
La sanità senza dubbio è una di queste grandi questioni e, come si è capito nei drammatici giorni del Covid, è necessario ripensare molte cose che la riguardano a partire dall’importanza della medicina territoriale e delle politiche di prevenzione.
La Liguria e il Tigullio hanno affrontato la pandemia partendo da una posizione di base difficile, rappresentata dall’anzianità, e quindi dalla ‘fragilità’, della popolazione regionale (abbiamo la popolazione più anziana del paese). A livello sanitario la sensazione che si è avuta è che nonostante mille difficoltà, anche grazie all’abnegazione di medici, infermieri, personale dei servizi, il sistema abbia tenuto senza le gravissime situazioni riscontrate in altre regioni (la Lombardia in particolare).
A livello di Tigullio in particolare, ambito che costituisce l’oggetto della riflessione del nostro convegno del 4 settembre all’Auditorium di Chiavari, l’articolazione territoriale delle presenze ospedaliere frutto dell’orografia e della storia di questa parte di Liguria e considerata tradizionalmente un limite alla razionalizzazione del sistema, ha consentito di proteggere i reparti per acuti, con una dislocazione dedicata dei reparti Covid e delle terapie intensive. Tale protezione degli ospedali, e delle loro attività ordinarie, spesso non è stata possibile nelle regioni che in passato avevano particolarmente stressato la concentrazione delle attività ospedaliere sul territorio chiudendo molte strutture ritenute ridondanti e/o inefficienti (vedi il caso lombardo) ed è stata possibile invece in regioni che avevano mantenuto una minore concentrazione dei presidi ospedalieri sul territorio, come ad esempio il Veneto.
Anche in questo caso il Covid-19 ci obbliga a cambiare il modo di vedere le cose e a riflettere in maniera aperta e senza pregiudizi alla situazione sanitaria e alle sue strutture, coscienti del fatto che la pandemia è tutt’altro che finita, che un autunno denso di incognite ci attende, e che in generale dobbiamo prepararci a un futuro in cui episodi come quello che abbiamo vissuto si ripresenteranno.
L’altra ragione del nostro entusiasmo ad appoggiare l’iniziativa del CAM, oltre a quella di principio già menzionata, è stata l’estrema novità della proposta. È la prima volta che un’associazione di privati cittadini non solo elabora una proposta riguardante la sanità pubblica ma è pure disposta a finanziarla in maniera cospicua.
Si è molto parlato in questi anni di sanità pubblica e di sanità privata, ma mai o in pochissimi casi, se non erriamo, il ruolo dei privati era stato concepito come in questo caso come quello di donatori di risorse per il buon funzionamento della sanità pubblica. Almeno dalle nostre parti. È un approccio che si rivelerà prezioso per la gestione di una sanità che di anno in anno diventa più costosa e complessa, chiamata a sfide sempre più impegnative, con una popolazione che invecchia e che vogliamo giustamente che invecchi ‘bene’.
A ben vedere, questo approccio ci riporta all’inizio della moderna sanità anche nel Tigullio, ai busti e alle lapidi soventi rinvenibili nelle parti più antiche dei nostri ospedali con le quali si ricordano i nomi dei singoli e delle famiglie di benefattori che aiutarono la costruzione degli ospedali e dei loro reparti.
In fondo, come spesso accade, il nuovo ha salde radici nella storia. Buon convegno a tutti.