di DANILO SANGUINETI
Uno dei pochi che all’appello della Commissione Tecnico Scientifica, rinforzato dagli inviti, ad alto tasso alcoolico, di Mauro Corona – ‘Se ci tenete tanto a sciare, perché non vi mettete le pelle di foca ai piedi, risalite le valli con le vostre gambe’ – potrebbe replicare ‘Fatto!’ è Matteo Sansalone, marinaio chiavarese, quarantenne, che ha scelto il tipo di sci che contraddistingue i veri amici della montagna, il fondismo.
Padre nobile di ogni modo di gareggiare con una o due tavole, larghe o lunghe, strette o corte, strette sotto i piedi. Lo sci di fondo sta a quello alpino come andare per mare con la barca a vela sta al diporto su mostri cabinati spinti da turbine da aviogetto. Il cultore del passo spinta non può essere che un atleta a 360 gradi: probabilmente solo il canottaggio e la maratona possono essere paragonati a questa specialità, sul piano dell’impegno che richiede e delle doti che esige. Devi avere braccia come pistoni, gambe come bielle e polmoni come mantici per sopravvivere a scorribande di decine di chilometri sulla neve e in mezzo al ghiaccio. Contrariamente a quanto si crede, serve anche la tecnica per evitare di piantarsi su una salita o fare una caduta rovinosa nelle discese che spezzano il percorso rendendolo, come se non bastasse, ancora più massacrante.
Considerazioni che non hanno fermato un ‘matto’ come Matteo Sansalone, che ha deciso di iscriversi, prendere parte e finire (il che non è affatto scontato) alla MarciaLonga, la super maratona di sci, lo spauracchio e allo stesso tempo il sogno di ogni fondista, che prevede nella full version da Moena a Cavalese, 70 km su e giù nella Val di Fiemme.
La 48esima edizione si è tenuta domenica 31 gennaio. Un’edizione inusuale, perché segnata dalle norme anti Covid. Con la pandemia ancora infuriante, invece delle decine di migliaia di partecipanti solitamente registrati, ci si è accontentati di 1500 iscritti, suddivisi nelle sezioni maschile e femminile e nelle categorie per età.
Matteo racconta gli ostacoli affrontati e superati ancor prima di presentarsi ai nastri di partenza. “Beh, intanto solo chi era tesserato per uno ski club ha potuto allenarsi con continuità, dato che amatori e praticanti sciolti in molti casi non potevano uscire dalla loro regione. Gli organizzatori hanno accettato solo gli agonisti, quindi il lotto dei partecipanti era ristretto e molto più qualificato del solito. Nelle edizioni normali provavano a farla anche degli amatori e chi voleva tentare la sorte. Invece in questa solo chi era veramente motivato è andato in Val di Fiemme. Il che non ha impedito che si presentassero diversi stranieri, da Francia e Svezia, con alcuni big”.
Si tenga presente che chi arrivava da fuori Italia ha dovuto superare anche la quarantena di due settimane imposta dalle norme anti Covid. “In più per noi italiani c’era l’autocertificazione, il controllo della temperatura alla partenza e, cosa che dispiaceva più di tutte, l’obbligo di gareggiare a scaglioni ridotti. Non c’è stata la grande partenza di massa che è uno dei momenti più emozionanti della competizione”.
L’importante era però esserci. “È stata un’esperienza magnifica. Ed è stata più dura di quanto mi fossi immaginato. Ma sono arrivato in fondo ed è stato qualcosa che non si può raccontare a parole”.
Il concorrente Sansalone Matteo ha impiegato 6 ore, 33 minuti, 49 secondi e 34 centesimi. Si è piazzato al 760esimo posto assoluto, 135esimo nella sua categoria (M40-49). Un’ottima prestazione, considerata la storia agonistica di Matteo. “Io sono arrivato a 35 anni praticando solo lo sci alpino alla domenica, come un qualsiasi turista. Poi mi sono stufato del scendere-skilift-scendere-skilift, la routine delle solite piste percorse in pochi minuti. E ho deciso di provare con il fondo. È stato subito amore, e dopo 5 anni di allenamenti nei ritagli di tempo concessi dal lavoro (è titolare con il padre di una ditta nel Porto Turistico di Chiavari che si occupa di manutenzione imbarcazioni, ndr), ha deciso di dare l’assalto al mostro, il percorso completo della MarciaLonga.
“In molti pensavano che fosse un’idea malsana. Chi mi suggeriva di iniziare dal tracciato breve, quello di 43 km. Io ho puntato deciso a farla tutta. E finirla in un tempo accettabile”.
Con qualche scoramento lungo le tracce. “Ero molto concentrato su quello che c’era da fare. È una sfida innanzitutto con se stessi, con la propria mente. L’ho fatta tutta a tecnica classica, non sono ancora in grado di padroneggiare il passo spinta o l’alternato, riservato ai ‘pro’ che l’hanno provato in decine di test. Non mi piace neppure lo skating, il passo moderno che consente di andare più veloci. Io sono partito e arrivato con il mio ritmo, attento ad alimentarmi bene (una borraccia di acqua e sali minerali ogni 45’) e soprattutto a non perdermi mai d’animo. La gara oltretutto è diventata durissima per le condizioni meteo. Sino al giorno prima faceva freddo e nevicava. Domenica 31 invece pioveva e faceva caldo (+2°, che per la zona è tantissimo). La neve si è sciolta, non hanno fatto tempo a batterla, e si è sciato su un pantano facendo fatica doppia”.
Per fortuna che… “da un certo punto in poi non senti più neppure la stanchezza, ti concentri sul traguardo e non molli sino a quando non senti l’applauso della gente e vedi le luci del palco”. E poi, “subito dici ‘mai più’; un secondo dopo stai già riflettendo ‘la prossima volta potrei guadagnare secondi la e lì, sicuramente farà meglio…’. La gratificazione di avercela fatta manda in secondo piano ogni dolore”.
Non sa quanti chili ha perso. “Non mi sono pesato prima e dopo. Molti, ma si recuperano in fretta”. Appuntamento al 2022 in Val di Fiemme? “Ci spero. Sarebbe bello potermi allenare in Val d’Aveto. C’è una meravigliosa pista, l’anello del Monte Maggiorasca, che sarebbe un sogno per noi fondisti. Io credo che a Santo Stefano debbano riconsiderare le loro priorità, dati gli sconvolgimenti climatici. Le piste di fondo rispetto a quelle di sci alpino richiedono pochissima manutenzione, niente cannoni, battitura elementare ecc ecc”. E poi si procede isolati o al massimo in gruppetti da 3-4 persone che, di questi tempi, è vantaggio non da poco. “A Canavese ho visto meno assembramenti che la domenica successiva in caruggio a Chiavari”.