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Giovedì 23 ottobre 2025 - Numero 397

Il catasto napoleonico, tra rappresentazione topografica e fiscalità

Una cartografia davvero preziosa che richiede molta attenzione, ma che fornisce dati e permette confronti fondamentali per lo studio e l’indagine diretta sul territorio
La stesura del catasto napoleonico ci fornisce uno degli strumenti più moderni e significativi di documentazione del territorio
La stesura del catasto napoleonico ci fornisce uno degli strumenti più moderni e significativi di documentazione del territorio
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Prosegue la serie di articoli di Giorgio ‘Getto’ Viarengo dedicati ad illustrare la Chiavari dell’Ottocento e i tanti modi ed aspetti per i quali questo può a buon diritto essere riconosciuto come ‘il secolo d’oro’ della nostra città.

di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *

La stesura del catasto napoleonico ci fornisce uno degli strumenti più moderni e significativi di documentazione del territorio. Si tratta di un’articolata serie di tavole, suddivise nei diversi ambiti amministrativi comunali, con il posizionamento delle particelle proprietarie e le singole destinazioni. Le tavole topografiche sono completate dai registri che riportavano i dati dei proprietari, le misure di superficie e le funzioni dei singoli immobili e costruzioni rilevate.

Questo importante fondo è conservato presso l’Archivio di Stato di Genova, dove sono conservate tutte le documentazioni catastali prodotte nel tempo, fondi comprendenti il materiale cartografico, i registri fiscali articolati nei prontuari, matrici e mutazioni. 

Qui è bene rammentare che l’esperienza della Repubblica ligure del 1798 aveva già costituito un primo catasto, realizzato sul censimento dei terreni, affidando tale operazione alle parrocchie, qui riconosciute come unità amministrative. Questa operazione era stata condotta senza realizzare una cartografia di riferimento; i dati erano stati raccolti utilizzando i parroci come referenti dei singoli territori di loro competenza. 

Col decreto 12 gennaio 1807 N° 16, si stabilirono le nuove attribuzioni al Ministero dell’Interno del Regno d’Italia, e tra queste vi era la redazione del nuovo catasto. Nelle carte della Prefettura Francese, presso l’Archivio di Stato di Genova, si trovano le norme pratiche e le istruzioni, le misure dei singoli fogli di rilievo, le legende per le coloriture di riferimento e i segni convenzionali da utilizzare. Da allora in poi sarebbero stati i singoli Dipartimenti (Chiavari rappresentava quello degli Appennini) a incaricare ingegneri, geometri e cartografi di realizzare il nuovo catasto. Fu fondamentale l’indicazione che si sarebbe utilizzato il sistema metrico decimale per tutte le quote ed estimi rappresentati. Il fondo di conservazione in Genova può contare ben 992 carte di rilievo per il territorio di Genova e degli Appennini. 

Il nostro territorio rappresentava e rilevava i comuni di Carasco, Chiavari, San Colombano Certenoli, San Rufino di Leivi, Cogorno, Lavagna, Ne, Casarza ligure, Castiglione Chiavarese, Moneglia, Sestri Levante, Borgo val di Taro, Valdena, Valmozzola, Bedonia, Compiano, Tornolo, Ameglia, Lerici, Trebiano, Sarzana, Castelnuovo Magra, Ortonovo, Santo Stefano di Magra, Fosdinovo, Bolano. 

A queste cartografie si riferiscono i registri fiscali; in questo caso, sempre per lo stesso territorio, si contano 67 registri in cui si rilevano i nomi dei proprietari, le sezioni, il numero di mappale di riferimento, il tipo di coltura, la superficie, la classe e ammontare dell’imposta. Nel tempo questa vasta documentazione subì diversi trasferimenti, in particolare a causa dei cambiamenti istituzionali e dal variare delle norme vigenti, e questi trasferimenti impoverirono non poco l’intera complessità del catasto.

Rileggendo le note storiche prodotte, in particolare il puntuale lavoro analitico di Michela Patrone, si può constatare che con la chiusura degli “uffici tecnici erariali” nell’8 aprile 1963, furono riversati all’Archivio di Stato gli Atlanti di Carasco, San Colombano, San Ruffino (ora Leivi), due buste relative a Chiavari, Lavagna e Cogorno, le tavole e i ruoli di Lavagna, Leivi, Carasco, Chiavari e Cogorno. Nei più recenti riordini i diversi materiali sono stati così archiviati: ogni comune con il “tableau d’assemblage”, a seguire le singole sezioni in ordine alfabetico. Attualmente il Circondario di Chiavari è così riordinato: Cantone di Chiavari con catasto di Carasco, Chiavari, San Colombano Certenoli e San Ruffino-Leivi; Il Cantone di Lavagna con Cogorno, Lavagna e Ne; il Cantone di Sestri con Casarza, Castiglione, Moneglia e Sestri Levante.

A titolo di esempio indagheremo il complesso catastale di Chiavari; la prima tavola è indicata come “Tableau d’Assemblage du Plan Parcellaire de la Commune de Chiaveri. Département des Appennins. Arrondissement Communal de Chiaveri. Canton de Chiaveri. Levé en exécution des Loix & Arretés du Gouvernement et terminé le 30 Mais 1809. Mr Naylies Ingénieur”. Segue la “Sezione A. Premiere Partie”, realizzazione attribuita al 1809 circa.

Questa è la tavola più interessante, e riporta il centro storico compreso tra il Rupinaro e l’Entella, tra la costa e le prime colline. Segue la cartografia indicata “Sezione A. 2me partie”, si tratta dell’estremo Levante alla foce dell’Entella; la successiva è la carta “Sezione A. 3me partie”, qui i rilievi relativi alla porzione nord ovest di Chiavari. Altra tavola, “Sezione A de Chiavari” (ca. 1805 – ca. 1813), completa il lato est della città; ancora “Sezione B dite des Salines” (ca. 1805 – ca. 1813), con il rilievo tra il mare e la colina di Bacezza, “Sezione B” (ca. 1809) riporta il corso del Rupinaro tra la costa e Sampierdicanne; altra mappa è dedicata “Sezione C di Bagezza” (ca. 1805 – ca. 1813), la “Sezione [C]” (ca. 1809) la zona della Chiesa delle Grazie e il Gruppo del Sale. Completano le carte di Campodonico e Maxena, Rovereto e l’areale verso l’Anchetta e Leivi, la zona di Sanguineto, Rì e Caperana.

Una cartografia davvero preziosa che richiede molta attenzione, ma che fornisce dati e permette confronti fondamentali per lo studio e l’indagine diretta sul territorio. Senza queste mappature napoleoniche, come pure senza le carte del Vinzoni e altri rilievi più antichi, mancherebbe quella visione d’insieme, nel tempo che ci mette in grado d’interpretare l’evoluzione dei luoghi nei quali viviamo.

(* storico e studioso delle tradizioni locali)

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