[vc_row][vc_column][vc_column_text]
di ALBERTO BRUZZONE
La matassa è stata, è e sarà ancora molto ricca. Incontri culturali, legati alla politica, alla storia, all’attualità, alle elezioni comunali. Mostre, dibattiti, conferenze, confronti. Momenti importanti per dire che la città e viva e vitale, che c’è ancora un piacere, enorme, nel vedersi e nel parlarsi di persona, alla faccia dei social network, dei like, delle condivisioni virtuali.
Il Bandolo fa cinquanta, alla voce eventi organizzati da quando l’associazione culturale esiste. Un bel traguardo, al quale fa da contorno una media di più di cento partecipanti ad appuntamento. Segno che la ‘fame’ di cultura c’è, e meno male.
Marco Branchetti, che è una delle anime del gruppo, oltre che tra i fondatori, è soddisfatto: “Siamo arrivati a cifra tonda con tanto impegno e, pur con le poche risorse a disposizione, senza mai indebitarci, ma riuscendo a garantire sempre proposte di buon livello”.
Ogni locandina del Bandolo, riconoscibile in quanto sempre a sfondo nero con la banda rossa, è uscita numerata. Un numero per ogni proposta presentata. Il 50 è un omaggio al percorso fatto dall’associazione stessa: “Abbiamo deciso insieme a tutto il direttivo – prosegue Branchetti – che era il momento di raccontare un po’ di noi, di quello che siamo e di dove vogliamo andare. Non è un mistero per nessuno che nasciamo in ambienti di sinistra, siamo progressisti ma non legati a nessun partito. Chi ci identifica con il Pd sbaglia, siamo indipendenti e comunque abbiamo ospitato spesso relatori che non sono ideologicamente affini a noi. Al riguardo, mi fa piacere ricordare che i vari ospiti hanno sempre partecipato gratuitamente ai nostri incontri, condizione importantissima visto che il Bandolo si autofinanzia e non riceve contributi da nessuna organizzazione politica o di qualsiasi altro genere, e questo permette di rivendicare e difendere la propria autonomia e indipendenza”.
Per festeggiare il cinquantesimo, il Bandolo ha organizzato una festa con la collaborazione di importanti artisti locali. Ognuno di loro ha realizzato un’opera che viene esposta in questi giorni presso il Laboratorio Casoni (piazza San Giovanni a Chiavari), sino a venerdì, e verrà poi battuta all’asta sabato alle ore 17,30 presso il Piccolo Auditorium della Filarmonica (largo Pessagno).
Chi volesse avere informazioni sulle opere e sulle base d’asta o fare già un’offerta può contattare il numero 328/4180156. Oltre che visibili ‘fisicamente’, le opere vengono anche progressivamente postate sulla pagina Facebook del Bandolo e sul sito. In occasione della festa, il Bandolo sarà lieto di offrire un piccolo buffet accompagnato da buona musica e tutti i partecipanti saranno omaggiati della tessera sociale.
“Questo evento – osserva Branchetti – segna un momento importante di un ciclo. Perché, tra l’altro, arriva all’inizio della stagione, per la quale abbiamo già interessanti idee. Parleremo, ad esempio, dei lupi sull’Appennino ligure, ma anche del popolo Saharawi e di Giuseppe Tucci, esploratore italiano famosissimo per aver curato parecchie spedizioni in Tibet. Poi, come sempre, ci sarà spazio per l’attualità e la politica”.
Nel 2017 il Bandolo è stata l’unica realtà chiavarese ad aver organizzato un confronto tra tutti i candidati sindaco a Palazzo Bianco. Tutti meno uno, l’attuale primo cittadino Marco Di Capua: “E’ stato un peccato, perché era una bella occasione di confronto. Una caduta di stile da parte del candidato oggi sindaco. Ma la serata è riuscita bene lo stesso”.
Tra gli incontri di maggior successo, Branchetti ricorda anche il primo: “Abbiamo subito fatto il botto perché il tema era il fine vita, avevamo invitato don Andrea Gallo e in quei giorni la notizia su tutti i giornali era quella di Eluana Englaro. Poi è andato molto bene anche l’evento dedicato alla famiglia Kasman: segno che a Chiavari la Resistenza è sempre molto sentita, nonostante per anni ci sia stato chi ha tentato di oscurarla. Ma se certi temi vengono trattati dal punto di vista storico e non prettamente politico, hanno poi un indubbio riscontro positivo”.
Branchetti ricorda un po’ di storia del Bandolo, a partire dal nome: “Ci abbiamo pensato parecchio, poi una sera a una delle nostre fondatrici è venuto Bandolo. Era un’illuminazione. Come aver trovato la parola giusta in mezzo a quella matassa di parole che avevamo messo l’una dopo l’altra. Era semplicemente perfetto. Come fondazione, siamo nati nel 2008. L’idea è partita da Renzo Callegari e Mauro Ferretti, insieme a Ugo Cordano. Poi si sono uniti altri elementi, tra cui anche io. Oggi faccio il tesoriere, ma la gestione è piuttosto ‘anarchica’, nel senso che ruotiamo spesso. Una delle nostre ultime associate è Pina Rando, la storica direttrice del Teatro dell’Archivolto. Ci fa molto piacere perché è una persona con grandissima esperienza e moltissime conoscenze nel campo culturale”.
Il resto è una gestione molto semplice: “Non abbiamo sede, non vogliamo contributi, raccogliamo quel poco dai soci, anche perché, per statuto, le donazioni non possono andare oltre i cinquanta euro. Ma, nonostante tutto, non siamo mai andati in rosso”.
Cinquanta incontri sono un bel traguardo. La voglia di andare avanti è ancora più bella. “A Chiavari ce n’è bisogno”, conclude Branchetti.
In tempi di fake news, di informazioni distorte e tendenziose che arrivano – e non s’era mai visto prima – persino dalle sedi istituzionali come Palazzo Bianco (dove si continua a fare campagna elettorale come se ci fosse ancora da votare per il ballottaggio), è davvero necessario tener vivo e in attività il cervello delle persone.
Contro chi cerca di spegnerlo a suon di propaganda.
L’INTERVISTA DI MARISA SPINA A CINZIA FERRANDO E MARCO BRANCHETTI
[/vc_column_text][vc_video link=”https://youtu.be/F9KGNN_J8iM” align=”center”][/vc_column][/vc_row]