di ALBERTO BRUZZONE
“Se vogliamo dare la definitiva spallata al virus e metterlo in un angolo, allora credo proprio che la terza dose di vaccino, o la seconda per chi ha ricevuto il siero monodose, siano non solo utili, ma necessarie”. Ne è convinto il professor Giancarlo Icardi, ordinario di Igiene Generale e Applicata alla Facoltà di Medicina dell’Università di Genova e direttore dell’Unità Operativa Igiene dell’Ospedale San Martino di Genova. Il medico genovese, allievo del celebre luminare Pietro Crovari, è oggi a sua volta uno dei decani della medicina in città, essendo entrato come specialista nel 1981, e gode di unanime stima: “La terza dose per tutti è una strada da considerare seriamente. Non un obbligo, perché nessuno è obbligato, ma siamo in una fase delicata. Stiamo vedendo la fine del tunnel dopo diciotto mesi di pandemia e ormai la stragrande maggioranza delle persone hanno capito che se ne esce solamente sottoponendosi a questo tipo di trattamento medico”.
Professor Icardi, le terze dosi sono già iniziate per alcune categorie e per gli over 60. Per tutti gli altri, che tempi ci sono?
“Io credo che vadano rigorosamente rispettate le priorità. E quindi, come si è fatto, partire dagli over 80, dalle persone ultrafragili e ultravulnerabili, da quegli anziani che vivono nelle residenze sanitarie assistite, passando per tutti gli operatori sanitari, visto che i contagi in questa categoria hanno ripreso a salire e c’è bisogno, al contrario, di tener controllata la situazione. Bene l’apertura agli over 60, quindi a ruota sì, consiglierei la terza dose per tutti. Sono naturalmente scelte che spettano al decisore politico sulla base delle indicazioni da parte della scienza, ma è chiaro che il sistema immunitario può perdere degli anticorpi e quindi, in questi casi, occorre un ‘rinforzo’”.
La strada sarà più veloce anche per i vaccinati con il siero monodose, ovvero quello prodotto da Johnson & Johnson?
“Di questi vaccini ci sembra di conoscere tutto. In realtà sono in utilizzo tra la popolazione da meno di un anno. Ogni azienda ha avuto un approccio differente: basti pensare che sono centoquaranta le aziende farmaceutiche che hanno proposto un vaccino anti-Covid, che fosse o innovativo o tradizionale, ma poi pochissime sono arrivate in fondo a tutto il percorso necessario per le autorizzazioni. Per il Johnson & Johnson, ovvero un vaccino a base di un virus vivo e attenuato, una dose unica è sufficiente per l’immunità: dire se per due o quattro mesi dipende dai singoli casi, ci sono troppe variabili”.
Consiglia un test sierologico prima di un’eventuale terza dose?
“Il test sierologico lo si può sempre fare, ma non ha nessun valore per indirizzare la vaccinazione, come specificato dal Ministero della Salute. Quando sono in gioco la sanità pubblica e la sanità collettiva, come in questo caso, sono altre le strategie da perseguire. Peraltro, non sappiamo quali e quanti anticorpi siano effettivamente neutralizzanti rispetto alla catena di replica del virus”.
L’altro grande tema in discussione è se allargare il percorso vaccinale anche alla fascia compresa tra i 5 e i 12 anni. Che ne pensa?
“Ci sono varie dichiarazioni, sia a livello nazionale che europeo, ma per adesso non c’è alcuna posizione ufficiale. La situazione è estremamente fluida, e fare delle ipotesi dal punto di vista medico non è semplice. Io credo che dal punto di vista scientifico sia bene che ci siano studi e sperimentazioni cliniche sulla fascia tra i 5 e i 12 anni, perché non sappiamo dove andrà a parare questo virus, se diventerà endemico o meno, se muterà o meno: e quindi sapere di avere un’arma in più anche per chi ha meno anni, ben venga. Dire invece se arriverà o meno un’indicazione terapeutica, questo è presto. L’importante è sperare che nel giro di due o tre mesi si sia fuori da questo stato di emergenza e ci si possa riappropriare di una vita più o meno normale. Sull’efficacia dei vaccini nella fascia tra i 5 e i 12 anni, comunque, io non avrei dubbi. È una possibilità che abbiamo in più, nel caso dovessero esserci altre brutte sorprese che però, al momento, mi sento proprio di escludere”.
Il 31 dicembre terminerà lo stato di emergenza?
“Mi pare che il decisore politico sia orientato in questo senso. Ma resta il fatto che del Covid-19 conosciamo ancora molto poco. Ritengo comunque che non dovrebbero esserci sorprese. La nuova variante Delta Plus non è stata ancora rintracciata nei laboratori liguri, mentre ormai possiamo dire con certezza che la totalità dei casi è provocata dalla variante Delta”.
Negli ultimi giorni sono aumentati i contagi. Come mai?
“In effetti, c’è un lieve aumento di casi, tra contatti stretti, in famiglia. Si tratta comunque di fluttuazioni non significative, e che al momento non destano preoccupazione. I numeri del Covid sono costanti e stabili. Inoltre, assistiamo a un aumento dei tamponi rapidi e, siccome l’infezione si manifesta anche in maniera asintomatica, non mi stupisce l’aumento di positivi. Comunque, anche se aumenta il numero dei vaccinati, la pandemia non è per nulla finita: questo dev’essere ben chiaro a tutti. Non ne siamo fuori, la vaccinazione ha ridotto la circolazione, ma ci si può contagiare anche tra vaccinati”.