di DANILO SANGUINETI
Il mezzo secolo compiuto da un’azienda niente ha a che fare con la mezza età del signore inventato da Marcello Marchesi. La piena maturità dà adito a turbe e disagi solo per i bipedi. Il tempo in un cantiere navale scorre in maniera differente, l’unità di misura è il varo, un parto dove la “creatura” ha una gestazione lunga ed il travaglio è, per forza di cose, più ingombrante. Le stagioni sono compresse se c’è da soddisfare parecchie ordinazioni, si dilatano in un incedere ragionato quanto c’è da preparare un nuovo progetto. A ragione di ciò gli stessi festeggiamenti per il primo mezzo secolo di esistenza del Cantiere Castagnola Yacht si manifesteranno in maniera atipica, conforme a un modo di essere: parchi, eleganti, significanti.
L’appuntamento – dedicato a chi può apprezzare quel genere di opere che qui dalle nostre parti, per lunga e consacrata tradizione, sono confluite nella categoria “opere d’arti” – è fissato come annuncia il titolare dell’azienda, Gabriele Maestri: “Festeggeremo con diversi ospiti i primi cinquant’anni di attività presso il nostro cantiere. Tutti insieme brinderemo a questo importante traguardo. Servirà per scoprire i nuovi progetti e far conoscere parte delle costruzioni ideate e realizzate”.
Costruzioni che sono state concepite da due menti ugualmente brillanti, una linea ereditaria diretta visto che si tratta di nonno e nipote; Giovanni Castagnola, il fondatore, scomparso nel 2017, ottantenne; Gabriele, il prosecutore, solamente trentenne eppure “dentro” l’azienda da prima della maggiore età, al timone di essa poco dopo averla raggiunta e già nel 2018 realizzatore di un sistema di costruzione di scafi in legno innovativo, performante, ecofriendly, invidiato dalla concorrenza…
Prova a spiegare ai profani. “Il processo costruttivo con la tecnica WTS (Wood in Tech Skin) garantisce all’imbarcazione sulla quale viene usato una prestazione eccelsa in termini di navigazione e manutenzione conservando le caratteristiche di sicurezza, eleganza e leggerezza tipiche del legno. Il rivestimento della superficie esterna dello scafo in legno è in fibra di vetro e/o fibra di carbonio, e viene eseguito mediante il processo dell’infusione con sacco del vuoto. Il rivestimento con fibra e resina avviene solo all’esterno mentre le strutture interne vengono lasciate a vista e trattate con vernici all’acqua che valorizzano l‘aroma tipico e naturale del legno”.
I vantaggi sono innumerevoli. “Dà un taglio ai costi della manutenzione, una barca in legno costruita con questo sistema è paragonabile a una in vetroresina. Possiamo customizzare, ossia modulare sulle richieste del cliente l’imbarcazione. È una barca che garantisce totale sicurezza in navigazione. La struttura in legno oltre che dal punto di vista estetico brilla per il controllo della temperatura e dell’umidità”.
Potrebbe bastare, invece c’è di più: “E’ un mix unico di artigianato e tecnologia. Molte fasi della costruzione sono realizzabili solo manualmente da esperti artigiani. La progettazione viene sviluppata con l’ausilio di software 3D, le strutture e altri elementi possono essere tagliati con macchina a controllo numerico CNC, diminuendo tempi di lavorazione e agevolando in parte il lavoro umano. Infine il vantaggio che di questi tempi viene per primo: “Le nostre barche sono “verdi”. Grazie a un sottile strato di rivestimento delle strutture in resina epossidica e all’utilizzo di materiali derivanti da foreste gestite rispettando rigorosi standard ambientali la costruzione in legno con il processo WTS può essere considerata ecocompatibile rispetto ad altre costruzioni presenti sul mercato. Inoltre la maggior percentuale del peso dell’imbarcazione risulta riciclabile”.
Può bastare per comprendere che Castagnola Yacht non è invecchiato in questi 50 anni, anzi forse solo ora sta raggiungendo la piena maturità. Gli ultimi progetti hanno spopolato. Basterebbe un’occhiata all’Heritage 9.9 che come spiega il maestro d’ascia (certificato) Maestri è “è un prodotto esclusivo, disegnato da Nauta Design e seguito dallo studio di Ingegneria e Naval Architecture Names di Francesco Rogantin. Progettato analizzando il mercato attuale e focalizzato su una nicchia esclusiva di utenti è nato per essere usato come chase boat di superyachts di grandi dimensioni o come day-cruiser per piccole crociere”.

Oppure alla Zattera. “Nasce da un’idea di Olav Selvaag e Renzo Piano, su progetto di Nauta Design e Names by Francesco Rogantin, la Zattera 24m con propulsione sviluppata da Siemens Energy. Si tratta di una costruzione in legno, materiale antico che rivive, e che rimane il più ecologicamente sostenibile, ma dal carattere moderno, con un design essenziale e originale che mette in risalto la pulizia e la semplicità delle linee dello scafo”. Oggi in linea di produzione c’è l’Heritage 15. E continua a spopolare l’Heritage 9.9, adesso in versione US, e si sta lavorando a una versione con motori all’idrogeno che lo farà diventare lo stato dell’arte nel campo della sostenibilità dell’industria nautica. Industria che nella parole di Gabriele Maestri sembra doversi preparare a tempi un po’ più cupi: “Dopo un periodo di angustie coinciso con l’inizio della pandemia, la fine dell’emergenza ha portato nel nostro settore ad una crescita notevole, in certi momenti da record storico. Nell’ultimo triennio abbiamo corso, quasi volato”.
Eppure Maestri non è tranquillo. “Per me dobbiamo prepararci ad un rallentamento della crescita, se non addirittura ad una flessione del mercato. La causa? Molto semplice: ci sta venendo a mancare la manodopera, sia la manovalanza che soprattutto quella qualificata, decisiva nella nautica”. I motivi della penuria di personale sono tre, concomitanti e concorrenti a spiegare un clima che nel nostro paese almeno è diffuso: “Il nostro mestiere non è “a la page”, non garantisce lauti stipendi, almeno all’inizio, è impegnativo e faticoso. I nostri operai migliori, i maestri d’ascia sono avanti con l’età, dovrebbe esserci un ricambio naturale ed invece debbono rimanere sulla breccia perché alle loro spalle c’è poco o niente”. E come potrebbe essere altrimenti nel paese della perversa triade “posto fisso-aspetto lo stato-tengo poco voglia di faticare”?
Lavorare con le mani invece di mettere i piedi su una comoda scrivania? Non sia mai. Lavorare dodici mesi su dodici, a volte sette giorni su sette invece che due mesi come bagnino o rider? Certo qui si impara, si fanno grandi opere, si progredisce (anche nei compensi) ma si suda. Non se ne parla proprio. “Spero di sbagliarmi – riflette un Maestri che giovane lo è ancora e che pure pensa “maturo ” – ma penso che questa mentalità sia prevaricante. C’è il rischio che per mancanza di equipaggio la barca possa incagliarsi”. Pessimo razionale che viene cancellato dall’ottimismo dell’entusiasta. “Faremo l’impossibile perché non accada. Le idee non ci mancano e abbiamo le energie e la voglia perché la “nostra barca” continui a filare sulle onde senza temere il “fortunale”. Tipico di chi è abituato a guardare oltre l’orizzonte. Un atteggiamento che va additato ad esempio. Imitiamolo perché “Winter is coming”. E non per l’effetto dell’inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’eclittica.