di ALBERTO BRUZZONE
“È come quel palazzo, ma ancora un po’ più alta”. A un certo punto, mentre passeggia per Chiavari, Hugo Vau si ferma per un caffè in piazza Mazzini. Parla dell’onda che ha surfato, che lo ha reso famoso, che gli ha cambiato la vita. E indica la facciata dell’ex tribunale.
Immaginate un muro d’acqua alto così e anche di più. Il surfista portoghese c’è salito sopra con la sua tavola, poi ha iniziato la sua discesa e mentre l’onda si arrotava contro la spiaggia, lui ha coronato una straordinaria avventura sportiva e di vita.
Ne ha parlato ieri sera, con dovizia di particolari e con tantissima empatia, al Giardino dei Lettori della Società Economica di Chiavari, nell’ambito dell’incontro organizzato da ‘Piazza Levante’.
Hugo Vau (la foto in alto è di Daniel Espìrito Santo), infatti, è in questi giorni in Italia per presentare il suo libro ‘Big Mama. La madre di tutte le onde’, edito da Tea editore e scritto a quattro mani con il giornalista Fabio Pozzo, che da sempre si dedica con particolare attenzione alle tematiche legate al mare.
Tutto esaurito al Giardino dei Lettori, dov’è stato presentato in anteprima il video dell’impresa, che parteciperà ad alcuni festival: stupisce la forza della natura, la potenza delle onde, il coraggio di Hugo Vau, il gioco di squadra, la tranquillità con cui parla alla radio insieme a chi, con lui, ha compiuto questo gesto.
“Dietro c’è un lavoro di squadra – afferma – Ognuno di noi è custode della vita dell’altro”. Non è pensabile, infatti, surfare da solo un’onda così alta. È un obiettivo che richiede preparazione, attenzione ai minimi particolari, attesa. Hugo Vau e i suoi amici questa onda, la madre di tutte le onde, l’hanno aspettata per sette anni, sulla spiaggia di Nazaré, una città del Portogallo che era già famosa per le ‘big waves’ e che dopo ‘Big Mama’ lo è diventata ancor di più.
“Squadra perché il surfista viene portato in cima all’onda con una jet sky, una moto d’acqua. Poi, quando ha finito di surfare, con la stessa jet sky viene recuperato, altrimenti non ce la farebbe a salvarsi”. Poi, c’è uno dei ruoli centrali: la persona che sta a riva e che ha il compito di segnalare le onde. È lui che stabilisce quali sono quelle buone, quali è meglio non cavalcare, quando arriva quella giusta, com’è la sequenza. È anche la persona che si occupa dei video e delle fotografie.
“Ma è chiaro che quando si ha davanti un’onda di 35 metri, si vede quasi tutto bianco. Per questo il record non è stato omologato”. Nel libro, Hugo Vau e Fabio Pozzo lo raccontano bene: “Ogni anno la World Surf League assegna i primati mondiali, ma in questo caso non ha riconosciuto l’impresa perché non si vedeva abbastanza bene. Poco male, il record non omologato ha fatto sì che se ne parlasse ancora di più”.
E qui il surfista strappa l’applauso più grande: “Potevo fare ricorso, far partire una battaglia legale? Sì, avrei potuto. Ma non è questo il mio rapporto con l’oceano. Il mio rapporto con l’oceano è emozione, è poesia, è difesa dell’ambiente”. Da diversi anni, Vau ha sposato la causa ambientalista, ha creato una fondazione per la tutela degli oceani, è ambasciatore delle riserve marine in Portogallo, ha insegnato la pesca sostenibile ai pescatori delle Azzorre, le isole in mezzo all’Oceano Atlantico dove ha deciso di vivere. “Io – racconta – ho iniziato ad appassionarmi all’acqua a cinque anni. Solo che abitavamo a Lisbona e i miei genitori mi portavano in piscina. Sono stato un nuotatore professionista per quindici anni, nel frattempo ho iniziato a surfare. Mi sono laureato in psicologia, ho insegnato a scuola ai bambini per otto anni, ma quando è mancata mia mamma dopo una lunga malattia, ho sentito il bisogno di cambiare vita”.
Così Vau ha preso il suo furgone, le sue canne la pesca e le tavole da surf: “Ho dormito in auto per vario tempo, ho vissuto con i pesci che pescavo e che riuscivo a vendere, poi è arrivata l’occasione di un video promozionale di surf a Nazaré e da lì è partito tutto”. Oggi Hugo Vau si è sposato e ha un figlio di un anno. Nel frattempo, dopo ‘Big Mama’ ha avuto un brutto incidente con la jet sky che lo ha tenuto fermo per un po’. Ma sta riprendendo a poco a poco a surfare come un tempo.
Il tempo, a proposito: è un concetto relativo per chi ha scelto di vivere così. In mezzo al mare, ad aspettare l’onda buona. La storia di Hugo Vau insegna che un rapporto genuino, onesto e rispettoso con la natura si può ancora instaurare. Ed è il migliore che si possa instaurare. Amicizia, fedeltà, passione, ideali: quanta bellezza c’è nel gesto di cavalcare un’onda. Poi questa andrà a morire sulla spiaggia, ma al surfista sarà bastato per sentirsi vivo a lungo. Sino alla prossima ‘Big Mama’.