di ALBERTO BRUZZONE
“L’aspetto paradossale, in questa vicenda, è che l’azienda va bene, che le commesse ci sono e che la sede italiana è considerata la migliore del gruppo a livello internazionale”. Per questo, “i licenziamenti non si spiegano, non hanno nessun motivo e nessun fondamento. Noi ovviamente li rigettiamo, questa mattina faremo un’assemblea con i lavoratori e, subito dopo, ci sarà il primo di una serie di scioperi, per riuscire a portare avanti una trattativa su questo fronte e scongiurare la perdita di posti di lavoro”.
A parlare è il delegato di Fim Cisl, Marco Longinotti, che ieri, insieme ai colleghi della Fiom Cgil e della Uilm, ha incontrato i vertici aziendali della Hi-Lex, il colosso giapponese di componentistica per auto che ha inChiavari, nella zona di San Rufino, il quartier generale italiano, negli spazi che un tempo erano della Lames e che proprio da questa multinazionale vennero rilevati.
Longinotti era presente al primo tavolo di confronto con azienda e Confindustria, nell’ambito della procedura, annunciata dalla proprietà, che prevede ventidue esuberi sul totale di duecentoquaranta lavoratori, “praticamente il dieci per cento della forza lavoro, e non è certo poco”, osserva il sindacalista della Cisl.
Quello che lascia basiti, però, non è la procedura di licenziamento in sé, ma il fatto che avvenga in un momento in cui non c’erano avvisaglie di crisi, “soltanto dei rallentamenti dovuti alla crisi delle materie prime post Covid, ma con importanti prospettive di ripartenza in autunno. E allora, perché non mettere questi lavoratori in pausa, invece di licenziarli, attraverso il ricorso agli ammortizzatori sociali?”.
La domanda è d’obbligo, anche perché “si potrebbe gestire la cosa attraverso dei contratti di solidarietà”, anche se la volontà di tagliare il personale, secondo alcuni, nascerebbe da molto lontano, ovvero da quando Hi-Lex subentrò a Lames.
“La crisi delle materie prime sembra solo una scusa”, chiosa Longinotti, che annuncia “mobilitazioni a livello aziendale”, ma anche la ferma volontà di “lavorare tutti insieme per arrivare a una soluzione condivisa. Abbiamo settantacinque giorni di tempo, c’è bisogno del territorio, della politica, delle istituzioni. C’è bisogno dell’impegno da parte di tutti”.
Hi-Lex, con i suoi duecentoquaranta addetti, è, come si può capire, una delle principali realtà produttive del Levante genovese, insieme a Fincantieri e ad Arinox. Per questo la vertenza ha fatto subito notizia e suscitato un forte scalpore. “Con Lames era stata messa una pezza, adesso i nodi vengono al pettine”, fanno notare persone che c’erano allora e ci sono ancora adesso.
Alla parola esuberi, sia Fiom che Fim e Uilm hanno abbandonato il tavolo: “Per noi anche un solo licenziamento è irricevibile, si devono trovare altri modi per fronteggiare la crisi”, spiega Paolo Davini, segretario Fiom Cigl Tigullio. E Luigi Pinasco, della segreteria Uilm Genova, aggiunge: “Hi-Lex vuole aprire la procedura di licenziamento per diciotto operai e quattro amministrativi: anche per noi i licenziamenti sono irricevibili e vorremmo contrattare misure conservative come ad esempio la solidarietà. Non dimentichiamo che questi lavoratori escono da due anni di cassa integrazione”.
Inizia a muoversi anche la politica. “Massima solidarietà e vicinanza ai ventidue lavoratori della multinazionale giapponese Hi-Lex che rischiano il licenziamento – dice Luca Garibaldi, consigliere regionale del Partito Democratico – Solleciterò con urgenza, insieme ai consiglieri regionali del territorio, la Regione Liguria affinché si mettano in campo tutte le iniziative necessarie per la difesa dei posti di lavoro e per il supporto al comparto dell’automotive. La pandemia e la crisi dei materiali hanno dato un duro colpo al comparto dell’automotive provocando un calo di fatturato, ma i diritti dei lavoratori devono essere al primo posto sempre, e soprattutto in un momento così difficile. Non si possono perdere altri posti di lavoro, è necessario trovare soluzioni alternative per non far ricadere sui lavoratori la crisi dovuta alla pandemia”.
E ieri sera i vertici dell’azienda, con il vice presidente Paolo Pajardi e il capo del personale Edoardo Patrone, hanno incontrato anche alcuni rappresentanti dell’amministrazione comunale chiavarese. Per Palazzo Bianco è l’ennesimo fronte da seguire, l’ennesima situazione critica sulla quale ci sarà da prendere posizione senza se e senza ma, cogliendo l’opportunità di dimostrarsi politici all’altezza.
“Abbiamo chiesto garanzie all’azienda che non si aprano ipotesi di delocalizzazione e sul punto ci è stato garantito che rimarrà a Chiavari. L’attuale situazione è dovuta alla crisi mondiale di alcuni settori della produzione e in particolare dell’automotive – commentano la sindaco facente funzioni, Silvia Stanig, e il presidente del Consiglio Comunale, Antonio Segalerba – È un momento indubbiamente delicato a causa delle ripercussioni che la pandemia ha avuto nel settore dell’automobile e per l’approvvigionamento delle materie prime, ma lo è ancor di più per i ventidue lavoratori che si trovano ad affrontare questa situazione di incertezza durante un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. Auspichiamo che si possa trovare un giusto dialogo con i sindacati e che vengano adottate tutte le misure necessarie per sostenere i dipendenti, anche attraverso ammortizzatori sociali e indennizzi, riducendo al minimo gli esuberi. Seguiremo attentamente gli sviluppi della vicenda con la massima attenzione verso i lavoratori e le loro famiglie, cercando di dare il nostro contributo”.
Più che ridotti al minimo, gli esuberi vanno cancellati, cari amministratori chiavaresi. Dev’essere questa la priorità. Altrimenti, si parte deboli e sconfitti già in partenza.