di DANILO SANGUINETI
Maledizione ai cliché: è giovane, carina e ‘nonostante’ ciò è intelligente e pure visionaria. Francesca Pedrini, ideatrice di Gram Factory ha la decisione e l’entusiasmo tipica degli innovatori, è una game changer naturale: ha portato nella Riviera di Levante una cosa che prima di lei non solo non esisteva, ma in pochissimi avrebbero saputo dire di cosa si tratta. Ha creato dal niente un servizio di influencer marketing: è in pratica una mediatrice che riesce a mettere insieme domanda ed offerta di presenza e intervento sui social, semplificando al massimo è una broker digitale.
Dal suo osservatorio privilegiato di ligure che lavorava altrove, a Milano, ha notato come tante, troppe aziende del territorio, da Genova a Sestri, fossero gestite non da nativi ma da ‘naif’ digitali, che si verificassero delle voragini dal punto di vista comunicativo, nell’era di Internet e del dominio dei social media si brancolava nel buio, sordi al fragore di un mondo dell’advertising che viaggia alla velocità del suono. La storia personale di Francesca si intreccia con quella lavorativa.
“Sono di Genova ma dai 21 anni fino a un mese e mezzo fa, al giro di boa dei 30 (nascosti con una facilità che fa rabbia ndr) ho vissuto e lavorato a Milano in due importanti agenzie”. Influencer Strategist presso una, Project e Talent Manager presso l’altra. Ha studiato Fashion Photography presso l’Istituto Europeo di Design e Social Academy presso Condè Nast.
“Tornavo in Liguria solo nei weekend. Come potete comprendere non si può togliere il mare ad uno nato da queste parti…”. Nel suo pendolarismo da fine settimana ha avuto tempo e modo per riflettere sul paesaggio non solo geografico che le si apriva di fronte una volta scavalcato l’Appennino. “Nel 2019 ho avuto la rivelazione. La Liguria è un gioiellino, come viene promossa sui social? Il messaggio che manda è adeguato ai tempi nuovi? Chi e come la racconta sui social, che, piaccia o meno, oggi come oggi sono fondamentali dato che influenzano le scelte non solo di acquisto, ma anche di vita. Quattro anni fa ho pensato di creare un network dei migliori influencer del Levante ligure, per capirci la zona tra Genova, inclusa, e Sestri Levante”.
Con pazienza spiega la genesi del suo progetto con parole comprensibili anche al più attardato boomer. “Mi sono messa a cercare le firme migliori tra gli influencer della area prescelta. Li ho cercati uno ad uno, volevo quelli che fossero in grado di interessare, di toccare il cuore delle persone. Soprattutto ho scelto coloro che avevano tanti follower reali, perché ovviamente era ciò che faceva realmente la differenza”.
In questo campo, un settore mobilissimo e molto competitivo, è assai facile cadere nelle più svariate trappole. “Come in tutti i rami di Internet c’è ampio spazio per i fake. Vedasi gli autonominati guru che accampano migliaia account di seguaci fasulli. Io mi sono messa con il famoso lanternino a cercare le persone giuste per il mio progetto. Ancora oggi le ‘mie ragazze’ sorridono quando ripensano al mio approccio. Ricordo benissimo la prima telefonata fatta: non è stato semplice spiegare e convincere. Non ho guardato ai numeri quanto alla qualità: puntai anche su influencer ‘piccoline’, che avevano 10mila follower (nella scala di valori dei social poco più di un ‘gruppetto’ di amici) ma nelle quali intravedevo delle potenzialità, e convinsi big da 250mila e passa ‘associati’. Tutti, senza eccezioni, piccoli e grandi, sono cresciuti di numeri e di prestigio, in questo quadriennio”. Il racconto chiarisce anche da dove viene il nome Gram Factory. “Poiché lo scopo iniziale era di promuovere il territorio usando tutti i social. Quindi Gram per ricordare che Instragram rimane la app migliore per questo scopo perché permette di condividere foto e brevi video, di applicare filtri, di pubblicare post. Factory, ossia fabbrica in inglese, per sottolineare il lavoro collettivo che c’è dietro, con persone che vogliono costruire qualcosa che prima non c’era”.
La sua cortesia impedisce di sottolineare come Instagram assieme a Tik Tok e, in parte, Whatsapp siano le app preferite dalle generazioni X e Z, che hanno abbandonato ai Boomer e ai Millennials Facebook e X, un tempo conosciuto come Twitter. “Attirare gli utenti più giovani è essenziale per il nostro tipo di marketing però il nostro intento è non tralasciare nessuna fonte. Tanto è vero che dopo due anni, nel 2021 ho pensato di ampliare la offerta, di offrire altri servizi cercando di arrivare anche a clienti che per anagrafe o business potessero sembrare più lontani dal nostro modello. Ho preso come braccio destro un bravissimo informatico che mi aiuta a disegnare e proporre advertising per le aziende, costruire siti su misura per le varie ditte, insomma accompagnare su Internet chi ne aveva bisogno o chi c’era già ma non era convinto di quanto offriva”.

Gram Factory decide di non porsi limite. “Vogliamo essere il punto di riferimento per la zona, ma lavoriamo anche a livello nazionale. La mission è fare da ponte tra il reale, il sociale e il commerciale. Provando a far comprendere che se stare su Internet è diventato semplice, starci ‘bene’, comprendo le dinamiche assai complesse che lo regolano lo è molto meno”. Per darle ragione basta ricordarsi di recenti fragorosi fallimenti anche da parte di grossi nomi, privati e pubblici…
Messo un paletto, chiarito il concetto, lei è già oltre. “Abbiamo predisposto ulteriori feature. L’anno scorso decidemmo di stare sempre più dentro i social e il riscontro alle nostre proposte è stato immediato e soddisfacente. Si parla molto del Levante, come zona con imprenditori e commercianti refrattari alle novità, diffidenti. Forse un tempo era così ma per quanto ho potuto constatare c’è tanta disponibilità, soprattutto c’è voglia di capire e di stare al passo con i tempi”. Potrebbero essere terminati i tempi di “Il sito della società l’ho fatto fare da mio cugggino”…
“Noi non solo facciamo, portiamo risultati e abbiamo il modo di dimostrarlo in maniera incontrovertibile. Per esempio abbiamo collaborato al progetto Niasca Portofino”. Sta parlando di una società fondata da residenti e frequentatori di Portofino con lo scopo di recuperare le tradizioni locali, porre fine allo stato di abbandono delle campagne, riqualificare alcuni spazi disabitati da lungo tempo, fare da volano per le attività di terzi che apportino valore al territorio, offrire servizi e prodotti di alta qualità a prezzi accessibili, rendere Portofino un luogo vivo dodici mesi l’anno, destagionalizzare e incrementare il turismo, far conoscere Portofino e i suoi prodotti tipici in Italia e all’estero.
“Niasca ha stretto una partnership commerciale con il Genoa. Lo scorso campionato di serie B in tutte le partite in casa, le nostre ragazze erano allo stadio e raccontavano le esperienze sui social”. Non è un caso che i digital manager del Grifone sono giovani e considerati tra i migliori tra i club italiani. “Da mesi stiamo proponendo a diversi ristoranti e altri luoghi di incontro il ‘Social Dinner’. Uno dei nostri format più forti. Un momento conviviale che si trasforma in condivisione digitale. Raccontiamo quello che è il locale, l’offerta gastronomica, la situazione. La prima che abbiamo fatto è stata Villa Porticciolo a Rapallo. Il successo è stato tale che molte altre aziende hanno seguito l’esempio rapallese. Può trattarsi di pranzo come di cena, a volte può addirittura essere un ‘social aperitif’. Conta il concetto”.
Colto anche da nomi già molto noti. “Potrei citare Zefirino. È un esempio di come un locale storico che ha un proprietario visionario, che non vuole vivere sugli allori e che sa che bisogna stare al passo con i tempi. O i Bagni Segesta che propone social dinner due volte al mese”. Francesca non ha lasciato, e ora raddoppia. “Stiamo per lanciare il nuovo sito. Lo faremo tra pochi giorni, prima di metà settembre. Ormai il dado è tratto, un mese fa ho lasciato le due agenzie di Milano ed ho deciso di tornare a vivere qua. In quest’anno abbiamo realizzato altri progetti che sono talmente riusciti da vincere i miei ultimi dubbi. Per esempio in collaborazione con la Fiumara una campagna per riflettere su come ci si esprime su Internet, senza filtri, giudicando troppo e a volte dicendo cose sbagliate. Poi la campagna ‘Sporta Verde’ per promuovere acquisti e comportamenti eco consapevoli. Oppure la collaborazione con Riviera Film Festival di Sestri, una sinergia che è cresciuta nel tempo”.
Siamo all’ultimo miglio. “Oggi posso andare da un imprenditore e dirgli con precisione cosa gli serve e come fare per ottenerlo. Siamo in grado di tarare le proposte, l’offerta sulla misura dell’acquirente. E fargli vedere chi clicca, su cosa clicca, le sue reazioni dettagliate alla proposta. È un valore aggiunto importantissimo. Perché non c’è un modello di campagna pubblicitaria su internet che vada bene per tutti, dovunque e in qualunque momento. Poter calibrare le informazioni è vitale”.
La pandemia e la susseguente crisi economica non hanno frenato Gram Factory. Anzi. “Perché tanti hanno compreso che occorreva distribuire le risorse con intelligenza. E che bisogna sapere ragionare sul lungo periodo. Interventi come quelli da noi proposti non possono dare un responso immediato, sono semi gettati nella Rete e che invariabilmente, per chi sa attendere, danno raccolti copiosi. Anche questo concetto inizia a essere recepito È un mondo nuovo per alcuni, un mondo del quale noi possiamo e sappiamo tracciare la mappa”.
Perché Francesca si è lanciata dopo essersi tolta ogni rete di protezione? “Perché credo nella Liguria, una terra che sa brillare, peccato che non si voglia mostrare troppo. Io la vedo come un diamante grezzo. Servono braccia vigorose per trarlo fuori dalla terra, servono menti aperte. Il futuro appartiene a loro: saranno pronti e io sarò pronta con loro perché ho creato qualcosa che prima non c’era”. Francesca, quando parla del suo aggregatore di competenze che sta evolvendosi a rapidità sorprendente, ha il fuoco che le brilla negli occhi. Il suo modo innovativo di sfruttare il campo di forza creato da Internet ricorda il Zuckerberg di Social Network: “C’è differenza tra essere ossessionati ed essere motivati”. Su una cosa deve vigilare. La sua rete avrà successo ed è facile prevedere che provocherà invidie e sopracciglia alzate. Qualcuno criticherà. “Non arrivi ad avere milioni di amici senza farti qualche nemico”. Sempre farina del sacco di Aaron Sorkin. Tutto sommato non ha scoperto l’America, diranno i soliti scettici blu. Giusto, Colombo torna utile con il suo celeberrimo uovo. Ogni impresa appare semplice quando te la spiegano. Tutti potevano farlo, solo lei lo ha fatto.