di DANILO SANGUINETI
Quando cade una quercia secolare l’intero bosco per un attimo ammutolisce. Così è stato per il mondo delle calottine lo scorso 9 luglio quando si è saputo che Mino Di Bartolo aveva deciso che era ora di riposare dopo 96 anni vissuti in gran parte per un unico grande amore, la pallanuoto.
Di Bartolo Mino: le cerimonie ufficiali erano l’unico momento in cui accettava, obtorto collo, di essere chiamato con nome e cognome attribuitigli dall’anagrafe, a bordo vasca ti avrebbe dato uno spintone e ti avrebbe spedito a molo perché nel suo terreno di caccia era per tutti e per sempre ‘Giumin’.
Un nome, una sentenza: se lo diceva Giumin potevi scommettere che o era vero o lo sarebbe diventato, se ti guadagnavi il suo imprimatur avevi il via libera per essere riconosciuto nel giro di ‘color che sanno’ di vasche e di reti, di cestelli e di beduine, di sciarpe e colonnelli.
Nato a Sori il 7 gennaio 1926, aveva predicato la waterpolo in ogni anfratto della Riviera di Levante, da Camogli a Lavagna. I ‘golden years’ alla guida dei granata del suo paese. Pallanuotista per scelta e non per obbligo, capisce che non è stato baciato dalla Dea Eupalla, ma non abbandona quello che è il suo mondo. Studia, si informa, dal 1954 in poi è il segretario factotum della Rari Nantes Sori.
Dieci anni dietro la scrivania, osserva, impara e poi decide il grande salto: va in panchina. Allena il Sori dal 1964 al 1970, smentendo gli scettici (“Non ha mai giocato ad alto livello, che ne sa di vittorie?”) e ottenendo trionfi in serie: riporta in A la prima squadra, nel 1969 si aggiudica lo Scudetto Juniores e il Trofeo Giocatore, il premio al club che ottiene i migliori piazzamenti nella classifica combinata tra prima squadre e giovanili.
È diventato uno da tenere d’occhio. Lo chiamano alla Rari Nantes Camogli: dal 1970 al 1983 vince 5 titoli giovanili, è diventato un santone delle piscine, uno che scova talenti e li forma sino a farli diventare campioni. Dal 1983 al 1986 guida la Rari Nantes Bogliasco, la Rari Nantes Lavagna dal 1987 al 1992, altre vittorie, altri giovani portati nelle varie nazionali. Chiude il cerchio a Camogli, dà una mano a una società che rinasce, in panchina dal 1992 al 1994.
Oltre a questo, ed è tantissimo, è uno dei promotori dell’Associazione Nazionale Allenatori di Pallanuoto. Un sindacato dei mister in uno sport che sino agli anni ’90 era vissuto all’insegna del più ‘orgoglioso’ dilettantismo. Il suo contributo per fare dei tecnici dei seri professionisti che hanno diritto a contratti e garanzie economiche non è mai stato sottolineato abbastanza. Ovunque sia stato, poi ha lasciato un ricordo indelebile.
Lo si ricava dai messaggi che le sue società hanno voluto diffondere alla notizia della sua scomparsa. La Rari Nantes Camogli 1914: “Una notizia che non avremmo mai voluto ricevere. È con profondo dolore che tutta la Rari Nantes Camogli si unisce al cordoglio per la scomparsa di Giumin Di Bartolo, storico allenatore della nostra società. Un vero maestro di vita e di sport che con la sua passione e il suo entusiasmo ha saputo far amare il nostro sport a generazioni e generazioni di giovani pallanuotisti. Una vita in bianconero, vissuta con un amore contagioso e travolgente. La società, il presidente, il direttivo e tutti i membri della Rari mandano un grande abbraccio alla famiglia. Giumin, non ti dimenticheremo mai”.
Il Bogliasco 1951: “La pallanuoto bogliaschina, e non solo, piange la scomparsa di un grande protagonista della sua storia. Alla famiglia e a tutti i suoi cari le più sentite condoglianze da parte dell’Asd Bogliasco 1951”. La Rari Nantes Sori: “Il Consiglio direttivo e tutti gli atleti della Futurenergy RN Sori si uniscono al dolore della famiglia Di Bartolo per la scomparsa di Giumin, grande allenatore della squadra granata. Alla famiglia Di Bartolo un grande abbraccio da tutta la RN Sori”. La R.N. Lavagna 90: “Saluta con un ultimo abbraccio Mino Di Bartolo, per molti anni nostro maestro di sport e di vita. Ciao Giumin. Sentite condoglianze alla famiglia e ai suoi cari”.
Ancora più commoventi le parole dei suoi allievi. Uno che ha fatto una grande carriera, con scudetti, coppe, italiane ed europee, azzurro, anche qui con medaglie europee e mondiali, Andrea Mangiante, classe 1976, che si affermò nella Pro Recco e nel Brescia ma che crebbe sotto Giumin al Lavagna sussurra: “Il mio primo allenatore. Un doveroso grazie a lui per i suoi antichi ma fondamentali insegnamenti, per avermi trasmesso una grande passione, per avermi fatto giocare liberamente ovunque nel campo, libertà che tanto mi è tornata utile nella mia vita sportiva. Grazie Giumin”.
In molti sono stati testimoni dell’occhio di falco di Giumin. Proprio su ‘Ea’ Mangiante disse: “Lui diventerà un giocatore, ha tutto quello che serve”. E poi aggiungeva: “Non è difficile scovare i diamanti quando sono grezzi, complicato è saperli ‘tagliare’ nel modo giusto, altrimenti si rischia di romperli o di declassarli a cocci di bottiglia”.
Non hai mai fatto pasticci, Giumin: con il tuo sorriso, la tua battuta pronta, il tuo sapere essere duro quando serviva, e comprensivo in tutte le altre occasioni, hai messo assieme una collezione degna del Tesoro della Regina. Negli ultimi tempi, quando uno dei suoi innumerevoli allievi lo andava a trovare, lo indicava orgogliosamente dicendo ‘ecco uno dei miei figli’. Il patriarca che nessuno dimenticherà.