di DANILO SANGUINETI
I volenterosi e commendevoli partecipanti alle serate – organizzate dalla Società Economica di Chiavari e Libreria La Zafra ‘Voci in Giardino – Autori e libri nell’estate 2022’ che si svolgono nel Giardino dei Lettori Renato Mario Gozzi in via Ravaschieri 15 – vanno debitamente preparati: il protagonista del terzo appuntamento, fissato per venerdì 29 luglio alle canoniche ore 21, Giovanni Lindo Ferretti (colloquierà con Paolo Bonini su ‘Canzoni, libri e preghiere non invano…’) è, diciamo, un po’ fuori canone rispetto alla media degli scrittori, giornalisti, intellettuali intervenuti in questa e nelle passate edizioni.
Lindo – che è il suo primo nome di battesimo, come è noto nella cerchia, più ampia di quanto si immagini, di ammiratori, molti si spingono a chiamarsi fan e alcuni pure adepti – è sempre rimasto orgogliosamente lontano dal mainstream, da ciò che appariva logico e pratico fare: sempre controcorrente, da cantante, da attore, scrittore e da ciò che è oggi, una sintesi delle precedenti vite alle quali si è aggiunta una fama universalmente riconosciuta di libero (nel pienissimo senso del termine) pensatore con una spruzzata di filosofia. Un percorso che per essere compreso va inserito nell’alveo rigoglioso del misticismo rock. In principio fu George Harrison poi a cascata furono tanti a sbandare, dalla percezione alterata della realtà mediante alcool e droghe alla meditazione, meno dannosa, altrettanto estrema.
In Italia basterebbero i nomi di Paolo Tofani e Juri Camisasca. Musicisti straordinari. Il primo chitarrista virtuoso degli Area trasformatosi in monaco Hare Krishna assieme a un altro (ex) ribelle come Claudio Rocchi; il secondo cantautore di grande talento che per undici anni ha scrupolosamente osservato la regola benedettina prendendo i voti e poi rinunciandovi.
Giovanni Lindo ha compiuto un percorso altrettanto tortuoso, con la differenza che è stato ben attento a non confondere gli itinerari. Poco ha da spartire con quelli che andarono a Est – provate a rivolgervi a lui come un guru o santone e vedrete cosa vi risponderà – è rimasto nell’Ovest, meglio nel cuore della civiltà occidentale che è, piaccia o meno, il cristianesimo. Il suo centro di gravità permanente – non a caso l’ultimo Battiato lavorò e si confrontò a lungo con Ferretti – è quello che noi profani e tagliacorto definiamo rozzamente cattolicesimo ultraconservatore.
Il suo Papa è Ratzinger, il dimissionario Benedetto XV. Non attacca Bergoglio, il Papa in carica, perché sarebbe calpestare il dogma numero uno, l’infallibilità papale non fa sconti, ma dichiara senza esitazioni che la sua rinuncia è stata la “fine dell’Europa, un orribile segnale di ciò che sarà”.
Richiede uno sforzo notevole di immaginazione pensare che questo ‘non profeta’, mai veramente uscito dal minuscolo paese abbarbicato sull’Appennino (Cerreto Alpi, provincia di Reggio Emilia) che gli diede i natali il 9 settembre 1953, oggi disposto a votare Meloni e la ultradestra fosse 36 anni fa a capo di una band di punk-folk-rock che sotto il nome programmatico di CCCP-Fedeli alla Linea pubblicava un disco che si chiamava ‘1964-1985 Affinità-divergenze fra il compagno Togliatti e noi – Del conseguimento della maggiore età’.
Eppure se si ha la pazienza di seguirne i ragionamenti e il tragitto esistenziale si scopre una coerenza di fondo, una schiettezza nelle dichiarazioni, una orgogliosa alterità, una idiosincrasia per le degenerazioni della contemporaneità tali da renderlo degno di comprensione e suscitare il rispetto anche nei più mal disposti e sospettosi. Nato da contadini, agricoltore e allevatore lui stesso, discende da una stirpe di cattolici, integralisti senza saperlo. E questo è sempre rimasto, un cristiano alla ricerca della Verità. Scherzando è stato detto che “Lindo ha sempre avuto bisogno di un Papa al quale fare riferimento: prima Togliatti poi Ratzinger”. Sarebbe troppo facile.
Il giovane G.L.F. (la sua passione per le sigle si manifesterà nella scelta del nome per i gruppi musicali) svolge studi più o meno regolari sino a 18 anni, poi fa l’operatore psichiatrico per 5 anni. Lascia il lavoro e gira per l’Europa, a Berlino incontra un chitarrista italiano, suo conterraneo, Massimo Zamponi. Creano il progetto CCCP. Lui è cantante e autore di quasi tutte le parole delle canzoni. Altissimo, magrissimo, sul palco ha un carisma che non lascia indifferenti: “Non sapevo cantare, fondare un gruppo punk rock era l’unica strada per salire sul palco e dire quello che avevo da dire”. In otto anni, quattro album di studio e alcuni eccellenti live i CCCP lasciano il segno. Naturalmente Ferretti decide di cambiare per ‘eccesso di successo’.
Nel 1992 sempre con Zamboni e alcuni ex di un altro gruppo ‘scandaloso’, i Litfiba, crea i CSI. Ironico al punto giusto: chiamare il secondo gruppo come l’accozzaglia di stati indipendenti scaturita dal dissolvimento della vera C.C.C.P. Questa volta va avanti per un decennio, ancora album che ottengono un discreto successo di pubblico e un unanime plauso dalla critica, spesso si parla di capolavori, si pensa che sia l’unica band italiana in grado di dare la baia anche ai maestri stranieri. Puntuale GLF fa saltare il banco, e appare la carta ‘religione’.
Fonda i PGR, Per Grazia Ricevuta, compensa la sua ritrovata fedeltà al cattolicesimo con la solita carica ironica. Nel 2009 chiude questo esperimento, fatto di poco rock e tanta world music, a sconfinare nella sperimentazione. Continua a viaggiare, va fino in Mongolia con Zamboni, i due continuano a intendersi nonostante le loro opposte concezioni politiche, mette in scena spettacoli diversi, tutti accomunati dalla volontà di cercare nuovi orizzonti, senza paura di osare.
‘Falce e Martello. Falciati e martellati. Requiem per una civiltà’ con Ambrogio Sparagna; ‘Pascolare parole, allevare pensieri’ con Lorenzo Esposito Fornasari, Raffaele Pinelli e Ezio Bonicelli. Nel 2007 dà alle stampe il primo libro ‘Reduce’. Dal 2008 a oggi riduce gli impegni, deve stare dietro a Cerreto Alpi alla madre e altri parenti che navigano tra gli 80 e i 90 anni, bada ai suoi amatissimi cavalli. Eppure nei suoi brevi e concentrati tour fa il tutto esaurito, soprattutto quando si esibisce assieme al sodale e controparte Zamboni. Oggi nel paese di 70 anime (il suo censimento: “50 vecchi e 20 badanti”) accudisce i suoi, scrive, compone musica, collabora con la Comunità Montana e le associazioni culturali locali, alleva i cavalli in compagnia del solo cane, un segugio, dal nome programmatico di ‘Scampato’. Non accetta molte visite, agli eletti offre bevande del posto, estratti di genziana et similia. Ha partecipato ai meeting di Rimini, manifestato simpatia per C.L., votato per la Lega e oggi si dice pronto a sostenere la Meloni. E allo stesso tempo collabora (anche in questo 2022) a dei corti girati in Super-8 per denunciare la piaga del turismo etnico ‘Non devo guardarti negli occhi’ e scrive ‘Lo zoo delle donne giraffa: un viaggio tra i Kayan del nord della Thailandia’.
Viene da chiedersi alla fine della storia: ma chi è Giovanni Lindo Ferretti? La risposta sta in una famosa intervista di due anni fa su ‘Rolling Stone’: al giornalista che era andato a scovarlo a Cerreto Alpi rilascia dichiarazioni esplosive e conclude con “Metti in giro la voce che sono uno st****o reazionario e intrattabile, così non viene più nessuno”. Questa volta Lindo ha scoperto le carte. Ha giocato troppo di anticipo, pensando con quasi totale certezza al famoso epigramma di Alberto Arbasino dove veniva illustrata la inevitabile parabola delle migliori menti del Belpaese: “Prima giovane promessa, poi venerato maestro, alla fine solito st****o”. Giovanni Lindo Ferretti non intende passare alla seconda fase, figuriamoci alla terza. Forever young.