di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
Il faldone custodito nell’archivio porta il titolo ‘Difesa della Razza’, al suo interno una documentazione capace di restituire la follia nazifascista, carte e documenti, precisi elenchi con gli indirizzi di residenza. Sono le carte che utilizzeranno i fascisti chiavaresi, in particolare dopo l’Ordine di Polizia N°5, un provvedimento che trasformava i provvedimenti razziali in norme per l’arresto sistematico e la deportazione verso i campi di sterminio.
Ricostruiamo la cronaca dei fatti: è la mezzanotte del 24 novembre 1943 quando si aprono le porte del carcere di via del Gasometro a Chiavari, la prima immatricolata è Coen Tersilia, fermata presso la pensione Miramare. Il numero 1537 è quello di Polacco Cesare, arrestato al numero 4 di via Damiano Chiesa. Il numero successivo, il 1538, è destinato a un capo famiglia: “Italo Camis de Fonseca residente in Chiavari, via delle vecchie Mura Numero 3”.
La famiglia De Fonseca è formata da Italo, i due figli Castigliano e Amina, la moglie Lusiani Ida. Alla matricola 1540 troviamo Stucovitz Attilio, residente a Chiavari in corso Lavagna. Attilio aveva già cercato di regolarizzare la sua posizione razziale con un’apposita domanda inoltrata dall’anagrafe di Chiavari, la richiesta era respinta dalla commissione e la prefettura aveva comunicato il risultato della domanda il 21 gennaio del 1942. Stucovitz è perciò arrestato, ma riesce ad essere rilasciato per la sua età: era nato il 15 maggio 1875. Il rilascio avviene il 30 novembre, questo fatto mette in risalto come i primi arresti valutassero le condizioni fisiche e l’età, aspetti assolutamente non considerati nei fermi successivi.
In ogni caso la salvezza doveva essere raggiunta facendo perdere le proprie tracce o trovando rifugi sicuri. Nei giorni successivi l’età e le condizioni fisiche non saranno più ritenuti elementi tali per scongiurare l’arresto e la deportazione. In tale situazione si troverà Terracini Giacomo, arrestato nel domicilio dell’albergo Moderno insieme alla moglie Momigliano Ester. Le note che accompagnano l’arresto segnalano che è affetto da paralisi: uscirà dal carcere il 18 dicembre. Le testimonianze dei famigliari confermano che si salverà perché assistito da amici in luogo sicuro sino alla fine della guerra.
La moglie sarà condotta al campo di concentramento di Calvari e deportata ad Auschwitz, dove muore il 6 febbraio del 1944. Polacco Margherita è rinchiusa col numero di matricola 1542, la sua storia trova traccia in un documento del 2 maggio 1939, quando dichiara di essere figlia di Cesare Polacco di razza ebraica.
Le matricole successive sono destinate a quattro donne: Diena Ester Wanda, Subert Edvige, Segre Annetta, Segre Rosa. La Diena e la Subert avevano ottenuto il permesso di risiedere a Chiavari con una nota della questura del 15 novembre del 1942: le persone in oggetto sono autorizzate a trasferirsi per sfollamento in Chiavari. Il domicilio è fissato in via Sant’Antonio 5, dopo l’arresto non faranno più ritorno alla loro abitazione: sono trasferite a Calvari il 22 dicembre e partiranno per Auschwitz il 21 gennaio.
Segre Annetta e la madre Rosa avranno il numero 1547 e 1548, dalla residenza di corso Colombo entrano in carcere la notte del 24 novembre, le condizioni di salute di Rosa non sono buone e viene trasferita in ospedale a Chiavari dove muore. La figlia Annetta sarà condotta al campo di Calvari e morirà ad Auschwitz il 6 febbraio del 1944.
La retata del 24 novembre aveva portato in carcere 14 persone, il giorno 29 sarà arrestata Margherita Levi (numero di matricola 1557) e trasferita a Calvari il 22 dicembre, il due marzo del 1944 entrano in carcere Gabriele e Giulio Jona (rispettivamente 1930 e 1931 di matricola), ultimo arresto certificato il N°2085 del 14 aprile 1944, ad essere fermato Gerolamo Polacco che sarà trasferito al campo di concentramento di Calvari il 20 aprile.
Le sorti di Polacco sono legate all’azione partigiana degli uomini di Giustizia e Libertà, nella notte tra il 3 e 4 luglio 1944 il Battaglione ‘Piero Borrotzu’ libera tutti i detenuti e rende inservibile la struttura detentiva. In un rapporto firmato da Zolesio si legge: “Comunico che stamani alle ore 2,40 gli uomini al mio comando () hanno portato a termine la liberazione degli internati del campo P.G. 52 di Coreglia, Calvari. Sono state liberate diciannove persone di cui cinque politici, sei israeliti, tre signore egiziane, due signore inglesi, la signora montenegrina Petrovic, una signora tedesca e una bambina”.
Il riferimento ai sei israeliti riporta il nome di Polacco Gerolamo. Concludendo questa cronaca è necessario ricordare la presenza, durante l’azione partigiana al Campo 52, di Laura Woronowski, nome di battaglia ‘Kiki’, che ci ha lasciato pochi giorni orsono.
(* studioso di storia e tradizioni locali, membro di Anpi Chiavari)