di GIORGIO ‘GETTO’ VIARENGO *
Una storia chiavarese diventata tema di un lungometraggio che sarà proiettato giovedì 24 settembre al Mignon. Sono previste due proiezioni: alle 17,30 e alle 21,30. La regia è di Diego Venezia e l’iniziativa è stata possibile grazie alla volontà di due associazioni: l’Associazione degli ex combattenti di Spagna e il sodalizio che rappresenta i perseguitati politici antifascisti. Il titolo dell’opera riprende il titolo di un libro di Canepa: ‘Marzo, cronache di una vita’.
La storia si sviluppa come un racconto, con interventi di studiosi, la testimonianza della figlia di Marzo, Enrica, e con materiale cinematografico dell’epoca. Ma vediamo come questa storia vive nella nostra città e ancora oggi risulta testimonianza viva, di persone che hanno costruito la libertà che quotidianamente pratichiamo.
A Chiavari, in via delle Vecchie Mura, il 18 luglio del 1896, nasceva Giovanni Battista Canepa, figlio di Abramo e Vincenzina Guerra: il padre era impiegato presso l’ufficio telegrafi, la madre commerciante.
Giobatta cresce in fretta, a diciannove anni è al fronte dopo aver frequentato la scuola d’artiglieria: la guerra è vera, la Prima Guerra Mondiale, le trincee sono quelle di Caporetto.
Nella battaglia, tra fango e baionette, si ferisce e cade in mano nemica. Gli austriaci lo rinchiudono nel duro carcere di Braunau, a nord di Salisburgo, sul confine con la Germania, nell’Oberösterreich.
Le cure che riceve non sono delle migliori per chi è ferito ad una gamba. Al rientro in Italia viene decorato con due Croci di guerra al merito. La fine della Guerra accelera la sua maturazione: dopo una parentesi nell’America del Sud che lo parta a aderire al Partito Socialista Italiano, si iscrive alla Facoltà di Legge.
Nei giorni delle prime azioni squadriste sarà tra gli antifascisti che contrastano gli uomini della ‘Disperata’, squadraccia del fascio di Chiavari comandata da Giovanni Rocca. È uno dei più stretti collaboratori dell’avvocato Cirenei, figura di spicco del Partito Socialista, e collabora attivamente con il quotidiano ‘Il Lavoro’. Sempre par il Partito è incaricato dell’organizzazione dei socialisti del chiavarese.
Il fascismo prepara la dittatura, il Governo Mussolini, dopo la Marcia su Roma, inizia a varare provvedimenti che minano l’esercizio dell’azione politica, escludendo ogni forma d’opposizione. Canepa, per la sua continua attività, viene diffidato, per timori di rappresaglie o azioni squadriste, e nel 1924 emigra clandestinamente una prima volta in Francia.
Qui incontra le maggiori personalità italiane costrette a fuoriuscire dal paese, collabora a diverse riviste e diventa membro del Comitato Italiano Antifascisti a Parigi. Scrive per la rivista ‘Il Carroccio’ e, in occasione del primo Maggio 1924, è uno degli estensori del manifesto appello degli ‘Antifascisti’.
Nell’agosto del 1925 rientra in Italia e si stabilisce a Chiavari. Il 6 novembre, le autorità di polizia procedono a una perquisizione e sequestrano diversi documenti, che attestano luminosamente la propaganda e l’azione delittuosa esercitata, nonché due tessere del P.S.I, una della sezione di Parigi. Si procede perciò al suo arresto e alla denuncia alle Autorità Giudiziarie per i reati di cui agli articoli 247 e 122 del Codice Penale (Prefettura di Genova. Verbale del 18 /121925).
La successiva legge del 1926 è quanto mai chiara: provvedimenti per la difesa dello Stato, legge Numero 2008. All’articolo 4 si disponeva: chiunque ricostituisce, anche sotto forma o nome diverso, associazioni, organizzazioni o partiti disciolti per ordine della pubblica autorità, è punito con la reclusione da tre anni a dieci anni (…). Chi fa parte di tali associazioni, organizzazioni o partiti è punito, pel solo fatto della partecipazione, con la reclusione da due a cinque anni…
Giobatta Canepa sarà condannato a cinque anni di confino, durante i quali riorganizza l’attività antifascista. Poi, ecco un nuovo arresto con condanna, ma lui evade dal carcere, quindi è ripreso ed inviato prima a Lipari e successivamente a Ponza.
Nel provvedimento d’imputazione è scritto: …insieme con altri 46 arrestati, per avere in Lipari negli ultimi mesi dell’anno 1927, nella qualità di confinati politici, svolto opera di ricostituzione e propaganda del disciolto Partito Comunista.
Con questi provvedimenti, il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato cercava di sradicare l’organizzazione dei partiti e dei sindacati, annientando ogni forma di resistenza al regime.
Nel nostro territorio vengono condannati: Fabrizio Maffi, di Lavagna; Cesare Bussoli, di Lavagna; Ferdinando Barbi, di Rapallo; Marcello Cirenei, di Sestri Levante; Giacomo Marsano, di Calvari; Vittorio Zerega, di Chiavari; Cesare Ronzoni, di Chiavari; Luigi Figari, di Santa Margherita Ligure; Serafino Zolezzi, di Sestri Levante; Giuseppe Gaggero di Chiavari; tutti condannati e incarcerati.
Sono molti a perdere la vita durante gli scontri con lo squadrismo fascista: Vittorio Tintori, Giacomo Frantini, Giambattista Fico. Atroce la morte di Alfredo De Filippis, fondatore della prima sezione comunista a Lavagna: oggetto di percosse, messo alla berlina e costretto a firmare una dichiarazione d’ex comunista, come scriverà la ‘Fiamma’, foglio del fascismo chiavarese. De Filippis muore il 29 agosto del 1923, il suo funerale vede la partecipazione di un’immensa folla, le Forze dell’Ordine presidiano le strade di Lavagna per non permettere contatti con i fascisti.
In questo clima Canepa lavora attentamente per organizzare il partito e la politica contro il regime. Durante il confino a Ponza, è incarcerato per offese al capo del Governo, oltraggio alla forza pubblica e per aver contravvenuto agli obblighi della segregazione allo stato di confino. Sempre a Ponza conosce Maria Vitello, si sposano il 30 marzo del 1931. Maria era la figlia del farmacista dell’isola sede del confino: condivideranno tutte le future scelte, sino alla Resistenza.
Dopo il confino, nel luglio 1932, viene sottoposto a regime speciale e di sorveglianza. Il 30 aprile del 1934 è invitato a presentarsi in Questura, a Genova, per presentare le sue deduzioni, per l’assegnazione dell’agnizione, in quanto pericoloso alla pubblica sicurezza, ed esplicitando in tal senso pericolosa attività ai danni della nazione.
La sua azione non ha tregua, organizza il movimento e tiene le fila tra i democratici clandestini. Per quest’attività è costretto ad espatriare: nel gennaio del 1937 entra clandestinamente in Svizzera. Questa attività è documentata dalla lettera della Questura di Genova indirizzata al Capo della Polizia in Roma: il predetto partì per Genova (…) Successivamente, il 12 gennaio, la moglie del Canepa ricevette una lettera da Lugano, timbro postale 11/1/1937 nella quale il marito le comunicava di essere emigrato clandestinamente in Svizzera.
Nel febbraio dello stesso anno parte nelle Brigate Internazioni per prendere parte alla Guerra di Spagna. Questo passaggio è ricostruito dalla relazione della Polizia Politica che stende un preciso rapporto in data 16 febbraio 1937. La cronaca conferma l’espatrio svizzero e aggiunge: il Canepa, segnalato in via fiduciaria di essere emigrato clandestinamente in Francia, raggiungendo poi la Spagna per arruolarsi volontario nelle milizie rosse.
Durante la battaglia di Guadalajara rimane ferito e si trasferisce al Comando Generale delle Brigate Internazionali. A Madrid, con Teresa Noce ‘Estella’, dirige il ‘Volontario della Libertà’, la redazione è il Calle Velasquez.
La ferita necessita di cure, un dispaccio di polizia (indirizzato al Ministero degli Interni) ci informa che si trasferisce a Parigi al numero 4 Passage Guemaut, sotto cura del Dott. Henry Clavert, probabilmente per la nota ferita riportata combattendo con le truppe rosse a Guadalaiara. Il Canepa sarebbe uno dei redattori del giornale ‘La Voce degli Italiani’.
In Francia, il 17 giugno 1939, è condannato per aver contrevenu aux dispositions règlementant le sèjour des ètrangers.
La Lega per i Diritti dell’Uomo chiede clemenza dopo la condanna: per il cittadino Canepa G.B, condannato dal tribunale speciale, avversario del regime attualmente in vigore in Italia. La lettera richiede alle autorità del governo francese di concedere i benefici accordati ai rifugiati politici.
La moglie Maria Vitiello lo raggiunge in Francia: l’espatrio clandestino avviene tramite la frontiera svizzera di Tirano in compagnia della figlia Enrica. Queste note risultano dalla richiesta di passaporto, formalizzata al Console italiano di Marsiglia. Tale domanda è sostenuta ritenendo di non poter più rimanere in Francia (…) il rilascio del passaporto o per gli Stati Uniti o per altro stato d’Europa.
Il passaporto non è rilasciato e Maria rientra in Italia. Il rientro è possibile, nonostante la condanna a 3 mesi di prigione, per via della recente amnistia. Maria è segnalata a Milano domenica 19 maggio 1940.
L’attività di G.B. Canepa si concentra in diverse iniziative per sostenere l’antifascismo italiano e gli aiuti per i rifugiati in Francia. Viene nuovamente arrestato, il 14 luglio del 1943: è rinchiuso nel campo di concentramento di Modane, ai piedi del Frejus. Sino a quel momento aveva potuto soggiornare grazie a un permesso rilasciato dalla Polizia di Marsiglia in data 19 settembre 1940. Dal foglio, con timbro della Prefettura, si rileva che Canepa dimorava il Rue Monte des Près al numero 6.
Dopo la caduta del Fascismo e l’8 Settembre, Canepa rientra in Italia, si attesta con un gruppo di soldati sbandati meridionali, tra cui Severino Raimondo e alcuni giovani degli Scogli, a Castello di Favale di Malvaro, in Fontanabuona.
La parte di cronaca relativa ai fatti successivi è raccontata direttamente da ‘Marzo’ (questo è il suo nome da partigiano), in una pubblicazione realizzata all’indomani della Liberazione. ‘Storia della Cichero’ è la prima opera editoriale dell’A.N.P.I di Chiavari, dieci capitoli scritti come brevi racconti, cronache della più popolare formazione partigiana del nord dell’Italia.
Il testo è chiaro, asciutto, restituisce le gesta di quei giorni, scritte a penna ‘calda’, con il paese ancora in ginocchio, ma libero. L’opera è completata da 13 immagini di straordinario valore: si tratta delle opere degli ‘artisti’ della Resistenza, disegni eseguiti durante la Lotta di Liberazione. L’impegno politico di ‘Marzo’ continua nella Genova liberata assumendo l’incarico di vicesindaco di Genova nella Giunta di Vannuccio Faralli.
Il 24 aprile è steso un documento articolato in 9 articoli, all’articolo 6 e stabilito che il Sindaco del comune di Genova è designato nella persona del sig. Faralli Vannuccio (Partito Socialista), egli è assistito da due pro sindaco designati nelle persone del sig. Mecca Ferruccio (P.R.I) e del sig. Pieragostini (P.C.I) e della Giunta comunale in via di costituzione. Il rappresentante del Partito Comunista cade in un’azione a Bornasco, il C.L.N lo sostituisce con ‘Marzo’ Canepa.
Nella prefazione alla ‘Storia della Cichero’, Bini scrive un passo che segna la svolta della vita di Marzo: Appena giunto a Genova, Marzo – tornato Vincenzo Canepa – ebbe un incarico importante e dovette lasciare il giacchettone di pelle e il fazzoletto rosso dove aveva segnato i nomi dei compagni caduti. Il fascismo era definitivamente battuto, l’Italia iniziava un difficile cammino, ma era libera. Questa nuova fase poteva prendere inizio grazie a uomini come Marzo… costruttore di libertà.
G.B. ‘Marzo’ Canepa muore a Milazzo il 13 febbraio del 1994, le sue spoglie riposano a Chiavari, insieme a quelle dell’inseparabile Maria.
(* studioso di storia e tradizioni locali e membro dell’A.N.P.I.)