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Giovedì, 25 maggio 2023 - Numero 271

G.S. Levante: pedalare sempre, nonostante le difficoltà

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di DANILO SANGUINETI

L’età dell’oro coincide, per il ciclismo, con l’età dell’innocenza. Non pensate a Coppi o Bartali, pensate ai ragazzini, quelli che hanno appena tolto le ruotine dalla bicicletta e si accostano a uno sport che è – o è stato – realmente popolare perché ‘basico’, alla portata di chiunque, praticabile con una spesa ragionevole, aperto su orizzonti sempre vari e diversi.

I ragazzini di oggi hanno solo origliato racconti leggendari dei nonni o guardato di sottecchi vecchi filmato in bianco nero, eppure lo possono adottare come materia plasmabile per sogni adolescenziali. Il grado zero del ciclismo, quello che appassiona e incanta, è il target e allo stesso tempo il brand del Gruppo Sportivo Levante. Il range di età è rigorosamente under, dai 7 ai 17, maschi e anche femmine.
Da settimane i giallorossi levantini rimbalzano da un posto all’altro del Nord Italia, l’estate è la stagione ideale per le gare giovanili, vacanze e meteo sono a favore di un calendario che di anno in anno va infittendosi. Il guaio è che, soprattutto dalla nostre parti, all’aumentare degli impegni non corrisponde una parallela crescita dei praticanti.

Il responsabile Mauro Raccagni Noviero avrebbe più di una ragione per nascondere i problemi dietro le buone, in alcuni casi ottime, prestazioni dei suoi pupilli, invece preferisce andare dritto al punto: “Siamo degli irriducibili romantici noi del G.S. Levante, perché abbiamo deciso in questa stagione di partecipare ai campionati italiani non solo nelle prove in linea ma anche in quelle a cronometro e persino ai tricolori su pista. Un’avventura ai limiti della incoscienza considerando la mancanza di preparazione specifica. È andata molto bene, i nostri corridori e i tecnici hanno compreso che c’è spazio per miglioramenti sostanziali. Siamo contenti e allo stesso tempo siamo consapevoli che saranno necessari altri sforzi in un momento molto ma molto complicato per noi come per l’intero movimento”.

Raccagni snocciola numeri e affastella considerazioni di buon senso: “Dieci anni fa la società aveva 25 agonisti solo nella categoria Giovanissimi (dai 7 agli 11 anni). Oggi contiamo su 9 Giovanissimi, 1 Esordiente (12-13 anni) e 4 Allievi (14-15 anni). E ci consideriamo fortunati perché sono elementi validi, entusiasti, sostenuti dalle famiglie. Il ciclismo non attrae più, inutile girarci attorno. Un decennio di scelte sbagliate, diciamo lo scorso decennio, scandali su scandali, hanno sporcato l’immagine di questo meravoglioso sport. Oggi le cose sono cambiate, decisamente in meglio, il doping di massa è stato sradicato, persiste qualche singolo caso che suscita clamore ma viene individuato e punito praticamente in tempo reale”.

Il retaggio dell’era truffaldina – Lance Armstrong e l’Operacion Puerto hanno fatto più danni di una slavina – viene pagato dagli innocenti baby agonisti di oggi. “Pensate che un nostro atleta che soffre di asma da sforzo ha dovuto esibire diversi certificati medici e alla fine gli è stato consentito di poter fare tre inalazioni di Ventolin a gara, se per caso ne fa quattro (pensate che cosa significhi dover inspirare mentre si è in gara Ndr) rischia di cadere sotto la mannaia dell’antidoping”.
La seconda piaga che affligge le due ruote è la mancanza di posti e tempi per allenarsi. “Lo stato delle nostre strade, la circolazione veicolare che continua ad aumentare e complica qualsiasi tragitto, ci costringe a raddoppiare le precauzioni a ogni uscita in gruppo. I nostri dirigenti e tecnici proteggono con le auto i gruppetti in allenamento, il guaio è che per quanti occhi si abbia si deve pedalare in mezzo a un traffico caotico finché rimaniamo in città, spericolato e spesso senza controllo quando andiamo per vallate e montagne”.
Il terreno ideale per le sessioni di training sarebbe la Fontanabuona. “Lunghi rettilinei e saliscendi, erte e discese, ci sono decine di percorsi misti perfetti per i ragazzi. A più riprese ho contattato amministratori a ogni livello se era possibile individuare un ‘anello’ che consentisse ai ciclisti, non solo i nostri agonisti, anche i ciclo amatori che da queste parti sono numerosissimi, di girare in relativa sicurezza. Qualche vaga promessa, molti discorsi ampollosi, nessun fatto concreto”.

Eppure sarebbe una formidabile attrattiva per una zona che ha bisogno oltre a tante cose anche di un rilancio turistico. A proposito di miopia, ci sarebbe anche il lato economico. “Ci arrangiamo con le nostre forze e quelle di alcuni amici e appassionati. Le sponsorizzazioni latitano ovunque, figuriamoci qui in uno sport che sta passando in seconda linea”.
Una visione desolata, se non preoccupante, che per fortuna cozza contro la ferma volontà di non arrendersi. “Infatti invece di dire basta proviamo a rilanciare. Ai tricolori a cronometro e in pista abbiamo visto che ci manca soprattutto esperienza specifica, l’abitudine a correre su un terreno e con regole del tutto diverso, per non parlare dei mezzi meccanici raffinati e particolari indispensabili in queste specialità”.

La pattuglia giallorossa si è arrangiata con un po’ di modding alle bici da strada e soprattutto ci ha provato con le migliori intenzioni. “Purtroppo gareggiare su pista non si può improvvisare. Stare in gruppo è un’arte che si impara inanellando centinaia di giri su impianti ad hoc. I nostri hanno fatto miracoli in condizioni di palese inferiorità”.
Questi ragazzi e i loro accompagnatori meritano una chance. E Raccagni e gli altri dirigenti sono intenzionati a dargliela. “Abbiamo pensato di farli allenare su pista dal prossimo autunno. L’unica pista in Liguria è quella del Carlini a Genova, a cielo aperto quindi inadatta nella cattiva stagione. Faremo un altro sforzo: li porteremo a Montichiari, provincia di Brescia, nello stesso impianto dove hanno gareggiato per gli Italiani. Una pazzia? Forse, ma lo sono anche le volate nelle gare Allievi dove si toccano i 60 kmh. Molte cose andrebbero riviste nel nostro piccolo mondo che non se la passa un granché bene. Abbiamo due scelte, arrenderci o provare a resistere. Scegliamo la seconda”.
Come dicono al di là dell’Oceano? In trouble, go big!

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