di DANILO SANGUINETI
Uno sport per bestioni, un cozzo brutale tra accozzaglie di muscoli lanciate a folle velocità.
A parte il fatto che certi pregiudizi è più sano pensarli che ripeterli davanti gli interessati, c’è da dire che basta osservare con occhio attento un allenamento dei Predatori Golfo del Tigullio per smontarli.
Il Football Usa – che è poi l’unico vero football per chi vive in America – è sport che richiede prontezza di riflessi, capacità di decidere in un nanosecondo e soprattutto tanta, tanta riflessione. Perché gli schemi da assimilare sono decine, se non centinaia, e non è solo il quarterback – il regista se volete raccapezzarvi con la nostra arte pedatoria – a mandare a memoria numeri e formule che nemmeno in un laboratorio missilistico. Una disciplina di applicazione e sacrificio in condizioni normali che diventa un itinerario di purificazione ascetica per chi la pratica nel Levante.
I Predatori nacquero nel 1985, ebbero un inizio sfolgorante, arrivarono alla massima serie, poi al volgere del millennio un periodo di crisi e di parziale riposo, seguito da un rilancio in grande stile nel 2005.
Da quel giorno a oggi, in 13 stagioni i Predatori ci sono sempre stati, la prima squadra non è mai uscita dalle categorie nazionali, dalla A2 alla Terza Divisione, categoria nella quale saranno in lizza anche nel 2019, da febbraio quando partirà la regular season.
Alessandro Biasotti che lo squalo arancione, l’emblema che contraddistingue i footballers levantini, lo porta ‘tatuato’ nel cuore da tre decenni, prima da giocatore, ora da dirigente e tecnico (è il coordinatore della difesa, uno dei principali collaboratori del capo allenatore Roberto La Rocca) riassume con una parola il lungo raid del club: “Ostinazione”. E grande amore per questo sport: “Se non ci fosse, pensate che resisteremmo molto? Viviamo in un paese profondamente calciofilo, dove gli spazi per gli altri sport sono ridotti, ancora più piccoli quelli di squadra, minuscoli quelli lasciati al Football Usa (come dite voi profani) che richiede un numero di giocatori e spazi maggiori rispetto al calcio”.
Basta un programma di una settimana normale come le attuali in cui i 40 elementi della squadra lavorano al ‘Daneri’ di Caperana: “Abbiamo a nostra disposizione la sera del mercoledì e quella del venerdì, e per sera non intendo l’ora di cena ma lo spazio 21,30-23. Non è il massimo, dato che c’è chi lavora, chi studia e che il giorno dopo non può poltrire ma deve alzarsi presto”.
Al ‘Daneri’ si tengono gli allenamenti della squadra, le partite amichevoli, quelle della giovanile, della prima squadra, la preparazione delle partite che richiede sessione tecniche e studi complicati. Per non farsi mancare niente, pure le riunioni della dirigenza. Un percorso a ostacoli per prepararsi a un torneo che prevede una regular season con trasferte ‘umane’ nel Nord Ovest e un play off che, se conquistato, richiede altri sacrifici.
Ancora Biasotti: “Dato che siamo la società più a sud del raggruppamento Nord Ovest, per gli spareggi decisivi ci tocca da due anni a questa parte andare a confrontarci con le formazioni del Meridione. Quest’anno siamo andati a Catania, nel 2017 a Palermo. Due trasferte sfortunate perché abbiamo mancato la finalissima di un niente, e anche due viaggi abbastanza impegnativi, anche economicamente”.
Sembra che i Predatori siano nati per soffrire. La ASD Predatori Golfo del Tigullio è stata fondata nel 2005 ed è affiliata alla Federazione Italiana di Football Americano (FIDAF). Biasotti ricorda le finalità del club: “La proposta costante dello sport ai giovani, la formazione umana del giovane rispettandone la personalità, l’organizzazione di attività sportiva dilettantistica aperta a tutti compresa l’attività didattica, l’impegno affinché nell’area sociale in cui opera vengano istituiti servizi stabili per la pratica e l’assistenza dell’attività sportiva. Abbiamo un settore senior, un settore giovanile (U19 e Propaganda). Ad oggi, in prima squadra, militano 2 giocatori convocati in Nazionale, più 5 giocatori junior di Interesse Nazionali”.
Nel 2008, la terza stagione dopo la rinascita, con una perfect season i Predatori diventano campioni d’Italia di Football a 9. Decidono di passare alla Fidaf e al 11 contro 11 partendo dalla Seconda Divisione. Nel 2012 ‘scalano’ in Terza Divisione dove ancora oggi militano. Eppure non c’è solo sudore e sofferenza nella dura vita degli Squali.
Arriva nel 2013 un tocco gentile che ravviva l’atmosfera e offre uno spazio tutto in rosa in un mondo sino a quel momento troppo virato al maschile. Un piccolo gruppo di ragazze si organizza per intrattenere il pubblico durante le partite dei Predatori. Da tifose a cheerleader è un attimo: nell’aprile dello stesso anno Michela e Valeria frequentano il primo corso da istruttrici (che verrà seguito da diversi corsi di aggiornamento negli anni successivi) e formano una squadra sportiva dilettantistica a tutti gli effetti.
Nel maggio 2014 la squadra partecipa per la prima volta alle gare nazionali e negli anni successivi, partecipando ai Campionati Italiani FICEC (Federazione Italiana Cheerleading e Cheerdance), ottiene ottimi risultati sia nell’ambito del cheerleading che del cheerdance. Allo stesso tempo non smette di sostenere e tifare i Predatori sia in casa che in trasferta.
Tre ragazze del team si conquistano un posto in nazionale di cheerdance, categoria hiphop, e vanno con l’Italia ai Mondiali ICU (International Cheer Union) di Orlando nell’aprile 2017. Dalla scorsa stagione 2017/2018 la squadra Predatori Cheerleading è entrata a far parte della Pro Chiavari, con cui proseguirà il suo percorso agonistico e al fianco dei Predatori GdT.
Niente mistica da ‘le belle e le bestie’, ma ragazzi e ragazze che fianco a fianco operano coordinati e che offrono uno spettacolo grandioso: corsa, atletismo e lotta nel rettangolo verde, ginnastica, acrobazia e danze ai bordi. Una rivoluzione copernicana nel modo di concepire lo sport che richiede tempo ma che potrebbe rivelarsi vincente.