di ALBERTO BRUZZONE
Il numero è senza dubbio positivo. Ventunomila presenze in quattro giorni a Chiavari, per il Festival della Parola giunto alla sesta edizione. Contando che tutte le manifestazioni erano a ingresso gratuito, è inevitabilmente approssimativo, ma rende perfettamente l’idea di quanto questa rassegna, anno dopo anno, inizi a legarsi a doppio filo alla città dov’è nata. Di quanto sappia conquistare le piazze (e quella di Nostra Signora dell’Orto è indubbiamente una location suggestiva); riesca a riempire l’Auditorium San Francesco, unico spazio chiuso rimanente in città, pur con tutte le sue limitazioni funzionali; faccia riscoprire ancor di più quel magnifico spazio che è la Società Economica di Chiavari, già ampiamente promossa grazie al successo della Mostra del Tigullio sotto le festività pasquali.
Insomma, la kermesse ideata da Enrica Corsi ed Helena Molinari nel 2014 e partita subito con un buon appeal, cresce edizione dopo edizione, e questo è certamente l’elisir di lunga vita di ogni manifestazione letteraria che si rispetti: il saper fare costantemente numeri migliori rispetto all’edizione precedente, a garanzia di qualità, di un’esperienza ormai consolidata e continuativa, di un bacino di pubblico che si allarga e che comincia a coinvolgere non più solamente chiavaresi, ma anche numerose persone da fuori comune e da fuori Tigullio.
Il prestigio di un festival che aumenta non è cosa da poco: perché significa, in prospettiva, allargare la platea dei sostenitori e degli sponsor, ampliare i contributi istituzionali, poter attirare ospiti sempre più famosi, in un circolo virtuoso che a Chiavari può solo portare del bene.
C’è un aspetto più di tutti, che va evidenziato per questa versione 2019: a parità di lignaggio degli ospiti, a parità di giornate e di location, il vero salto di qualità quest’anno è rappresentato dalla comunicazione. Il team coordinato da Paola Torrente, già impegnato nel Riviera International Film Festival di Sestri Levante e in molte altre iniziative in Liguria, ha lavorato in maniera eccellente. Per la prima volta, il Festival della Parola ha avuto servizi su Sky, sulla Rai, su Mediaset. Ha avuto articoli quotidiani sulla stampa locale, diversi sulla stampa regionale. La pagina Facebook è stata aggiornata quotidianamente con post moderni, interessanti e accattivanti. Bellissimo, ad esempio, il video finale della rassegna.
Si possono fare cose stupende, e poi non saperle comunicare. È un antico retaggio del passato che Chiavari, come tante altre città della Liguria, sembrava non riuscire più a scrollarsi di dosso: investire moltissimo in una rassegna e lasciare alla promozione e all’ufficio stampa solamente gli spiccioli. Oggi si è capito, e anche gli organizzatori del Festival della Parola lo hanno finalmente capito, che se una cospicua fetta di budget viene destinata alla comunicazione (inteso con questa non solo l’ufficio stampa, ma pure tutte le attività di promozione e diffusione, attraverso ogni canale), non si mettono soldi a fondo perduto, ma, affidandosi a professionisti seri e capaci, si innesca un investimento il cui ritorno è fuorimodo evidente. Ecco la ragione principale del successo del Festival della Parola 2019: l’aver saputo ‘bucare’ le mura chiavaresi, l’esser diventato un ‘contenitore’ sul quale i media nazionali accendono l’interesse. L’essere, in una semplice parola, un format. La vera sfida è ora continuare su questa strada.
L’altro aspetto, già ribadito in occasione del successo della Mostra del Tigullio, è invece prettamente chiavarese: quando la città sa lavorare in sinergia, quando istituzioni, associazioni e categorie a vario titolo non si mettono i bastoni tra le ruote, quando non prevalgono gli interessi di bottega, quando non si guarda solo al proprio orticello ma si è capaci di operare seguendo un’ottica di sistema, ecco che le cose funzionano. Anche questo è un modo di ragionare moderno, e Chiavari anche in questo sta facendo una gran fatica per uscire da logiche un po’ retro’. Ma il sacrificio lo stanno facendo tutti, e si vede. Ci vuole un attimo, ormai, a perdere terreno rispetto ai comuni viciniori: il lanciato Festival della Comunicazione di Camogli e il tradizionale Andersen Festival di Sestri Levante sono ancora picchi inarrivabili, ma il Festival della Parola è sulla strada giusta.
Bello, infine, pure il concetto di Agorà, di piazza aperta alle idee, al dialogo e al confronto (un tema tanto caro anche a ‘Piazza Levante’, sin dalle sue origini). Per questo non sarebbe stato tutto da buttare l’intervento del consigliere regionale Vittorio Mazza, al dibattito ‘L’Età dei Muri’ (se n’è ampiamente scritto e parlato), se solo fosse stato un po’ più garbato nei modi, educato nell’espressione e tempestivo rispetto alla scaletta. Giusto dire il proprio pensiero, giusto avere il coraggio di metterlo in evidenza. Ma ci sono regole non scritte, eppure sempre di bon ton, a ogni festival che si rispetti. Gli interventi si fanno alla fine e il livello andrebbe tenuto alto, tanto quanto quello dei relatori. Altrimenti si fanno solamente brutte, anzi pessime, figure.
A uscirne bene, l’assessore comunale al Turismo Gianluca Ratto, che ha invece compreso appieno non solo lo spirito del Festival della Parola, ma anche quello della stessa Agorà: “Io sono un liberale, quindi tutte le idee sono ben accette. Ma non permetto che si facciano polemiche né strumentalizzazioni sul festival”. Come a dire: la battuta sull’opportunità di attaccare le istituzioni in una rassegna con contributi pubblici non solo è fuori di luogo, ma anche tristemente di cattivo gusto. La capacità, in questo caso, sta nel saper replicare con argomenti, e senza metterla in cagnara. Altrimenti, proprio nel rispetto della democrazia, è meglio, assai meglio, un decoroso silenzio.
Enrica Corsi dell’Associazione Le Muse Novae, ideatrice della rassegna, chiude con il proprio punto di vista complessivo: “Siamo molto soddisfatti del risultato raggiunto. Il Festival della Parola si conferma una manifestazione che, grazie alla varietà e alla qualità degli eventi proposti, coinvolge sempre più cittadini e visitatori, in continua sinergia con le associazioni, le scuole e le attività del territorio. Inoltre, mai come quest’anno il Festival ha avuto risonanza nazionale, grazie alla spinta dei tanti media che hanno parlato dell’evento. Con grande entusiasmo annunciamo già le date della settima edizione, che si terrà dal 28 al 31 maggio 2020, come sempre dal giovedì alla domenica. Considerata la coincidenza con il ponte della Festa della Repubblica, stiamo valutando di allungare la manifestazione di due giorni e di prolungare gli eventi fino al 2 giugno. Sarà confermata anche per la settima edizione la location di piazza Nostra Signora dell’Orto come cuore pulsante del Festival, che negli anni è diventata fulcro di tutti gli appuntamenti e punto di aggregazione per i cittadini”.
Chiavari sembra aver trovato la ‘sua’ manifestazione di prestigio nazionale. Ora impari a puntarci sempre di più.