(r.p.l.) Sulla vicenda del Palazzo Ferden a Chiavari la Prefettura di Genova scrive una nota che contiene elementi di giudizio molto severo rispetto alla condotta di alcuni esponenti della maggioranza che governa a Palazzo Bianco, ma la Civica amministrazione ribalta completamente la prospettiva e anche secondo la versione del quotidiano locale finisce ‘assolta’ (esattamente la parola contenuta nel titolo dell’articolo in questione).
Succede tutto nei giorni scorsi, quando la minoranza consiliare comunica di aver ricevuto dalla Prefettura, precisamente dal prefetto, Renato Franceschelli, il responso richiesto rispetto all’operato dell’assessore comunale ai Lavori Pubblici, Massimiliano Bisso e del consigliere di maggioranza Luca Ghiggeri proprio a proposito di Palazzo Ferden e della richiesta di cambio di destinazione d’uso, da utilizzo pubblico a privato, al presunto scopo di ricavarne degli appartamenti.
Succede in quella stessa città dove la confusione tra interesse pubblico, interesse privato e interesse privatistico ha portato alla condanna in via definitiva, qualche anno fa, dell’allora sindaco Vittorio Agostino e del figlio Alessandro; succede in quella stessa città ora governata dai suoi epigoni. E succede che proprio i suoi epigoni si mettano a interpretare le parole del Prefetto, omettendo volutamente i passaggi fondamentali, e che poi la loro versione, senza un minimo di contraddittorio, venga riportata dalla stampa locale, con il titolo ‘Ferden, la Prefettura assolve: l’iter non ha irregolarità’.
Nessuno spazio dato alla minoranza, che pure aveva inviato la propria versione, con allegata la scansione della lettera del Prefetto, alle 19,34 di venerdì 11 febbraio 2022, quindi in tempo utile per eventuali modifiche in corsa dell’edizione del giorno successivo.
La maggioranza fa perno sul fatto che, citando le parole del Prefetto, sull’“invocato articolo 78 comma 3 del decreto legislativo 267/2000, lo scrivente richiama il contenuto di numerosi pareri espressi dal Ministero dell’Interno al riguardo, nei quali si chiarisce come l’inosservanza della norma non comporti la decadenza automatica dalla carica degli amministratori che l’abbiano eventualmente violata, non avendo il legislatore inteso introdurre nuove ipotesi di incompatibilità, che dovrebbero, viceversa, essere previste espressamente ex lege” (significa che dal 2000 a oggi il testo non è stato modificato in senso più stringente). Per la precisione, l’articolo in questione recita così: “I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato”.
Così la mancanza di decadenza automatica fa dire alla sindaco facente funzioni, Silvia Stanig, di aver svolto “il mio ruolo correttamente, così come i consiglieri di maggioranza”; e dà lo spunto all’onnipresente presidente del Consiglio Comunale, Antonio Segalerba, per minacciare una “possibile denuncia penale per diffamazione e calunnia” nei confronti della minoranza.
Quindi non solo la Civica amministrazione si sente assolta, ma pure contrattacca. Ora, ripercorrendo le varie fasi, e non potendo non rimarcare la strumentalizzazione fatta di questa notizia, anche con un certo disappunto nei confronti dei passaggi omessi, vengono da fare alcune considerazioni.
La prima è che la Prefettura non ‘assolve’: perché la Prefettura non è un tribunale, ma è semmai la rappresentanza del Governo sui territori, quindi rappresenta il potere esecutivo, e non quello giudiziario (siamo all’Abc della Costituzione…).
La seconda è che la lettera del Prefetto va letta nella sua interezza, e non solo citando l’unico passaggio che fa comodo. È vero che la legge “non comporta la decadenza degli amministratori”, come osserva giustamente il dottor Franceschelli, ma è lo stesso Franceschelli a porre questioni politiche, etiche, deontologiche e morali grosse come case, sull’operato di Bisso, Ghiggeri e, in aggiunta, della sindaco facente funzioni Silvia Stanig, che non avrebbe vigilato a dovere su tutto quanto l’iter. Altro che assoluzione.
Eccole allora, le parole complete del Prefetto: “La violazione dell’obbligo di astensione (circa l’articolo 78 comma 3, ndr) rileva sul piano della responsabilità personale politica e deontologica, nonché sul piano della legittimità degli atti adottati”.
Ma c’è di più. Perché il Prefetto scrive: “La Segnalazione Certificata di Inizio Attività di quel progetto edilizio, che presupponeva un cambiamento di destinazione d’uso dell’immobile, è stata dichiarata inefficace e le attestazioni non veritiere, rilasciate dal professionista che aveva appunto presentato la Scia (l’architetto e assessore Massimiliano Bisso, ndr) sono state segnalate all’ordine professionale competente e alla magistratura inquirente”.
Quindi la sindaco facente funzioni Silvia Stanig ha un bel dire quando dichiara che “la vicenda non ha portato alcun danno alla collettività”. Non lo ha portato perché è stata fermata in tempo e perché le attestazioni sono state ritenute “non veritiere”. La notizia principale, in questa risposta del Prefetto alla minoranza, sta nel fatto che l’architetto e assessore Bisso è stato segnalato alla magistratura e al suo ordine professionale. E non è esattamente un’assoluzione.
Quindi, per quanto non ci siano violazioni dal punto di vista normativo, rimangono enormi le inopportunità a livello politico, morale, etico e deontologico. Tutte condizioni essenziali per chi fa l’amministratore pubblico. Ma, evidentemente, a Chiavari si ha un’altra percezione.
LA LETTERA DEL PREFETTO