di ANTONIO GOZZI
Chiavari è un luogo dove tradizionalmente si vive bene. Questo buon vivere è il frutto storico di una civiltà urbana cresciuta in una città sul mare che, specie dopo i dieci anni gloriosi della presenza francese (1804-1814) e il periodo risorgimentale, era stata capace di coniugare le bellezze del territorio e del paesaggio con una funzione di capoluogo e di guida di un vasto comprensorio.
Tale funzione si è concretizzata col tempo nella presenza delle tipiche attività delle città importanti: attività direzionali, commerciali e di servizi, scuole di ogni ordine e grado, centri culturali di rilievo, su tutti la Società Economica, il Vescovo con la sua Curia. Nonostante il numero limitato di abitanti, la città è stata storicamente caratterizzata dalla presenza di una classe intellettuale e dirigente di professionisti, insegnanti, imprenditori di alto livello.
L’importanza di questo contesto e di queste attività, la loro sinergia, il benessere generato, la qualità della classe dirigente, in definitiva l’importanza e la centralità di Chiavari hanno giustificato, negli anni ’80 del secolo scorso, un movimento per la nascita della quinta Provincia ligure, la provincia di Chiavari e del Tigullio; aspirazione che purtroppo non si è realizzata perché sempre contrastata con successo da Genova. Il non essere riusciti ad ottenere la Provincia ha provocato, molti anni più tardi, l’insensato e sciagurato inserimento del Tigullio nell’area metropolitana genovese.
Come si sa, nella storia degli uomini così come in quella delle città, anche alle nostre latitudini, nulla si può mai dare per definitivamente acquisito; così, nonostante la sua importanza storica Chiavari, all’inizio del nuovo millennio, per una serie di ragioni che non si ha qui il tempo di analizzare, ha conosciuto un lento ma inesorabile declino caratterizzato dalla perdita progressiva di funzioni direzionali: Tribunale, Agenzia delle Entrate, Commissione Tributaria, Inps, centro direzionale dell’Enel ecc.
Chiavari in quel tempo si è sempre più isolata dagli altri comuni del comprensorio ed ha vissuto un rallentamento generale delle attività economiche, e in specie di quelle commerciali, che molto hanno sofferto per la perdita di direzionalità e centralità della città.
Oggi non è chiaro quale sarà il futuro di Chiavari, anche se la situazione appare per molti aspetti critica: una popolazione sempre più anziana, un eccesso di patrimonio immobiliare abitativo disponibile e inutilizzato, giovani formati che lasciano la città perché non trovano lavoro adeguato alle competenze maturate.
Il problema principale a ben vedere è proprio questo: ristagno economico e una grave e crescente disoccupazione giovanile, che toglie alla città le forze del futuro rappresentate dalle giovani leve.
In una situazione del genere ci vorrebbe visione. E lo sforzo dovrebbe essere quello di creare in ogni modo incentivi e opportunità per il ritorno della direzionalità perduta e per l’insediamento delle attività del futuro (digitali, informatiche, di imprenditorialità giovanile e femminile) capaci di creare reddito e occupazione.
Gli spazi direzionali sono da questo punto di vista fondamentali. Offrire spazi moderni e ben serviti potrebbe aiutare a localizzare a Chiavari attività direzionali che sempre di più cercano e cercheranno di collocarsi in località ad alta qualità del vivere. Ci sono state negli anni recenti aziende private che hanno guardato Chiavari per localizzare loro uffici direzionali, ma che non trovando superfici adeguate sono andate altrove. Qualcuna è rimasta ed è cresciuta: ad esempio di Wyscout Hudl che, guarda caso, ha realizzato la sua nuova modernissima sede proprio in spazi lasciati liberi sul lungomare da un ufficio pubblico che se ne è andato, la Conservatoria dei Registri immobiliari.
L’Amministrazione Comunale sembra ignorare totalmente questo problema, come si evince da vicende urbanistiche recenti gestite senza un minimo di visione del futuro di Chiavari: l’area di colmata, dove nella zona libera di maggior pregio della città invece di pensare ad attività innovative e attrattive di waterfront come succede oggi in tutte le città di mare, si è pensato bene di collocare un depuratore gigantesco; l’area già Tirrenia gas e l’area Ginocchio Cantero, dove l’Amministrazione non è stata capace di individuare, anche in un confronto e dialogo con i privati proprietari, spazi direzionali per il futuro della città e dove non si sfruttano a fini di sviluppo aree centrali strategiche.
In questo contesto va collocata la vicenda dell’immobile Ferden.
Qui siamo al surreale.
L’immobile è stato per moltissimi anni vincolato con un vincolo di natura privatistica ad attività direzionali pubbliche. Il vincolo fu il risultato di un accordo del primo centro-sinistra a Chiavari tra Dc e Psi all’inizio degli anni ’80. Quella decisione diede buoni frutti, se è vero che in questi quarant’anni in quei locali hanno trovato posto prima la direzione della Tigullio Pubblici Trasporti, poi la sede dell’Inps e infine quella dell’Agenzia delle Entrate, esempi di direzionalità in città con il loro portato di occupazione e reddito.
Sul Ferden negli anni recenti inizia a sbagliare l’Amministrazione Levaggi, che nel 2013, se non ricordiamo male, svincola l’ultimo piano dell’edificio consentendo l’insediamento di appartamenti. La decisione è totalmente immotivata e insensata e comunque in contrasto, ed è qui il surrealismo, con le scelte urbanistiche della stessa Amministrazione che nel Puc adottato nel 2015 prevede un vincolo pubblico di destinazione d’uso a uffici statali. Tale vincolo rimane tale e quale anche nel Puc definitivamente approvato dall’Amministrazione Di Capua.
L’immobile è quindi tutt’ora vincolato a ‘uffici statali’. Si tratta quindi non più di un vincolo privatistico come quello messo all’origine, ma addirittura di un vincolo urbanistico e quindi pubblicistico. La differenza è che per togliere un vincolo privatistico basta una delibera di Giunta, per togliere un vincolo di natura urbanistica bisogna andare in Consiglio Comunale e cambiare il Puc.
Ma oggi dal surrealismo passiamo a cose che non vanno davvero bene.
Da mesi sulle facciate del palazzo ci sono striscioni ‘vendesi appartamenti’, e l’agenzia che se ne occupa è quella di un consigliere comunale di maggioranza; ma ancora peggio, il progettista della ristrutturazione in appartamenti proposta dalla società oggi proprietaria dell’immobile è l’attuale assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Chiavari. Tale proposta di ristrutturazione ovviamente non può essere approvata dagli Uffici Comunali e dalla Commissione Edilizia perché in evidente contrasto con la destinazione urbanistica dell’immobile.
Ma non sanno, i due esponenti della maggioranza attuale, che l’immobile è vincolato a uffici pubblici? Sperano forse che il vincolo sia rimosso dalla loro stessa maggioranza in Consiglio Comunale con una variante ad hoc del Puc?
La minoranza ha fatto bene a denunciare con forza questa situazione.
Noi non siamo giudici e quindi ci guardiamo bene dall’individuare eventuali o potenziali reati in questi comportamenti. Siamo garantisti per cultura e formazione.
Ricordiamo però a tutti che l’art.78 del Testo Unico degli Enti Locali, D.L.267/2000 recita testualmente: “I componenti la Giunta Comunale competenti in materia di Urbanistica, Edilizia e Lavori Pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica sul territorio da essi amministrato”.
Non c’è molto da dire. La violazione di una norma imperativa sembra esserci tutta anche se non conosciamo quale sia la sanzione per detta violazione. I legali lo spiegheranno.
Come detto, non ci interessano in questa sede la liceità o meno dei comportamenti degli amministratori. Però un giudizio politico e morale siamo titolati ad esprimerlo.
La tristezza grande che viene è che, oltre alla mancanza di visione che non consente di cogliere i nodi importanti della città e del suo futuro, questi amministratori danno l’impressione di essere più concentrati sul loro tornaconto personale che sul bene della città, ed a sfruttare il loro ruolo pubblico per favorire le loro attività professionali private.
Chiavari è ancora segnata dal malcostume di un sindaco, Vittorio Agostino, che consentiva al figlio di essere l’architetto pigliatutto: la stragrande maggioranza dei progetti passati in Commissione Edilizia in quel periodo portavano la sua firma. Se non passavi di lì nulla veniva approvato. Un vero scandalo, ma tutti zitti, supini e timorosi della prepotenza e della protervia di quell’Amministrazione, nella quale avevano ruoli importanti esponenti di rilievo dell’Amministrazione attuale.
Il silenzio e la paura non vanno bene, e generano un allentamento pericoloso del controllo democratico sull’operato di chi comanda.
Sappiamo tutti come è finita: con una grave condanna penale al Sindaco e a suo figlio e con il disonore per la città, che fino a quel momento aveva sempre avuto Sindaci integerrimi, ben rappresentati dall’Ammiraglio Gatti morto povero dopo quasi venti anni di governo cittadino.
Noi pensiamo che i chiavaresi non vogliano neanche lontanamente ritrovarsi in una situazione simile, in una situazione cioè in cui i pubblici amministratori si fanno gli affari propri. E quindi è bene che l’Amministrazione Comunale faccia sulla vicenda Ferden chiarezza immediata e definitiva, perché non può essere consentita neppure l’impressione che esista il rischio di interessi privati in atti d’ufficio o di traffici di influenze.
Chi deve prendersi le sue responsabilità se le prenda, a partire dalla facente funzione di Sindaco Silvia Stanig con delega all’Urbanistica. Stanig proviene dalle fila di un movimento, Partecip@ttiva, che ha sempre portato avanti come fondamentali i concetti di onestà, trasparenza e correttezza amministrativa. Ha quindi oggi l’occasione di dimostrare che questi valori non sono solo parole di propaganda, e che comportamenti di amministratori pubblici contrari alla legge non sono tollerati.