di ALBERTO BRUZZONE
Le persone non ridono più. Oppure ridono molto meno. Tra le conseguenze più evidenti e drammatiche legate all’emergenza sanitaria che ha travolto le nostre vite ormai da un anno c’è proprio questa: mancano i momenti di convivialità, sono aumentate a dismisura le ansie e le preoccupazioni, per moltissimi di noi la pandemia rappresenta un problema economico enorme, oltre che psicologico.
Secondo una ricerca recente condotta dalla società specializzata Swg e pubblicata sulla sua newsletter ufficiale, ‘Radar’, “sono 6 italiani su 10 a ridere meno rispetto a prima e, con riferimento all’ultimo periodo (la data di esecuzione di questo sondaggio è tra il 24 e il 26 febbraio 2021), ben il 29% afferma di non aver riso mai: va peggio tra chi ha problemi economici, ma anche tra gli over 55 e le donne”.
Swg evidenzia che “tra le cose che divertono di più, il 49% cita situazioni di vita vissuta, mentre il 43% cita altresì contenuti mediali: ci si diverte di più in famiglia (21%) o per qualcosa detto o fatto da un amico o parente (19%), ma non manca una quota per la quale contenuti visti in tv o in streaming (18%), sui social o in chat (17%), costituiscono il principale divertimento della giornata. Impazza infatti la condivisione di contenuti divertenti su WhatsApp e sugli altri social network, attività che coinvolge il 75% degli internauti, tra i quali un 17% di assidui che condividono e inoltrano video, immagini e battute divertenti più volte nell’arco della giornata”.
Si è molto di meno offline, a causa di tutte le ben note restrizioni, e si è molto di più online, il che evidenzia bene come in un anno gran parte delle nostre abitudini siano cambiate e di come certi processi abbiano subito una netta accelerata. A conti fatti, il 60% degli italiani oggi ride di meno, mentre appena il 3% ride di più.
Di questo e di altri temi ‘Piazza Levante’ parla questa settimana con Gianna Schelotto, tra le più note e apprezzate psicoterapeute italiane, oltre che saggista e sempre qualificata opinionista televisiva. “Si ride meno – afferma – e non c’era da aspettarsi nulla di diverso, secondo me. Per il semplice motivo che in questa situazione non c’è proprio niente da ridere. Se prendiamo le conseguenze economiche della pandemia, le sommiamo alle conseguenze psicologiche e agli incrementi di stati ansiosi delle persone, ecco che il fatto di ridere viene molto, ma molto meno”.
Gianna Schelotto, che nel 2018 è stata ospite di ‘Piazza Levante’ alla Mostra del Tigullio, occasione nella quale presentò il suo libro ‘Vorrei e non vorrei’, ha continuato e continua a lavorare presso il suo studio genovese, anche in questo difficile frangente: “È cambiata la modalità, nel senso che non ricevo più ‘in presenza’, anche perché appartengo a una delle categorie cosiddette a rischio, ma ricevo attraverso Skype. La tecnologia ci è venuta incontro, facendo in modo che possiamo continuare a vederci in faccia con i vari pazienti, anche se ovviamente non ci potrà mai essere il calore umano di una seduta di tipo tradizionale. Però è importante esser andati avanti, anche perché c’è stato un forte incremento di richieste, proprio in conseguenza del Covid”.
Secondo la psicoterapeuta, “le persone non vengono a dire che stanno male a causa del Covid, ma quello che è chiaro è che i livelli di ansia e di preoccupazione sono saliti e che a quelli personali si sono aggiunti quelli collettivi. Da questo punto di vista, sono saltati tutti gli equilibri e diventa veramente difficile riuscire a gestire certi stati d’animo. Non c’è una cura specifica, perché stiamo parlando di un nemico invisibile. In genere, l’ansia collettiva sale dopo determinate situazioni, come possono essere terremoti o altre calamità. Solo che quelle sono ristrette nel tempo e spesso con una fine ben precisa. Nel caso del virus, nessuno sa dire se e quando finirà. Mi ricorda da vicino il periodo successivo allo scoppio della centrale nucleare di Chernobyl, quando non si sapeva che cosa sarebbe successo con tutte le radiazioni. Poi, di fronte a questi problemi, è logico che chi è già ansioso per natura non possa che peggiorare”.
L’ambiente esterno non incoraggia: ogni giorno il flusso di notizie è pressoché ininterrotto. Stare di più online, significa anche avere più accesso ai vari contenuti, che sono spesso tutt’altro che positivi e incoraggianti.
Gianna Schelotto (nella foto a fianco), che è anche giornalista e scrive per diverse riviste, commenta: “Un certo tipo di informazione un po’ troppo allarmistica non aiuta, anzi complica ulteriormente. Siamo continuamente travolti dai Dpcm, dal conteggio quotidiano dei morti e dei contagiati. Se poi a tutto questo si aggiunge la mancanza di socialità, ecco che si oltrepassa il limite molto facilmente”.
C’è poi un atteggiamento differente, andando a raffrontare l’attualità con i mesi scorsi, “perché in occasione della prima ondata, si aveva ancora la speranza che terminasse tutto. Poi quando sono arrivate la seconda e ora, come sembra, la terza legata alle varianti, sono prevalse la stanchezza e la disillusione. Inizia a farsi strada il pensiero molto negativo che, alla fine, il virus sia più forte di noi”.
Per questo, “c’è molto poco da ridere. È un mondo finto e irreale, fatto di paura, fatto di dubbi, fatto di tante persone sole. Fatto del timore di morire da soli, senza essere circondati dagli affetti dei propri cari. I medici dicono che ridere aumenta le autodifese, impedisce di chiudersi in se stessi, ma trovare le occasioni per ridere, e per ridere di gusto, non è affatto semplice”.
Secondo Gianna Schelotto, “uno dei modi è trovare il sistema di leggere e interpretare la realtà in maniera più leggera. È questo il lavoro che cerco di fare con i miei pazienti”. Considerando anche che “ci sono fasce più deboli e che l’emergenza sanitaria ha accentuato le differenze. Prendiamo ad esempio gli adolescenti, ai quali con la didattica a distanza e con la mancanza di relazioni sociali oppure di attività sportive e di svago pomeridiane sono stati in pratica tolti degli importantissimi anni di vita, di esperienze e di formazione. E poi gli anziani, rimasti soli per lunghissimo tempo senza poter vedere i nipoti, considerati un pericolosissimo elemento di contagio: quante persone si sono ammalate anche così”.
Non se ne esce, se non sperando che questo ‘mondo irreale’ lasci lo spazio il prima possibile al ‘mondo normale’, “anche se non tornerà tutto come prima perché questa storia ci avrà segnato troppo”, conclude Gianna Schelotto.
Come sarà il mondo post Covid, a proposito: è uno degli elementi di riflessione che porteremo avanti con ‘Piazza Levante’, nei prossimi numeri del nostro settimanale.