di ALESSANDRA FONTANA
“L’uccello è il genio dell’attimo presente. Volevo vivere al presente, come lui. Adottai la sua strategia: fare quotidianamente quello che ti appare così improbabile da ritenerlo impossibile”. Da pochissimi giorni è in libreria il memoir – atipico si intende – di Amélie Nothomb: Psicopompo. Il trentaduesimo romanzo della scrittrice belga è il più intimo: un’autobiografia in chiave aviaria e filosofica in cui Nothomb ripercorre i drammi, e non solo, che le hanno segnato la vita, consegnandoci un’opera spiazzante e commovente in cui si affrontano diversi temi, dalla religione alla morte, passando per la violenza e l’anoressia. La voce italiana è quella della bravissima Federica Di Lella che ha tradotto il romanzo per Voland edizioni.
Una Nothomb come i lettori non l’hanno mai vista. schiva e riservata, la scrittrice belga ha scelto di denudarsi in Psicopompo ma alla sua maniera. Le mode degli ultimi anni hanno imposto agli autori la trasformazione dell’esperienza personale in letteratura, una trasformazione rischiosa e quasi mai ben riuscita. Ma questo non è il caso di Nothomb che regala ai lettori un testo forte, un testo a cui aggrapparsi quando tutto si sgretola.
Psicopompo è la figura mitologica che ha il compito di accompagnare i morti nell’aldilà, per i Greci era Ermes, per i cristiani la colomba che rappresenta lo spirito santo (una semplificazione brutale ma è per rendere l’idea). E proprio gli uccelli e la passione di Amélie per queste figure sono al centro del romanzo che diventa una vera e propria chiave per comprendere l’intera bibliografia dell’autrice e il suo stile per “sottrazione”, d’altra parte per volare bisogna lasciare a terra tutto ciò che pesa. Quando Psicopompo si apre lo fa con una favola atroce e spietata: Nothomb ha quattro anni quando le viene raccontata dalla tata giapponese. La gru dimostra all’uomo tutta la sua grettezza e lo fa a costo di rimetterci la vita. Da lì Nothomb sviluppa una passione quasi ossessiva per gli uccelli, sogna di volare, di trasformarsi finché un giorno non avviene davvero la metamorfosi tanto agognata.
Figlia di un diplomatico ha cambiato case e stati per tutta l’infanzia, l’unica costante? Gli uccelli, Ça va sans dire! La prima parte di Psicopompo continua tra spostamenti e aspirazioni fino al terribile episodio subito sulla spiaggia di Cox’s Baxar: la violenza di quattro uomini e il lento sprofondare nell’anoressia, la malattia che l’ha “salvata”. “Se scrivo è anche perché il gelo non solidifichi dentro di me”. Scrivere come unica esigenza, scrivere per continuare a tenere un legame con chi non c’è più, scrivere per resistere. Così Nothomb sbriciola il ponte tra vivi e morti. Diventa accompagnatrice e messaggera del padre pubblicando Primo sangue, dà stile alla voce del padre raccontando la sua storia e rendendolo per questo eterno. Prima ancora dà alle stampe Sete, che rimane il suo capolavoro, diventando Gesù sulla croce. “I miei manoscritti, pubblicati o meno, sono via via sempre più intrisi di morte. Ogni mio testo inventa un modo per parlare solo di quello. Non ho mai nascosto la lunga premeditazione di cui è frutto Sete, che è uno scritto psicopompo: accompagnare, restandogli il più vicino possibile, colui il cui trapasso fu il destino supremo, scortarlo nel momento esatto della sua morte e dopo. Anche Gesù può aver avuto bisogno di uno psicopompo. Diventare lo psicopompo di Cristo è stato sicuramente il mio progetto più ambizioso”.
Psicopompo è un regalo per tutti gli amanti di Nothomb che hanno imparato a conoscerla tra le pieghe dei romanzi precedenti, raccogliendo indizi e facendo supposizioni. Qui si spoglia e mostra la fatica, la fatica di essere una scrittrice o per dirla alla sua maniera, l’affanno di un volatile: “L’uccello in volo dà una forte immagine di libertà, ma si tratta di una libertà conquistata a costo di sforzi terribili.”
