di ROSA CAPPATO
Genitori e famiglie salgono sulle barricate contro il provvedimento che impedisce l’accesso al Parco di Portofino con le biciclette. Da luglio è in vigore un provvedimento d’urgenza che interessa una vasta area a cui appartiene anche il Comune di Camogli, firmato da Federico Marenco, direttore dell’Ente parco di Portofino. Il documento decreta l’interdizione a chiunque in bicicletta, nell’Area Parco – Zona Speciale di Conservazione Parco di Portofino.
Nella motivazione: ‘Lo stanziamento di risorse finanziarie atte a predisporre un programma di ripristino ambientale delle aree e la verifica puntuale dello stato dei luoghi, per evitare eventuali ulteriori danneggiamenti’. Il casus belli è la relazione del Nucleo Carabinieri Forestale di Rapallo, datata 30 maggio, dove è stata rilevata una fruizione anomala ed eccessiva, mediante l’accesso in bicicletta, in Area Parco e nelle aree ricadenti nella Zona Speciale di Conservazione, con fenomeni di erosione dei suoli sui tracciati pedonali e ciclabili.
Adesso una cinquantina di bimbi del Golfo Paradiso che frequentano la Scuola di Ciclismo dell’Asd Bici Camogli Golfo Paradiso Pro Recco Bike sono rimasti senza campo di allenamento. Le società hanno già protestato sui media denunciando il rischio chiusura, ma anche molte famiglie sono contro il provvedimento che coinvolge appassionati ed atleti di Mtb (mountain bike). Una protesta estesa sui social, con foto e video di zone con criticità non apparentemente riconducibili alle bici.
Queste persone auspicano di riuscire a sensibilizzare e a far comprendere come: “Le conseguenze di scelte arbitrarie di questo genere – scrivono in una lunga lettera – ricadano su tante realtà e in particolare sui giovani che svolgevano sul Monte una sana e sicura attività sportiva”. Così illustrano la situazione: “La narrazione degli eventi di questa vicenda risulterebbe lunga e complessa e per tale motivo, per semplificare, partiremo dalla conclusione: in data 8 luglio 2024 l’Ente Parco di Portofino dispone di interdire a chiunque l’accesso in bicicletta all’area Parco. Motiva tale decisione attribuendo alle biciclette la responsabilità di un dissesto idrogeologico. Noi tutti riteniamo che il passaggio delle mountain bike non possa essere l’unica causa della degradazione ambientale cui fa riferimento l’ordinanza, ma tale fenomeno sia semmai dovuto a circostanze concomitanti, quali eventi atmosferici, la presenza di ungulati e l’assenza di coordinazione per la manutenzione fra gli addetti del Parco e i biker, che si occupavano volontariamente della pulizia e del mantenimento dei sentieri loro dedicati, senza ricevere compensi, rimborsi ed utilizzando attrezzatura propria”.
Chi protesta spiega che chi frequenta il ‘Monte’, così come viene chiamato dagli appassionati: “ha certezza del fatto che il dissesto sia solo un pretesto che celi le vere, e probabilmente politiche motivazioni, di questa ordinanza paradossale e in controtendenza con le attuali logiche ecologiste e di sostenibilità ambientale. Anche se la questione offrirebbe parecchi ulteriori spunti di riflessione, tale arbitrio ha fortemente penalizzato anche i numerosi giovani ciclisti iscritti alle società sportive locali, che hanno perso il loro luogo di allenamento, senza che venisse preventivamente concordata un’area alternativa, costringendo a ripiegare su circuiti improvvisati e su strada, nella totale mancanza di sicurezza. Secondo noi, se veramente la chiusura del Monte è dovuta a danni provocati dalle bici, allora sarebbe bastato fare la manutenzione dei sentieri interessati, senza una chiusura totale”. La situazione delude numerose famiglie e tanti, tanti ragazzi, i cui genitori hanno preventivato un progetto di crescita e formazione in mezzo alla natura del Parco, avvalorato anche da autorizzazioni e permessi che son parsi ‘intoccabili’.
Invece a luglio è arrivata la doccia fredda. Eppure l’impegno di questi volontari è stato più volte riconosciuto, anche nelle stanze istituzionali. Si esprime rammarico per la perdita di fruizione di sentieri che erano stati resi formalmente percorribili, persino il servizio di accompagnamento con guide Mtb e si chiede perchè l’Ente Parco di Portofino, a differenza della maggior parte dei parchi nazionali, trovi difficoltà nel gestire la convivenza fra i ciclisti e i pedoni.
L’ex direttore del Parco Alberto Girani parla di una situazione ingestibile: “Se questo Parco fosse nazionale si potrebbe davvero lavorare a percorsi dedicati”. Illustra quindi una realtà complicata riguardo la frequentazione delle biciclette sul Monte, aumentate di numero negli ultimi anni. “Era già un abuso in questo senso, a fronte di soli 10 guardaparco a monitorare un territorio dove la vigilanza diventa impossibile e poco efficace – spiega Girani – Anche perché spesso gli adulti girano senza documenti ed è illegale fermarli. Inoltre la convivenza con gli escursionisti è sempre stata difficile, come in tutti i parchi d’Italia. In un’area protetta come questa sono sempre stato sfavorevole e da tecnico sapevo che sarebbe diventata una situazione senza controllo. Tra l’altro la zona interdetta nel 2016 era già stata colpita dalla tempesta di vento ed è ancora da sistemare”. Per l’ex direttore la questione dei bambini sembra una scusa, ipotizzando che non si tratti di soli 10 bimbi una sola volta a settimana. Girani va oltre e denuncia due grandi problemi al riguardo, ricordando che i due precedenti presidenti dell’ente sono sempre stati a favore delle bici e che non tutti i biker frequentano la pista realizzata a monte del percorso di Pietre Srette-Gaixella: “Spesso i ciclisti vanno in zone interdette come Passo del Bacio: li abbiamo visti due domeniche fa. Il conflitto è perenne poiché nessuno aveva mai preso tale decisione. L’altro problema è rappresentato dagli 80.000 escursionisti l’anno che frequentano il Monte e dunque occorre individuare un altro posto. Mi rendo anche conto che servano risposte serie per le persone, che peraltro conosco, sia quelli di Bici Camogli, che Portofino Bike, serie e competenti. Ma bisogna ripristinare l’area e tutelare l’ambiente, oltre che vigilare. Adesso ci sono gli strumenti. Occorre prendere provvedimenti e mantenerli”. Per questa svolta esultano, poi, gli ambientalisti. Il Parco è monitorato da molte associazioni, tra cui una molto attiva, il ‘Coordinamento per il Parco Nazionale di Portofino’, presieduta da Ermete Bogetti che si dice favorevole all’interdizione: “Con tutti i posti che ci sono – chiosa – occorre proprio portali lì i bambini in bicicletta?”. Ad oggi chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugga un habitat all’interno di un sito protetto o comunque lo deteriori compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l’arresto fino a 18 mesi e con un’ammenda non inferiore a 3000 euro.