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Giovedì 4 settembre 2025 - Numero 390

Disturbi mentali a causa del Covid: ne soffre un adolescente su quattro. La tristissima eredità che ci lascerà questa pandemia

La pandemia continua a essere una delle cause dei problemi in età adolescenziale
La pandemia continua a essere una delle cause dei problemi in età adolescenziale
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di ALBERTO BRUZZONE

La probabilità di disturbi mentali è particolarmente alta fra i ragazzi più grandi, che più dei bambini, spiegano gli psichiatri, hanno risentito delle restrizioni che non hanno consentito di vivere in serenità e insieme ai coetanei momenti fondamentali della crescita, dalle prime relazioni all’esame di maturità. Tutto questo è confermato anche da uno studio, condotto su 1500 bambini e adolescenti, pubblicato sul ‘Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry’.

È una situazione che potrà purtroppo avere conseguenze negative sul lungo periodo: è stato infatti dimostrato che soffrire di depressione durante l’infanzia e l’adolescenza si associa da adulti a una salute peggiore, mentale e non solo, e a maggiori difficoltà nelle relazioni e nella vita in generale. Questo è vero soprattutto per chi ha sofferto in maniera persistente di sintomi depressivi: essere costantemente ‘sotto tono’, specialmente durante l’adolescenza, avvertono gli esperti, ha ripercussioni più negative di un singolo episodio depressivo anche molto precoce, se questo viene poi risolto.

È perciò necessario, è il monito degli specialisti a congresso, “intercettare il disagio mentale nei ragazzi e intervenire, utilizzando gli strumenti più adeguati al singolo caso e tenendo conto delle peculiarità connesse alla giovane età”. Proprio per rispondere ai bisogni dei giovani pazienti e dare indicazioni sulla gestione dei trattamenti, all’interno della Società italiana di NeuroPsicoFarmacologia (Sinpf) è di recente nato il Gruppo di Ricerca in NeuroPsicoFarmacologia dell’Infanzia e Adolescenza.

Il Covid, insomma, sta lasciando ampiamente la sua traccia anche dal punto di vista psicologico, come si temeva da più parti. Secondo recenti statistiche, anche in Italia un adolescente su quattro ha sintomi clinici di depressione e uno su cinque soffre di disturbi d’ansia. È un periodo molto delicato e di grande lavoro, ad esempio, all’ospedale pediatrico ‘Giannina Gaslini’ di Genova, dove l’equipe di psicologi è coordinata dalla dottoressa Cristina Venturino.

Didattica a distanza da una parte, lockdown dall’altra, restrizioni, mascherine, contatti ridotti al minimo, risalita dei contagi, scuola a singhiozzo: i gap dal punto di vista didattico, formativo e relazionale purtroppo non si contano.

Gli strascichi saranno lunghi e se per molti la situazione potrà tornare alla normalità senza troppi contraccolpi, per altri più fragili ci sarà da lavorare, anche a livello clinico. Secondo Cristina Venturino, “la prima sensazione è che con i ragazzi si è visto un senso di straniamento, causato in particolar modo dalla didattica a distanza. I bambini e i ragazzi sono rimasti per ore e ore davanti al computer: certo, questa è stata una risorsa, nel momento in cui le scuole dovevano rimanere chiuse, ma ormai abbiamo capito tutti che questa condizione, se protratta nel tempo, suscita specialmente nei bambini noia, solitudine e distraibilità. Per quanto riguarda i bambini più piccoli, inoltre, limitare tutto alla dad significa anche non tenere viva la loro naturale curiosità nei confronti del mondo esterno, perché vengono a mancare gli stimoli sensoriali”.

Se la dad è stata ed è ancora un problema, specie per le fasce più piccole, per i più grandi “ci sono altre situazioni che hanno fatto da detonatore, stravolgendo le loro vite, e i dati purtroppo ce lo confermano. Parliamo di sensazioni di ritiro, di chiusura, di perdita di motivazione, ma anche di maggiore irritabilità e di disturbi del comportamento. Non tutti reagiscono allo stesso modo di fronte a una situazione critica, e sul disagio adolescenziale bisogna adesso porre un’attenzione anche maggiore rispetto al passato. Io credo che molte difficoltà siano transitorie e risolvibili, ma vanno assolutamente intercettate per tempo”.

E questo lavoro, secondo Cristina Venturino, “va svolto tutti insieme: insegnanti, educatori, genitori. Occorre una grande disponibilità all’ascolto, bisogna mantenere un atteggiamento proattivo, continuare a essere un punto di riferimento, continuare a fornire motivazioni per il futuro”.

Gli ultimi episodi di violenza nella movida svoltisi a Milano e a Livorno, d’altra parte, sono molto più che campanelli d’allarme: “Sono i giovani – secondo l’Ordine degli Psicologi – le vere vittime sociali della pandemia. Per risolvere i problemi, bisogna affrontarli e capirne le ragioni. I giovani sono stati i più colpiti da questi due anni di Covid, sia a scuola che fuori. Per la paura di contrarre il virus, dal desiderio sano di autonomia si è passati a un calo delle interazioni sociali e ad una conseguente difficoltà di tessere nuovi legami e di tenere una condotta sociale adeguata e costruttiva, anche in gruppo e in strada, nelle occasioni che dovrebbero essere di svago con gli amici. È un tema che ci sembra purtroppo sottovalutato anche dalle istituzioni”.

Secondo i dati forniti dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi sui due anni di pandemia, otto persone su dieci hanno sviluppato un malessere psicologico strutturato, due su dieci soffrono di disturbi mentali più severi. “Purtroppo – dicono i rappresentanti dell’Ordine – è una tendenza che stiamo vedendo e che va contrastata rafforzando i servizi territoriali e scolastici di assistenza psicologica. Gli adolescenti hanno necessità di riappropriarsi dei loro spazi di crescita: scuola, sport, attività ricreative e relazionali. Sono stati deprivati e mutilati per troppo tempo. Sono necessari spazi e progetti di ascolto psicologico per facilitare lo scambio, comprendere e arginare la rabbia. I genitori hanno bisogno di essere sostenuti e aiutati a riattivare capacità di ascolto e di presenza partecipata e consapevole a fianco dei propri figli. La casa non può essere l’unico luogo di vita, perché rischia di diventare una prigione. Servono interventi anche a favore degli insegnanti e dei dirigenti scolastici in quanto educatori attivi nel processo di crescita di ogni studente. Mettere insieme sinergie è l’unica strada per intervenire con efficacia”. E, nel contempo, augurarsi che questa pandemia sia davvero ai titoli di coda.

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