(r.p.l.) La scelta della Fifa di affidare al Qatar l’organizzazione dell’ultimo mondiale di calcio ha suscitato polemiche e perplessità. Sebbene la piccola nazione del Golfo sia uno dei Paesi più ricchi del mondo, non disponeva di stadi di calcio adeguati, di infrastrutture per il turismo di massa e di un clima adatto per giocare a calcio.
La stranezza della scelta, annunciata lo stesso giorno in cui la Fifa ha assegnato alla Russia i Mondiali di calcio del 2018, ha suscitato sospetti di corruzione che sono stati confermati dalle indagini. Nel giro di pochi anni, quasi tutti i 22 membri del comitato che avevano partecipato alla votazione sono stati accusati o incriminati per corruzione.
Per prepararsi a ospitare la manifestazione, il Qatar ha investito 220 miliardi di dollari, costruendo non solo stadi, ma anche linee metropolitane, strade, ponti, isole artificiali e hotel di lusso.
Se i qatarioti hanno messo i soldi, ad eseguire i lavori, pagando con il prezzo della vita, sono stati i lavoratori migranti. Nel febbraio 2021, un’inchiesta del ‘Guardian’ ha rivelato che i lavoratori migranti morti nei cantieri del Mondiale erano almeno 6500.
I valori dello sport, che dovrebbero legarsi al rispetto dei diritti umani, sono stati svenduti e sacrificati sull’altare dello sportwashing qatariota.
Venerdì 17 marzo, gli studenti del Liceo Scientifico Sportivo dell’Istituto F. Liceti incontreranno Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International e direttore dell’Ufficio Comunicazione della Sezione Italiana.
L’incontro avrà come tema la presentazione del testo pubblicato da Noury, ‘Qatar 2022, i Mondiali dello sfruttamento’ (Infinito edizioni, 2022) con un approfondimento, insieme agli studenti, delle questioni trattate in relazione al mondiale di calcio da poco disputato in Qatar, dove senza il duro impegno dei lavoratori migranti i Mondiali di calcio del 2022 sarebbero rimasti un sogno per chi li ha organizzati.
Questo libro racconta le vite sacrificate per il trionfo dello sportwashing, ovvero la strategia con cui, attraverso l’organizzazione di grandi eventi sportivi, si distoglie l’attenzione dalle violazioni dei diritti umani, e denuncia i limiti estremi cui è arrivato, nello stato del Golfo, lo sfruttamento del lavoro migrante, nel silenzio del business del pallone.
L’incontro di venerdì – organizzato dall’Associazione Verità e giustizia: Il Tigullio per i diritti – fa parte di un ciclo di approfondimenti curati da Federico Lera, responsabile del Coordinamento Nazionale Rifugiati e Migranti di Amnesty International e da Francesca Acerra di Amnesty International La Spezia, sullo sport come luogo di socializzazione e crescita personale, focalizzando l’attenzione sulle discriminazioni che ancora segnano questo mondo.
“Il cambiamento inizia dai giovani che rappresentano il futuro del nostro Pianeta, occorre pertanto rivolgersi a loro se si intende cambiarlo e migliorarlo. Riteniamo che la scuola sia un buon punto di partenza, perché apre la mente e le porte alla società civile”, spiega il presidente dell’associazione Andrea Lavarello.