di ALBERTO BRUZZONE
Se solo spostiamo le lancette dell’orologio indietro di qualche mese, e andiamo a riprendere le cronache dello scorso autunno, troveremo un intenso dibattito sulla didattica online e a distanza, avviato da alcune amministrazioni comunali, tra cui quella di Rapallo.
Il tema era piuttosto chiaro: come mantenere l’insegnamento scolastico, senza incidere sul calendario e sulle varie programmazioni, anche in giornate di allerta rossa per il maltempo. Poi, è arrivata una pandemia, quella di Coronavirus, a dare una nettissima – e per certi aspetti indispensabile e irrimandabile – accelerata a tutti questi discorsi. Perché, a quel punto, agli inizi di marzo, ovvero da quando è partito il lockdown, non si è più trattato di singole giornate di lezioni in coincidenza di allerte, ma di interi mesi senza poter entrare nelle classi. Anche perché, sin dai primissimi giorni, è stato più o meno chiaro a tutti che l’anno scolastico 2019/2020 sarebbe terminato qui, senza più la possibilità di avere lezioni in presenza.
La didattica a distanza, o anche nota come homeschooling, è stata quindi avviata in fretta e furia, nel contesto di una situazione emergenziale. C’è stata la corsa, da parte degli insegnanti, per tornare in classe a recuperare il materiale didattico, i libri e i quaderni degli studenti che erano rimasti sotto i banchi. Tutto è finito nelle rispettive abitazioni, poi i singoli istituti, anche in base al criterio dell’autonomia scolastica, si sono organizzati – o meglio riorganizzati – al loro interno, con l’obiettivo di mettere in piedi un livello d’insegnamento comunque di qualità.
Ci si è appoggiati a piattaforme informatiche nuove, si sono rispolverate quelle già in uso presso i singoli plessi. Qualche scuola si è ritrovata in leggero vantaggio, avendo già avviato negli anni un bel percorso di informatizzazione; qualche altra è stata un po’ più in affanno. Ma, alla fine, sta pian piano entrando tutto a regime, per quanto, a detta di tutto il corpo docenti di qualsiasi livello d’istruzione, “la didattica vera rimane quella in presenza. Ci si può adattare, ma non sarà mai la stessa cosa che fare lezione a distanza, ciascuno a casa propria”.
Non c’è alternativa, però, e allora bisogna fare il meglio, nell’ambito del contesto attuale e di riferimento: vale a dire un’emergenza sanitaria senza precedenti. Una bellissima testimonianza, in questo senso, ci arriva da Paola Salmoiraghi, dirigente scolastico del liceo scientifico e classico ‘Marconi Delpino’ di Chiavari, nonché dirigente pro tempore anche dell’istituto superiore ‘Giovanni Caboto’, dopo la prematura e dolorosissima scomparsa dell’amato preside Glauco Berrettoni.
Migliaia di alunni coinvolti
Se c’è un esempio di resilienza e di capacità di reazione, se c’è un esempio di riconversione avviata in tempi record e con indubbia efficacia, questo arriva dal mondo della scuola. “Tra una scuola e l’altra – afferma Paola Salmoiraghi – parliamo di circa 2300 alunni coinvolti nel percorso di didattica a distanza. Quindi moltissimi. Per quanto riguarda il ‘Marconi Delpino’, devo dire che una virata dal punto di vista tecnologico era già stata avviata qualche anno fa, quindi siamo andati avanti seguendo quel percorso già tracciato. Anzitutto, ogni studente possedeva già una mail ufficiale dell’istituto e si era già lavorato molto su piattaforme come ‘Google Classroom’, utilizzate ad esempio per inviare le verifiche e i lavori ai rispettivi docenti, risparmiando anche molta carta. Tutti ottimi sistemi, sempre rafforzativi della didattica in presenza”.
Ma il problema si è creato quando proprio la didattica in presenza è venuta a mancare. E sono rimasti solamente gli strumenti tecnologici: “Una delle àncore di salvezza – secondo Paola Salmoiraghi – è che, essendo marzo, alunni e professori si conoscevano già tutti, anche per quanto riguarda le prime classi. Abbiamo fatto una serie di riunioni con i docenti e pensato subito a come affrontare la situazione. Devo dire che, in questa fase, anche la collaborazione con le famiglie è stata ottima, oltre che importante. Io ho fatto un paragone: siamo entrati nelle case degli italiani nel 2020, un po’ come, negli anni Sessanta, fu la televisione a entrare nelle case degli italiani”.
I genitori ‘spettatori’
Il risultato è stato come una specie di ‘Grande Fratello’, a voler portare avanti la metafora televisiva: “Sì, perché, da casa, i genitori hanno potuto scoprire come lavora un insegnante. Che cosa succede in classe, come vengono trattati i loro figli. Quanto sia complessa la didattica, ma anche stimolante e avvincente. Questa è una bella riscossa, secondo me, per il ruolo del docente. Poter essere visto pure dagli adulti, anche perché spesso i ragazzi tendono a raccontare pochissimo, di quello che avviene in classe, a meno che non lo facciano tra di loro. In questo modo, invece, tutti, se lo vogliono, possono diventare partecipi del lavoro che stiamo svolgendo”.
L’altro aspetto, secondo la dirigente scolastico del ‘Marconi Delpino’, “è l’ordine che si è subito creato. La classe è vita, è caos, è interazione concreta. Di fronte alla ‘macchina’ non si può. Serve un certo ordine. La gestione del microfono acceso/spento è importantissima”.
Al ‘Marconi Delpino’, tendenzialmente, si fanno quattro videoconferenze di un’ora ciascuna, ogni mattina, più altre due ore in cui vengono visualizzati e studiati i contenuti che gli insegnanti via via caricano. La relazione con gli studenti è costante e continua: a loro chiediamo sempre un feedback di come sta andando, anche per accogliere loro eventuali indicazioni. Tutto, infatti, si può sempre migliorare”.
Le valutazioni complessive
C’è poi il discorso delle valutazioni: “È chiaro che quest’anno cambierà completamente il modo di valutare un alunno. Si dovrà anche guardare all’impegno, e non solo al profitto. Bisogna poi tenere in considerazione che, per quanto riguarda la didattica a distanza, non tutte le situazioni sono uguali. C’è chi ha più linea, chi ne ha meno. Quanto ai tablet, la scuola si è attivata sin da subito per fornirli a tutti. Io credo che, comunque la didattica a distanza resterà un buono strumento, anche quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata. Ad esempio, in caso di allerte meteo. Da una situazione sfavorevole, abbiamo messo in piedi uno strumento utile, che ci servirà anche per il futuro, facendo in modo che il calendario scolastico non subisca troppi rallentamenti o cambiamenti”.
Strumento utile, le piattaforme, anche per studenti cosiddetti dsa, ovvero con disturbi specifici dell’apprendimento, “perché molto materiale si può lasciare registrato e questo viene incontro ai tempi di ciascuno. Così tutti hanno le stesse opportunità e nessuno rimane indietro”.
La bella realtà del ‘Caboto’
Quanto al ‘Caboto’, Paola Salmoiraghi dice: “Ho trovato una bellissima realtà, e anche qui si era già ampiamente organizzati sul discorso della didattica online. Non posso che dire bene di questa scuola: c’è fortissimo spirito di collaborazione e un corpo docenti veramente eccezionale. Mi sembra di conoscerli da sempre. Ho visto anche un grandissimo affiatamento tra studenti e insegnanti. Mi è piaciuta moltissimo, in particolare, una frase detta da una collega: ‘Tutti gli studenti, alla fine della lezione, si salutano e ci dicono un grazie. Nessuno esce dalla conferenza senza ringraziare’. È molto bello, perché ci sentiamo ripagati di tutti gli sforzi, perché tutto l’impegno che ci stiamo mettendo viene non solo percepito e compreso, ma anche e soprattutto apprezzato”.
L’esame di maturità
Ultimo tema da sviscerare, in attesa della ripartenza di settembre che, per ora, è tra mille incognite, sia per quanto riguarda le date che la riorganizzazione degli spazi, è quello del prossimo esame di maturità: “Io spero – conclude Paola Salmoiraghi – che almeno l’esame vada fatto in presenza, per la parte orale. Per lo scritto, non ci sono le condizioni di sicurezza. Ma l’orale uno per volta, e con una commissione interna, sì. Che poi i commissari interni sono una risorsa, e sapranno valutare in maniera equilibrata i loro studenti”.
È una specie di anno zero. In attesa, tutti sperano, di ripartire con un anno uno. Che sia di più assoluta normalità.